
L'errore di Francesco a Lampedusa
Caro Francesco, il gesto è meraviglioso, la liturgia della vita, del mare, del soccorso e dell’accoglienza ha carattere e senso, parla a tutti, non solo ai cristiani militanti o al clero o ai fedeli cattolici. Bravo. Anche chi come me non pensa che il cuore sia il centro della persona, e dunque della fede, ti applaude e ti ama. Ma hai fatto un errore.
Matzuzzi Sulla barca di Francesco
Caro Francesco, il gesto è meraviglioso, la liturgia della vita, del mare, del soccorso e dell’accoglienza ha carattere e senso, parla a tutti, non solo ai cristiani militanti o al clero o ai fedeli cattolici. Bravo. Anche chi come me non pensa che il cuore sia il centro della persona, e dunque della fede, ti applaude e ti ama. Ma hai fatto un errore.
La globalizzazione è alla radice della speranza, non la sua negazione nell’indifferenza fattasi mondo. La gente che viene qui in occidente sfidando la morte non lo fa per inseguire falsi miti risolti nel cinismo di uno sviluppo incurante degli ultimi. Lo fa per sfuggire alla miseria della vita e alla sua violenza in un mondo che, a quanto se ne capisca fino a ora, e con riserva per molti aspetti della sua condizione moderna, promette emancipazione e liberazione attraverso libertà civili e mercato, e per via della loro alleanza.
Questo andava detto, ricordato con forte caratura razionale. I gesuiti nei secoli si sono mischiati ammirevolmente con le terre di missione, con i popoli, gli usi e i costumi di terre lontane dal cuore dell’occidente, e nessuno più di un padre venuto dalla fine del mondo lo sa. Cristo è universale, dunque non ha niente di occidentale né di orientale. Ma la sua chiesa romana, che presiede universalmente attraverso la carità, ha costruito quel soggetto occidentale che è la persona, con i suoi diritti e il suo bisogno relazionale d’amore, maschio e femmina, povero e ricco, contribuendo in pace e in guerra all’affermazione di un modello che è intrinsecamente capace di soddisfare bisogni umani elementari. Dissipati nella tragedia gli equivoci del colonialismo e del suo egemonismo, la forza impersonale di un sistema di libera circolazione di merci e persone si è affermata negli ultimi decenni con effetti sorprendenti di riduzione del tasso di povertà nell’universo intero. Non ti ricordo le cifre paradigmatiche recate dall’Economist di Londra, perché le conosci meglio di me, novecento milioni di persone stanno meglio oggi a mercati aperti di quanto stessero ieri, e il flusso migratorio, nonostante la crisi, mostra il percorso amaro della sofferenza, la nuova tratta degli schiavi del mare, ma anche la direzione di marcia non dico della storia, ché quella ci è sconosciuta, ma del relativo benessere possibile in terra, prima che il mondo sia ridotto, come scrisse il tuo predecessore, alla sua “giusta forma”.
Tutto splendido, la decisione, il viaggio, il calice di legno, il gesto che parla da solo, il calore cristiano alitato come vento sul mare e sulle sue onde con il linguaggio dei fiori, della memoria, della compassione. Vorrei vedere che non fosse così. Ma su un punto non si può transigere, secondo il mio modesto parere: qui non è tutto giustizia, carità, libertà e benessere, figuriamoci, ma qui è la soluzione, lì la mera sofferenza come sistema.
Con un abbraccio fraterno alla tua bellissima avventura di Papa senza scarpe, e con la riserva che ho cercato di dirti, molto più grande di qualunque senso di colpa alimentato dai demagoghi di turno, al novero dei quali tu non appartieni.
Matzuzzi Sulla barca di Francesco


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