Gli adepti della setta dei baffi e la caccia ai miscredenti tipo Axelrod

E’ tutta colpa di David Axelrod e delle sue scommesse elettorali. Il superconsigliere di Obama aveva promesso di tagliarsi i baffi coltivati meticolosamente per quarant’anni se il presidente avesse perso uno stato a scelta fra Minnesota, Michigan e Pennsylvania; la portavoce della campagna elettorale, Jen Psaki aveva rilanciato: se perdiamo nelle nostre roccaforti vado in giro con i baffi finti, diceva.

    New York. E’ tutta colpa di David Axelrod e delle sue scommesse elettorali. Il superconsigliere di Obama aveva promesso di tagliarsi i baffi coltivati meticolosamente per quarant’anni se il presidente avesse perso uno stato a scelta fra Minnesota, Michigan e Pennsylvania; la portavoce della campagna elettorale, Jen Psaki aveva rilanciato: se perdiamo nelle nostre roccaforti vado in giro con i baffi finti, diceva. Una volta incassata la vittoria e conservati i baffi, Axelrod ha messo la peluria facciale sul piatto di un’altra battaglia, quella contro l’epilessia di cui la figlia maggiore soffre.
    Se l’associazione Citizens United for Research in Epilepsy raccoglierà più di un milione di dollari per la ricerca sulla malattia, lo stratega procederà al taglio. Sembra tutto molto commendevole e scherzoso allo stesso tempo, sennonché i baffi nell’America del 2012 sono una cosa seria.

    L’American Mustache Institute, l’istituto dei baffologi americani (sì, esiste un istituto per la difesa dei baffi che al tema si dedica con la stessa solerzia con cui ci si batte per gli orsi polari o si protesta contro qualche causa civile: una specie di Femen senza topless) non l’ha presa bene e con un tono da dichiarazione al Consiglio di sicurezza dell’Onu il presidente dei baffologi, Aaron Perlut, ha parlato di un gesto “incredibilmente irresponsabile” da parte di un uomo che porta “baffi potentissimi”.
    La connessione fra baffi e potere può sfuggire ai più distratti (anche se fra baffone e baffini i precedenti non mancano), ma secondo Perlut è chiarissimo che i mustacchi in stile “Chevron” – che poi sarebbero i baffi standard – sono una cosa rara su una persona di tale influenza e soltanto legare l’idea di un taglio per stupidi motivi come la guida del mondo libero è “offensiva per tutta la comunità”. Non poteva che finire tutto in teologia. Perlut dice che nei rotoli del mar Morto è detto chiaramente che ogni volta che un uomo si taglia i baffi, un angelo muore e precipita sulla terra. Evidentemente senza baffi, come tutti gli altri angeli. La polemica cade giusto nel mese di novembre, altrimenti detto Movember, perché non c’è mese più indicato per fare una crasi con la parola “moustache”. L’idea di astenersi dal taglio dei baffi per tutto il mese è nata anni fa per sostenere la ricerca su malattie prettamente maschili, poi è diventato un momento imperdibile della vita americana.

    Un milione di persone hanno firmato on line il giuramento di Movember, e c’è tutta una carboneria dei mustacchi che è tornata alla luce e discute con grande nonchalance di “mezzi Dalí”, “piramidi”, “baffi all’abat-jour”, “all’inglese”, “stile fu-manchu” e manubri di ogni genere. Che il baffo sia tornato di moda a Hollywood è una storia vecchia, ma Jude Law e James Franco potrebbero tranquillamente mettersi le dita nel naso in pubblico e nessuno farebbe una piega, figurarsi se i baffi li fanno sfigurare. La gente normale è il problema. Sono gli hipster di Brooklyn che li arrotolano con la cera, i giocatori di baseball che li tengono per scaramanzia, il problema è il capoufficio con il baffone à la Nietzsche, il commesso che coltiva quello che in un vecchio slang si chiamava “Balbo”, il baffetto sottile con la barba sul mento, possibilmente a punta, in omaggio al trasvolatore fascista Italo Balbo. Sarebbe un fenomeno perimetrabile nell’ambito della moda se soltanto i seguaci del baffo non avessero la tendenza a dare alla faccenda un’intonazione liturgica, estraendo prove che corroborano una tesi molto seria: l’uomo senza baffi è una creatura mutilata, quello baffuto è in missione per conto di qualche dio.