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Una grande storia
E’ mezzo agosto, la botta è stata dura, la situazione è parecchio confusa, ma la domanda intorno a cui ruota esistenzialmente la destra o il centrodestra o il Pdl o Forza Italia a me sembra obbligatoriamente sempre la stessa: chi è Berlusconi, quale immagine e identità offre di sé agli italiani? E’ stato in successione: l’imprenditore popolare che si mette in politica con un programma rivoluzionario nel linguaggio e nella sostanza, l’uomo di governo scelto dagli elettori e cacciato con una manovra di palazzo, il premier di una legislatura che perde ai punti, nel 2006, e riassume la premiership con una specie di plebiscito nazionale, infine l’oggetto di una feroce campagna di scandali paragiudiziari, la vittima della grande crisi che dà il benestare all’esperimento Monti.
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E’ mezzo agosto, la botta è stata dura, la situazione è parecchio confusa, ma la domanda intorno a cui ruota esistenzialmente la destra o il centrodestra o il Pdl o Forza Italia a me sembra obbligatoriamente sempre la stessa: chi è Berlusconi, quale immagine e identità offre di sé agli italiani? E’ stato in successione: l’imprenditore popolare che si mette in politica con un programma rivoluzionario nel linguaggio e nella sostanza, l’uomo di governo scelto dagli elettori e cacciato con una manovra di palazzo dopo un anno rovente (il primo ribaltone), il tenace ricostruttore delle condizioni di una rivincita (1996-2001), il premier di una legislatura che perde ai punti, nel 2006, e riassume la premiership con una specie di plebiscito nazionale (2008), infine l’oggetto di una feroce campagna di scandali paragiudiziari, la preda del pettegolezzo diffamatorio sulla sua vita privata, la vittima della grande crisi che dà il benestare all’esperimento Monti, lo segue con lealtà, e poi ritira la fiducia e attua la famosa rimonta risalendo con una tigna mai vista da un abisso politico, fino a vincere politicamente, con la rielezione di Napolitano e il governo Letta di larga coalizione, elezioni che nessuno aveva veramente vinto nelle urne. Poi, la famigerata sentenza Esposito.
A prescindere dal contenuto dei 35 minuti di telefonata fra il giudice di Cassazione e il suo pupillo giornalistico e amico intimo, un colloquio che secondo Claudia Fusani dell’Unità è esponibile soltanto con gravi danni per il colloquiante in toga e per la legittimazione della sua sentenza, io non sono di quelli che le sentenze le rispettano. Non c’è bisogno di forzare la propria coscienza o anche solo il proprio giudizio. Per molte storiche ragioni, di quella sentenza diffido, e la considero un atto di faziosità civile. Tuttavia le sentenze si applicano, su questo è difficile cavillare. Comprendo la buona volontà che spinge tanti a dire: vediamo che cosa si può fare per ottenere l’agibilità politica di Berlusconi, anche a sinistra non tutti sono convinti di poter vincere con l’eliminazione infine ottenuta dell’avversario per mano giudiziaria, e che mano. Figuriamoci nell’entourage di Berlusconi, tra i suoi amici, nel suo partito e nei suoi gruppi parlamentari. La tentazione di cavillare, rinviare, appellarsi, attendere improbabili editti di clemenza c’è. Magari certe cose sarebbero perfino possibili e giustificate, d’accordo. Ma allo stato sono improbabili, su questo consentirà il protagonista della storia, consentiranno i suoi amici e sostenitori.
E allora si torna alla domanda: chi è Berlusconi? Proprio ora che è stato duramente colpito e che si levano in volo gli aerei con gli striscioni di Forza Italia e gli attestati di solidarietà, proprio ora che la confusione, sopra tutto a sinistra, rischia di compromettere un piano a medio-lungo termine in cui Berlusconi possa far valere l’evidente assurdità o paradosso di un condannato (malamente) che ha la fiducia del suo popolo e la volontà irrecusabile di continuare ad agire sulla scena pubblica responsabilmente, proprio ora bisogna andarci piano con i cavilli. Berlusconi non può diventare cavilloso, non è nella sua natura. Non si può oscillare tra la dichiarazione martirologica in conto Cav., “andrà in galera, altro che domiciliari”, e l’idea che qualcuno istituzionalmente debba concedere chissà quale beneficio capace di cancellare ciò che la sentenza malignamente dispone, un anno di domiciliari e, legge Severino aiutando, una forma di incandidabilità o ineleggibilità. Battersi perché sia chiaro che, dietro la sentenza, ci sono forze politiche e spezzoni di nomenclatura pronti a eseguire il dettato giudiziario politicizzato con un supplemento di faziosità, va bene, è ragionevole. E’ bene che gli italiani sappiano che, alla fine, il partito ostile a trovare una qualche soluzione per gareggiare ad armi pari con l’avversario è quello stesso partito che intende chiedere abusivamente la loro fiducia, possibilmente contro un fantasma di nemico. Ma alla domanda: chi è oggi Berlusconi, bisogna per la sostanza rispondere così.
E’ un uomo braccato dall’ingiustizia, da vent’anni, raggiunto da una sentenza ingiusta, da dieci giorni, che ha ben chiaro in mente quale sia il suo futuro e il futuro del suo movimento di popolo nel contesto della democrazia italiana: la legalità più la faziosità politica lo condannano a stare fuori per un giro, ma la legittimità lo consiglia e gli permette di candidare qualcuno al suo posto che possa raccogliere un consenso notevole e determinante in condizioni di dignità per lui, il prigioniero libero, e per chi ora lo rappresenta. La scelta di Marina Berlusconi sarebbe ovviamente rivoluzionaria, nuova, inaudita, una grande story per la curiosità e l’attenzione del mondo, un fattore di stupore e di rinnovamento generazionale che non ha bisogno di spiegazioni ed è all’altezza della scommessa. Si può fare diversamente, forse. Ma non si può trasformare una storia di dolore e di riscatto, di privato e di pubblico, di colpi bassi e colpi di scena, in una favola del cavillo e dell’attesa, del rinvio e della mano tesa. La politologia a volte è molto semplice: chiunque al posto di Marina Berlusconi, a parte il padre, sarebbe percepito come una soluzione interna, ordinaria, più debole. E allora, come dice Striscia la notizia, presto che è tardi.
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