
L'outsider
L’outsider è Sabino Cassese, a quanto pare. Ve lo raccontiamo qui. E’ un grande professore, giurista amministrativista, conoscitore dello stato, ministro tecnico con Ciampi, accademico di caratura internazionale, uomo mite e politicamente collocato nel centro borghese e riformatore dello specchio parlamentare (ma senza esperienza di parte o di partito). Qualche anno fa i lettori del Foglio lessero una recensione di un suo libro di grande interesse, e di grande spregiudicatezza intellettuale, sullo stato fascista (“Lo stato fascista”, il Mulino, Bologna).
L’outsider è Sabino Cassese, a quanto pare. Ve lo raccontiamo qui. E’ un grande professore, giurista amministrativista, conoscitore dello stato, ministro tecnico con Ciampi, accademico di caratura internazionale, uomo mite e politicamente collocato nel centro borghese e riformatore dello specchio parlamentare (ma senza esperienza di parte o di partito). Qualche anno fa i lettori del Foglio lessero una recensione di un suo libro di grande interesse, e di grande spregiudicatezza intellettuale, sullo stato fascista (“Lo stato fascista”, il Mulino, Bologna): nella continuità del pensiero costituzionale dominante, Cassese non è annoverabile tra gli ortodossi bacchettoni, non appartiene al filone azionista e intransigentista, la sua irreprensibilità personale non si forma a scapito dell’intelligenza delle cose e di una calma visione della politica (anche nell’esercizio alto del diritto nella Consulta, casi celebri quelli dell’immunità o del legittimo impedimento per le alte cariche in cui Cassese seppe mediare con senso di dottrina e di realtà situazioni oggettivamente complicate). Nella questione delle intercettazioni abusive del Quirinale, poi, Cassese è stato, senza strepito ma con fermezza e coerenza, un anti-Zagrebelsky.
Magari non se ne farà niente, e il nome doveva restare coperto più a lungo, ma Berlusconi dovrà forse valutare questo piano B, questa soluzione da primi tre scrutini, nel caso sia debilitata la candidatura principale sulla quale è in atto una stretta, che è quella di Giuliano Amato. Il nome di Cassese comincia a serpeggiare nel giro di Bersani, che ha il diritto-dovere di esporsi con una rosa o comunque con una proposta di soluzione, perché risolve vari problemi, a parte l’intrinseca autorevolezza, nell’eventualità, non da escludere ma sempre più remota, di una offensiva devastante sulla rosa attuale in cui primeggia l’ex presidente del Consiglio. Una volta assodato che su Prodi l’accordo è impossibile e che quella del professore di Bologna sarebbe la candidatura di rottura istituzionale e politica dispiegata, fino al probabile esito di immediate elezioni politiche, non c’è che lui. Ma Amato, appunto, non è coperto da eventuali attacchi corrosivi di variabile provenienza, anche interna al Pd, è una figura complicata da mandar giù per il Sel di Vendola e la Lega di Maroni, oltre che per settori del Pdl, come notava ieri una maliziosa Repubblica guidata nelle e tra le righe dal suo direttore e dal suo gruppo di testa editoriale e politico (che abbiamo stanato felicemente e adesso rivendica da Bersani la proposta di un nome e di una piattaforma all’aperto, davanti all’opinione pubblica, e motivando). Amato è stato una figura politica di prima grandezza ed esposizione, esprime una continuità di sistema e di nomenclatura tra la Prima e la Seconda Repubblica, ha avuto responsabilità dirimenti in misure divisive che riguardano la crisi economico-finanziaria e altro: la sua autorevolezza è commisurata alle sue notevoli qualità, e alla sua manualità politica, ma risulta opacizzata da un forte spirito di divisione e di invocazione dell’outsider che percorre il paese e di riflesso preme sul corpo parlamentare. E Amato è oggi il meglio piazzato nella corsa, ma tutto è tranne che un outsider.
Sabino Cassese, come lo stesso Giuliano Amato, ma con le caratteristiche in più e diverse che abbiamo appena ricordato comparandone le diverse figure pubbliche, è anch’egli un amico personale di Giorgio Napolitano, ed è un garante del fatto che lo sforzo unitivo e arbitrale espresso nel settennato uscente non andrebbe smarrito. Magari non ne verrà fuori nulla, ma è una ricchezza a disposizione in più per chi cerchi una soluzione seria.
PS. Ieri il direttore di Repubblica chiedeva apertamente al Pd di decidere sul Quirinale chiarendo se voglia o no un governo o un voto anticipato, e altre varianti politiche. Un progresso pragmatico, visto che Mauro fino all’altro ieri diceva con tono censorio che non si fanno scambi tra Quirinale e governo, asserzione tanto saporosa di intransigentismo morale quanto poco credibile e poco realistica.


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