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Tra riscossa e riscossione
Il raccourcis dell’intervento-manifesto di Giorgio Squinzi, ieri a Roma all’assemblea di Confindustria, è la buona e interessante stesura delle ottime intenzioni di un padre di famiglia. C’è tutto quello che ci deve essere sull’importanza del manifatturiero, su ciò che si è ottenuto e ci si attende da governo e banche, su giustizia, educazione e innovazione, mercato del lavoro, fisco eccetera. C’è un appello per la questione settentrionale, particolarmente vistoso dal momento che si dice che il nord è “sull’orlo del baratro”. C’è un augurio al governo, un omaggio a Napolitano, un buffetto alle banche e alla terza ondata del credit crunch, e una proposta di industrial fiscal compact da consegnare al vertice europeo di giugno.
Leggi Le ottime intenzioni di un padre di famiglia - Il discorso di Squinzi
Il raccourcis dell’intervento-manifesto di Giorgio Squinzi, ieri a Roma all’assemblea di Confindustria, è la buona e interessante stesura delle ottime intenzioni di un padre di famiglia. C’è tutto quello che ci deve essere sull’importanza del manifatturiero, su ciò che si è ottenuto e ci si attende da governo e banche, su giustizia, educazione e innovazione, mercato del lavoro, fisco eccetera. C’è un appello per la questione settentrionale, particolarmente vistoso dal momento che si dice che il nord è “sull’orlo del baratro”. C’è un augurio al governo, un omaggio a Napolitano, un buffetto alle banche e alla terza ondata del credit crunch, e una proposta di industrial fiscal compact da consegnare al vertice europeo di giugno, sperando che si allentino i cordoni della borsa per curare la nostra e altrui recessione o stagnazione.
C’è anche l’orgogliosa ma non jattante rivendicazione di Confindustria sulla sua buona salute, e qualche parola confortante sulla capacità imprenditoriale degli italiani. Mancano cose altrettanto se non più importanti. Squinzi riconosce che a produttività stavamo messi male anche prima della crisi. Ma non spiega il perché. Non c’è un solo richiamo ai sindacati e alla Cgil in riferimento al patto del novembre scorso per la produttività (soldi in cambio di contratti aziendali seri e capitalistici), il che è sospetto, non perché si vorrebbe in Squinzi un nuovo Angelo Costa, ma perché proprio con la Cgil Confindustria ha concordato lo svuotamento del patto, come spiegato nel Foglio di recente. E non si dice niente della Fiat che se ne è andata, e perché. Vista la scommessa sul settore manifatturiero, ormai in volo industriale e fiscale verso Detroit e Londra, sembra parecchio reticente, su questo. O no?
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