I disperati del Pd, giovani turchi messi al bando dagli outsider

Giuliano Ferrara

I disperati del Pd sono quelli che in tutta sincerità considerano una jattura la campagna dell'establishment contro la politica, detestano le élite tecniche alle quali non concedono un soldo che sia uno, rivendicano una solida cultura politica di tipo professionale, vogliono un ricambio anche generazionale che non sia legato alle pratiche linguistiche e ai vezzi giovanilistici dei modernizzatori alla Renzi, sostengono una linea di riformismo laburista legato agli interessi ben rappresentati di grandi masse di lavoratori e di giovani senza lavoro o con un lavoro precario, sbeffeggiano la cosiddetta società civile e considerano Grillo un piccolo qualunquista antidemocratico e nulla più.

    I disperati del Pd sono quelli che in tutta sincerità considerano una jattura la campagna dell'establishment contro la politica, detestano le élite tecniche alle quali non concedono un soldo che sia uno, rivendicano una solida cultura politica di tipo professionale, vogliono un ricambio anche generazionale che non sia legato alle pratiche linguistiche e ai vezzi giovanilistici dei modernizzatori alla Renzi, sostengono una linea di riformismo laburista legato agli interessi ben rappresentati di grandi masse di lavoratori e di giovani senza lavoro o con un lavoro precario, sbeffeggiano la cosiddetta società civile e considerano Grillo un piccolo qualunquista antidemocratico e nulla più.

    Ecco, sono disperati e si capisce perché. Avevano investito tutto su D'Alema, e D'Alema glielo ha fatto fuori la lunga sequela di errori politici del medesimo, la campagna sull'inciucio, nutrita dei suoi madornali peccati  di stile, dei suoi menefreghismi, delle sue meschinerie. Detestavano Veltroni, che in effetti aveva un atteggiamento subalterno o kokettierend verso tutta quell'Italia che si offre come alternativa alla cultura politica tradizionale, e alla fine hanno avuto ragione di lui che si è suicidato e al suo posto hanno trovato Bersani.

    Bersani ha illuso questa onesta generazione di figli della politica, gente in genere piena di difetti ideologici e culturali, ma largamente disinteressata, vogliosa di esperienza civile vera, capace di distinguere un regolamento parlamentare da un paracarro, al contrario dei grillini parvenu, non sprovvista di nozioni di economia, modernizzata entro certi limiti dallo scorrere del tempo, dal fatto che qualcosa è sopravvissuto del vecchio Pci, il loro punto di riferimento, ma in una pelle nuova.

    Questi giovani leoni o giovani turchi di una sinistra realista, che hanno subito l'antiberlusconismo losco dei mezzi trotzkisti "de sinistra" per anni, che avrebbero voluto battere Berlusconi normalizzando il rapporto con lui, che aborrono il moralismo bacchettone dei falsi azionisti e libero-giustizialisti del club dei miliardari, ora si ritrovano d'improvviso di fronte alla cruda realtà. Vedono gli ultimi arrivati esondare alle presidenze delle Camere, gente che non sa nulla del duro mestiere di guidare istituzioni, amministrare, dirigere gli uomini in una prospettiva di cultura politica chiara. Camera e Senato in appalto alla società civile, come fossero il Consiglio d'amministrazione della Rai. Eppoi si prepara un governo, che per fortuna non dovrebbe nascere mai, in cui per soddisfare la presunzione e l'ambizione sbagliata di Bersani, il loro capo uscito pazzo, al posto delle competenze economiche di un Fassina, arriva la boria dell'ex ministro furbetto di Monti Fabrizio Barca, il bocconiano di sinistra che ama i poveri come Papa Francesco, figuriamoci; al posto del direttore dell'Unità e del suo gruppo, arriva la Gabanelli, la giustiziera di Raitre; e vecchi gloriosi arnesi dell'Università baronale, delle cattedre di morale e politica più polverose e stordite, basta che abbiano la pecetta di società civile e siano considerate figure lontane dalla politica. E tutto questo per inseguire Grillo e le sue fumisterie e voglie di affamare la politica, eguagliare la Terra al pianeta Gaia, portare l'Italia lungo la guerra dei vent'anni del guru Casaleggio fino alla democrazia robotica e universale del web, ma quante cazzate fumettare devono sorbirsi questi bravi compagni che avevano lavorato sodo per dare una mano all'emiliano, al piacentino di Bettola. Vatti a fidare.

    E' un fenomeno da guardare con occhio asciutto ma compassionevole, senza jattanza, e tenendo conto del fatto che parlo di persone come Fassina, come Cundari, come Gotor, Orfini e molti altri, persone non sprovviste affatto di humour, di senso della realtà, giovani che, sull'altro fronte rispetto a Renzi e ai suoi intruppati bravissimi e riformisticamente corretti, qualcosa di serio e di utile avrebbero potuto darlo a questo paese e a queste periclitanti classi dirigenti.

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.