That win the best

Al City scaricano barili, a Roma Osvaldo dovrebbe guardare oltretevere

Jack O'Malley

“Non è sempre colpa dell’allenatore, i giocatori devono prendersi le loro responsabilità se hanno ‘big balls’. Altrimenti non possono giocare in una grande squadra”. Le parole di Roberto Mancini potrebbero essere usate come esergo di uno studio sulle società che vanno alla grande finché va tutto bene, ma alla prima difficoltà si squagliano e finiscono alla sagra dello scaricamento del barile. Il modulo fa schifo, voi non avete le palle, il preparatore atletico ha sbagliato, i tifosi non cantano, il campo è pesante, l’arbitro è cornuto.

    Londra. “Non è sempre colpa dell’allenatore, i giocatori devono prendersi le loro responsabilità se hanno ‘big balls’. Altrimenti non possono giocare in una grande squadra”. Le parole di Roberto Mancini potrebbero essere usate come esergo di uno studio sulle società che vanno alla grande finché va tutto bene, ma alla prima difficoltà si squagliano e finiscono alla sagra dello scaricamento del barile. Il modulo fa schifo, voi non avete le palle, il preparatore atletico ha sbagliato, i tifosi non cantano, il campo è pesante, l’arbitro è cornuto. Forse la sconfitta del City con il Southampton (3-1 contro una squadra che si sta giocando la salvezza) è colpa di Mario Balotelli, che andandosene ha alterato definitivamente un equilibrio; forse il profeta Malachia aveva già previsto tutto. C’è qualcosa di drammaticamente italiano nell’esternazione manciniana, anche se, va detto, le ineleganti accuse ai giocatori non sembrano peregrine dopo una partita in cui prendi il primo gol perché la difesa è momentaneamente nella fase Rem, il secondo su una smanacciata surreale del portiere e il terzo per un autogol d’antologia di Barry. Forse tutti quanti dovrebbero ispirarsi alla severa costanza di Ryan Giggs, il primo giocatore a segnare almeno una volta per 21 stagioni consecutive.

    In tempi di dimissioni a Roma, Osvaldo ha scelto il suicidio (sportivo, si intende). Tirare un rigore al posto di Totti (per di più sbagliandolo) è come scrivere un editoriale al posto di Travaglio e finire per elogiare gli avvocati di Berlusconi. Il Corriere dello Sport, sobriamente, ha scelto di dare poca importanza al fatto, e ha titolato a tutta pagina: “Osvaldo, ora basta”, il che a Roma equivale a una scomunica con mandato di cattura internazionale (l’editoriale di prima pagina contro l’italo-argentino faceva apparire moderati i comizi di Borghezio). Per fortuna ci ha pensato Delio Rossi a mettere tutti d’accordo, con un bel dito medio al vento come nemmeno nei nostri pub dopo la quinta pinta di birra. Nulla contro le provocazioni, per carità (i moralismi li lascio a voi), ma non tutti possono permettersi certe cose: volete mettere le manette di Mourinho, o il segno della croce del portiere del Celtic nel derby contro i Rangers, o Mazzone sotto la curva dell’Atalanta? Solo i grandi possono. Solo Gascoigne poteva ruttare così nei microfoni della Rai.