
Il coccodrillo
Il Coccodrillo è un ente fra gli altri. Il cane fa bau, il gatto fa miao, la pecora – va da sé – fa bee e in tutto questo fare accade l’irruzione di un ente, Crocodylia, che fa niente ma consente a se stesso di arrivare a ciò che è per come è. E’ morto Pino Massara, autore musicale e inventore di canzoni. Ci lascia in eredità la sua questione fondamentale. E dunque, salutandolo nell’addio – accomiatandoci da lui che vestì di parole e suoni i successi di Adriano Celentano e Al Bano – ripetiamo la sua domanda cruciale. Eccola: “Ma il Coccodrillo come fa?”.
Il Coccodrillo è un ente fra gli altri. Il cane fa bau, il gatto fa miao, la pecora – va da sé – fa bee e in tutto questo fare accade l’irruzione di un ente, Crocodylia, che fa niente ma consente a se stesso di arrivare a ciò che è per come è.
E’ morto Pino Massara, autore musicale e inventore di canzoni. Ci lascia in eredità la sua questione fondamentale. E dunque, salutandolo nell’addio – accomiatandoci da lui che vestì di parole e suoni i successi di Adriano Celentano e Al Bano – ripetiamo la sua domanda cruciale. Eccola: “Ma il Coccodrillo come fa?”.
Il quesito resta a fondamento del nostro orizzonte di senso. Il Coccodrillo è un predatore Alfa ma non fa niente. Tra i mangiatori di uomini, dunque ai vertici della catena alimentare, il terribile rettile si arrabbia ma non strilla. Sorseggia camomilla e, poi, mezzo addormentato se ne va.
Con superiore indifferenza, infatti, il Coccodrillo abbandona ciò che non c’è. Si dice mangi troppo, che non metta mai il cappotto e che con i denti punga; che spesso molto pianga, anche questo si dice e “però” – e l’interrogarsi qui rivela l’impossibilità della determinatezza – “però quando è tranquillo, il Coccodrillo come fa?”.
Si fa presto a dire Zecchino d’Oro. Da una domanda ci si attende una risposta e, invece, arriva il ritornello: “Non c’è nessuno che lo sa”. La canzone è lo svolgimento di un domandare metafisico e l’elaborazione del quesito è già il responso. Non ha un flatus vocis il Coccodrillo e nell’assenza di verso – sia esso un grugnito, un burp, un rutto appunto – dilegua nella totalità degli enti, tutti vocianti, quando con allegra naturalezza il coro canta: “Come fanno per parlare tra di loro?”. Dilegua, appunto, ma come ens increatum e come esso “sia” è una meraviglia il verso del Coccodrillo.
Ogni risposta alla domanda posta da Pino Massara è, per principio, impossibile. C’è l’andirivieni di una fantasticheria. Quanto più è squisito il carattere drammatico di questo enigmatico rettile, infatti, più ci ripugna la sua incorporazione in un suono. Bisogna fare ciò che si può fare ma il Coccodrillo se l’è meritata tutta la canzone. L’essere figurato della colonna sonora di tutte le famiglie è qualcosa di più nobile della decorazione teoretica. L’imitazione della realtà dinamica di un verso, quello del cane che fa bau, del gatto che fa miao e della pecora che – va da sé – fa bee, rivelano solo il fervore di docilità di quegli enti, fra gli altri, dove il Coccodrillo è stupefazione per incantamento afono.
Non è certo l’esempio di un’esemplarità fittizia e inane, quella del Coccodrillo con quel suo star zitto e fare niente. Come fa lo sanno Dio e gli angeli, che per parlare non parlano, o meglio comunicano solo attraverso l’onnipotenza semantica che è uno sguardo parlante, una retorica del silenzio. Nelle parti non scritte ma presenti e incidenti del Discorso sul metodo di Cartesio o della Dissimulazione onesta di Torquato Accetto c’è il presagio dell’ermeneutica del Coccodrillo. Così come nelle cicatrici della parola o – per dirla con Carmelo Bene – nell’Orecchio Mancante di Narciso dove “la domanda è ancora questa qua: il Coccodrillo come fa?”.
E’ un rifiutare il niente, “Il Coccodrillo”. E il negarsi una voce – o come esso sia, il verso – è un abbandonare come nullità la domanda che nomina e che dà fondamento a ciò che è per come è. E il Coccodrillo è solo ciò che fa. Ed è come fa. Fa la canzone di Pino Massara.


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