
Da “bye bye Condi” a “bye bye Seldon Lady”, festa grande per la Cia
Ha una bella faccia Robert Seldon Lady, il capostazione della Cia che insieme ai suoi compagni deportò in Egitto per acconci interrogatori, voglio sperare con la collaborazione dei servizi italiani e non a loro insaputa, un imam di Milano sospettato di terrorismo. Guardate quella fotografia che sembra insieme giocosa e rubata, non si sa molto di lui, ma si capisce che ha un’espressione aperta, uno sguardo molto intelligente, che ha scelto o è stato scelto per un mestiere difficile e nobile, quello di difendere la sicurezza del suo paese e del suo popolo, e con essa la sicurezza degli occidentali, anche di quelli che non lo meritano.
Leggi l'editoriale Alfano, il Pd e i fatti come stanno - Leggi Alfano attende di sapere dall’inchiesta interna com’è andata con Astana - L'editoriale I cosacchi a Largo Fochetti. Esagerazioni fin troppo trasparenti nella foga di Rep. sul caso kazaco - Leggi Carriera di Mukhtar - Da DSK a Blair, il ritiro dei potenti europei è sempre a est - Caso Ablyazov, si dimette il capo di gabinetto di Alfano
Ha una bella faccia Robert Seldon Lady, il capostazione della Cia che insieme ai suoi compagni deportò in Egitto per acconci interrogatori, voglio sperare con la collaborazione dei servizi italiani e non a loro insaputa, un imam di Milano sospettato di terrorismo. Guardate quella fotografia che sembra insieme giocosa e rubata, non si sa molto di lui, ma si capisce che ha un’espressione aperta, uno sguardo molto intelligente, che ha scelto o è stato scelto per un mestiere difficile e nobile, quello di difendere la sicurezza del suo paese e del suo popolo, e con essa la sicurezza degli occidentali, anche di quelli che non lo meritano. Il mondo è pieno di gente della Cia che cerca di realizzare obiettivi politici e militari e di intelligence utili alla vita comune con mezzi i più diversi: qualche volta sono costretti come tutti i veri soldati alla coazione, alla violenza, ma la loro natura è quella di patrioti di ultima istanza, devono scovare intelligenze amiche, farsi scudo di informazioni segrete, capire come vanno le cose, mettere in condizioni di non nuocere feroci nemici della libertà civile nelle democrazie moderne, e naturalmente promuovono con la loro battaglia un sistema che li paga, li protegge e li onora, specie quando cadono sul campo. E’ chiaro che facendo questo promuovono anche i suoi interessi economici e politici.
La Cia, che è il fondamento ultimo della nostra libertà, fa scandalo e imbizzarrisce lo stupido moralismo della generazione del ’68 e del Vietnam. Io dello scandalo ne rido. Sono felice di aver collaborato professionalmente con loro e di aver trovato la spudoratezza o il pudore di confessarlo apertamente come una componente, la perdita dell’innocenza, della mia vita politica, senza che alcuna circostanza me lo imponesse. Sono contento se quella confessione abbia confuso un po’ gli isterismi e le idee coatte di tanti miei coetanei, rimasti intrappolati nella stupidità e nell’incapacità etica di capire che nel mondo esistono le frontiere, esistevano guerre fredde, e vincere battaglie di civiltà politica in ragione delle proprie ragioni, per così dire, è una cosa bella e giusta, altro che.
Seldon Lady è stato trattato con grottesco accanimento giudiziario dalla giustizia italiana, decine di anni di galera furono comminati a lui e a molti altri combattenti che nel 2003, due anni dopo l’attacco selvaggio del jihad alle città di New York e di Washington, fecero il loro dovere, secondo le regole del Patriot Act fissate dal presidente americano Gorge W. Bush e confermate, se non ampliate e irrobustite, dal suo successore Barack Obama. I nostri giustizieri hanno realizzato, sotto lo schermo dell’azione penale e in un contesto molto italiano di deresponsabilizzazione dello stato, a parte il segreto opposto da governi di segno diverso, senza esitazioni, il programma ideologico massimo: trasformare un atto di polizia internazionale, che per sua natura doveva essere eseguito fuori dagli schemi legali consueti, in un crimine da punire in forma delegittimante. Il presidente della Repubblica ha supplito al mal fatto, in questo caso con una fulminante grazia di stato a uno dei capi dell’operazione, ma Bob Seldon Lady è rimasto impigliato in un ridicolo rimasuglio giudiziario mentre faceva il suo discreto lavoro a Panama, pare a proposito di quei cari goodfellas dei nordcoreani.
La soluzione è arrivata in nanosecondi. Il governo di Panama ha lodevolmente stabilito che l’incartamento inviato per automatismo dal ministero italiano della Giustizia era difettoso, e Seldon Lady se ne è tornato negli Stati Uniti dopo un arresto che rende ridicoli i manettari, non l’arrestato. Stavamo qui a parlare del Kazakistan e della scarsa credibilità dello stato italiano, confermata dal fatto che quella che ci è stata approntata è chiaramente una trappola alla quale non sono estranei i cari partner commerciali vogliosi di contratti e benemerenze da Nursultan Nazarbayev, e solo la simpatica e bonaria e impeccabile figura della ministra Cancellieri, con i suoi comunicati obbligati e la sua poca voglia di scherzare sulle cose serie, ci ha consentito di salutare con il fazzoletto l’agente della Cia da noi bistrattato malamente, per non parlare della vergognosa persecuzione dei capi e dei funzionari del Sismi. D’Alema diceva “bye bye Condi”, il paese ha a suo modo detto “bye bye Seldon Lady”.
Leggi l'editoriale Alfano, il Pd e i fatti come stanno - Leggi Alfano attende di sapere dall’inchiesta interna com’è andata con Astana - L'editoriale I cosacchi a Largo Fochetti. Esagerazioni fin troppo trasparenti nella foga di Rep. sul caso kazaco - Leggi Carriera di Mukhtar - Da DSK a Blair, il ritiro dei potenti europei è sempre a est - Caso Ablyazov, si dimette il capo di gabinetto di Alfano


Il Foglio sportivo - in corpore sano
Fare esercizio fisico va bene, ma non allenatevi troppo
