Arrestare un romanzo

Dentro alla pozza di quel gran “porco” di Limonov

Luigi De Biase

L’ultima avventura dello scrittore, 69 anni, finito in carcere la notte di Capodanno durante una protesta contro il Cremlino

San Pietroburgo. C’è un proverbio in Russia e dice più o meno che il porco trova sempre una pozza in cui tuffarsi. Forse è un po’ duro ma Dmitri Igorevich, il ragazzo dietro al bancone del bar Etazhy di San Pietroburgo, pensa che sia il modo migliore per raccontare l’ultima avventura di Edvard Limonov, 69 anni, finito in carcere la notte di Capodanno durante una protesta contro il Cremlino. In effetti non è la prima volta che passa la notte in cella, negli ultimi due anni è accaduto almeno otto volte e il motivo è sempre lo stesso: Limonov è uno scrittore popolare e guida un partito di opposizione, dice di essere un “nazional bolscevico”, manifesta con una ventina di seguaci ogni 31 del mese per ricordare che la Costituzione garantisce ai cittadini la libertà di assemblea. Il governo è molto rigido sul tema, ci sono leggi che impediscono i cortei non autorizzati, quindi gli incontri fra quelli di Limonov e la polizia sono abbastanza frequenti. Ma l’arresto di Capodanno diventa tema di discussione anche in Italia e questo non era mai accaduto prima, centinaia di persone commentano su Twitter, qualcuno tratta il caso come se fosse il nuovo fuoco della rivoluzione contro Vladimir Putin.

Quand’è che l’Italia ha scoperto Limonov? Non è stato nel ’92, l’anno in cui ha fondato il Partito nazional bolscevico, e neppure nel 2007, dopo la prima marcia contro Putin a San Pietroburgo. E’ accaduto nel 2012, quando Adelphi ha pubblicato il romanzo di uno scrittore francese, Emmanuel Carrère, intitolato proprio “Limonov”. E’ una delle opere migliori dell’anno, racconta la Russia proprio come se ne parla nei salotti ed è già una specie di culto a Parigi e Roma: Bernardo Valli su Repubblica ha scritto che “lo si può chiamare come si vuole, racconto, romanzo, biografia e perché no, reportage, in fondo è la lunga descrizione di un personaggio reale”.

 

Il “personaggio reale”, ovvero Limonov, è un giovane teppista cresciuto in Ucraina, uno che ha scoperto di essere scrittore a vent’anni, che ha lavorato come sarto e come cameriere, che ha cercato la fama a Mosca ma ha fallito almeno un paio di volte, che è stato povero a Parigi e New York, che è diventato gay e ha scritto un libro chiamato “Sono io, Edichka”, con il programmatico sottotitolo “Il poeta russo preferisce i grandi negri”, che era nei Balcani durante la guerra, che forse ha combattuto contro i bosniaci, che di sicuro ha preso la sifilide. Da queste pagine viene il mito di Limonov, l’uomo della nuovissima, perfezionata generazione. E non è che i liberali russi si sentano tranquilli accanto a quest’uomo. Sarà perché dieci giorni fa ha scritto sul quotidiano Izvestia che i bambini russi non possono essere adottati da famiglie straniere (secondo Limonov deve prevalere il “diritto alla Madrepatria”), sarà per le foto del 2010 scattate mentre partecipa a un’orgia con una donna e due colleghi scrittori. Insomma, Limonov è un buon protagonista di romanzi, ma non è il tipo a cui lasciare le briglie di un paese.

 

La Russia a volte funziona come se fosse un villaggio, così al bancone dell’Etazhy si avvicina una donna sui cinquanta, dice di chiamarsi Tatiana Alexandrovna e racconta di conoscere bene Edvard Limonov: “Ha sempre trovato il modo di mettersi nei guai. Lo posso dire perché il suo primo libro è stato pubblicato da una mia compagna di università. Si chiamava Edichna, vero? Limonov è sempre stato un problema”. Il libro di Carrère è arrivato anche qui, non è un bestseller, non si trova in ogni libreria, sulla copertina non c’è la foto di un dandy sovietico come in Italia ma quella di un bambino con i pantaloni corti e la testa rasata, praticamente sull’attenti, che posa davanti a un cespuglio di piante tropicali (forse l’hanno scattata in una colonia in Crimea). Un giornalista del magazine Afisha, Lev Danilkin, l’ha letto ed è arrivato a questa conclusione: è una storia meravigliosa, ma non è il Limonov che conosciamo noi; grazie a Carrère gli europei hanno un nuovo idolo da mettere accanto a Che Guevara. Zachar Prilepin, scrittore, critico e vecchia firma di Novaya Gazeta, è stato ancora più duro: “Nel libro di Carrère manca la distanza fra il personaggio letterario e il vero Limonov. E’ un romanzo o una biografia? Io credo che sia un romanzo”. Per Zachar non c’è molta differenza fra Putin e Limonov: tutti e due hanno nostalgia dell’Unione sovietica, ma almeno Putin ha capito che quei tempi sono passati.

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