Angli e latini contro sassoni

Giuliano Ferrara

Lo Prete racconta in prima pagina del braccio di ferro della Germania, paese leader in Europa, con la Banca centrale governata da Mario Draghi, il quale sembra essere in difficoltà. Berlusconi, che è uno di cui non si può dire che non sa come distrarsi, stavolta sembra piuttosto concentrato sull’essenza della questione, il braccio di ferro per l’appunto. Il risvolto della conversazione pubblicata venerdì è abbastanza chiaro: così non riparte l’economia italiana, perché mettere su un’impresa o condurne una già operante nei paesi dell’Europa mediterranea, anche quelli che hanno fatto i compiti a casa come in larga misura è il caso dell’Italia, non conviene più.

    Lo Prete racconta in prima pagina del braccio di ferro della Germania, paese leader in Europa, con la Banca centrale governata da Mario Draghi, il quale sembra essere in difficoltà. Berlusconi, che è uno di cui non si può dire che non sa come distrarsi, stavolta sembra piuttosto concentrato sull’essenza della questione, il braccio di ferro per l’appunto. Il risvolto della conversazione pubblicata venerdì è abbastanza chiaro: così non riparte l’economia italiana, perché mettere su un’impresa o condurne una già operante nei paesi dell’Europa mediterranea, anche quelli che hanno fatto i compiti a casa come in larga misura è il caso dell’Italia, non conviene più (a parte una sacca dell’export, e con le cautele di un irritato Marchionne, il quale ha ricordato giusto ieri come sia esiziale il far divieto alla svalutazione dell’euro e subire questo divieto). Dunque: o cambia qualcosa di serio e radicale, sia nell’integrazione politica e fiscale dell’Europa, che vuol dire armonizzazione del rapporto debito-pil se non mutualizzazione del debito pubblico (eurobond), sia nella gestione monetaria della Bce, in rapporto allo schema della bassa inflazione che sarebbe in contrasto con le politiche del quantitative easing, battere moneta e farla circolare nel circuito del credito, oppure, se nulla cambi, sarà necessario prendere decisioni di segno nazionale, articolando una nuova maniera di stare in un’area economica comune.

    Non è un percorso facile, ma non si può eludere il problema, come sembra facciano i pur dotti e intelligenti economisti di Harvard, Giavazzi e Alesina; né si può politicizzarlo in modo sconsiderato, come fa Repubblica che ogni volta titola, quando qualcuno a destra ragiona sull’euro e il suo destino, che è in atto un “ricatto”, che c’è una deriva antieuropea, e che il fascismo berlusconiano, selvaggio e primitivo, è alle porte. L’Italia non è percorsa, come la Gran Bretagna per esempio, da una profonda divisione sull’Europa integrata. C’è e c’è stata condivisione sia nella sinistra post comunista, che anzi con l’Europa ha cercato e in parte trovato una nuova legittimazione, sia nel mondo cattolico ex dc, sia nella destra berlusconiana, che è stata destra di governo ed europea perfino in eccesso, e che è parte corresponsabile, e responsabile, dell’operazione supereuropeista intitolata a Mario Monti e poi di un governo Letta che non nasce certo per far saltare il banco di Bruxelles o di Berlino. (A proposito, cari Bersani e Rodotà, vorremmo sapere che destino avrebbe avuto il “governo di cambiamento” o il Quirinale nelle mani dei grillini e di Grillo che oggi considera il Parlamento della Repubblica “una tomba maleodorante”, poi ce lo spiegate?). Ma Giavazzi e Alesina, per tornare a Bomba, davvero pensano che capitalizzando le banche con i soldi europei e tagliando la spesa e le tasse (non si sa bene come) noi avremmo risolto il problema strutturale di una recessione nella quale ci siamo inabissati dopo decenni di bassa competitività e produttività, e nel contesto del varo della moneta unica? Ieri le Borse hanno brindato, non perché i dati sul lavoro in America fossero buoni, anche per questo, ma soprattutto perché non erano così buoni da indurre la Federal Reserve a rientrare dal programma di immissione di 85 miliardi di dollari al mese nel sistema. Loro crescono al 2 per cento, creano lavoro, e si lamentano perché non è abbastanza. E noi?

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.