Non sarà un verdetto grottesco a cancellare il Cav. dalla storia

Giuliano Ferrara

Non dico si debbano tributare onori divini, l’apoteosi del diritto romano, a Berlusconi: sarebbe il primo a riderne. Oltretutto giusto ieri ha dato la sua interpretazione del ritiro: mi ritiro, cioè no. Grandioso e surreale. Ma comunque vadano le cose, la damnatio memoriae, con abolizione del nome per generazioni e sfregio del silenzio coatto imposto anche solo al suo ricordo, questo è un po’ troppo per un leader democratico che ha trasformato un grande Paese in diciotto anni di vita pubblica sulla scena europea e mondiale.

    Pubblichiamo l'editoriale di Giuliano Ferrara apparso sul Giornale.

    Non dico si debbano tributare onori divini, l’apoteosi del diritto romano, a Berlusconi: sarebbe il primo a riderne. Oltretutto giusto ieri ha dato la sua interpretazione del ritiro: mi ritiro, cioè no. Grandioso e surreale. Ma comunque vadano le cose, la damnatio memoriae, con abolizione del nome per generazioni e sfregio del silenzio coatto imposto anche solo al suo ricordo, questo è un po’ troppo per un leader democratico che ha trasformato un grande Paese in diciotto anni di vita pubblica sulla scena europea e mondiale. La grottesca condanna per i diritti televisivi subito seguita alla sobria e molto onorevole uscita di scena del Cav, figura che milioni di italiani sono pronti a rimpiangere, punta proprio a questo, fa da battistrada a questo progetto: è un atto simbolico, come tutti sanno, corredato di immediate motivazioni pronte all’uso, ma destinato alla cancellazione da parte della Corte costituzionale o alla prescrizione ultrasicura. Insomma è solo un modo della giustizia di rito ambrosiano di riconfermare che ci sono anche loro nel giorno fatale, e il loro contributo è di trasformare in un abominevole reo l’Arcinemico, il mitico frodatore fiscale che nella realtà paga più tasse di un Creso.

    Berlusconi ha preso la guida dell’Italia tre volte grazie a libere elezioni, l’ha persa per due volte grazie a un ribaltone e a una manovra di palazzo aiutate e in certo senso anche obbligate dal circo mediatico- giudiziario, l’ultima delle quali lo ha avuto soggetto responsabile e consenziente un anno fa. (Le sue colpe politiche nel procurarsi la difficile congiuntura in cui è caduto non tolgono il fatto di principio: gli italiani lo hanno eletto e il mandato gli è stato sempre revocato dagli ottimati del partito senatorio e finanziario, non dagli elettori.) Portiamoci avanti con il lavoro, nel tentativo di impedire l’allestimento in corso dell’avvilente messinscena: la «caduta di un grande criminale». Questo copione plateale è presupposto triste e necessario dell’eliminazione censoria della vera storia del berlusconismo dai radar dell’intelligenza italiana; dovere politico e civile anticipare un lavoro che ha anche un valore decisivo per chi riuscirà, se ci riesce, a costruire qualcosa che rivesta un significato profondo al posto della leadership di Berlusconi, oggi nel ruolo di memoria e ispirazione (spero e credo rivestiti con l’allegria non intrusiva già promessa). La parte spiccatamente giudiziaria è chiara. Il processo Ruby naufraga nel grottesco dell’inquisizione talebana e guardona. Le risposte della signora Karima El Marough alla trasmissione di Michele Santoro fanno testo perché sono limpide e spontanee nel tratto. Berlusconi è persona corretta, ridanciana, amante del trastullo burlesco, ospitale, privata nel suo modo di divertirsi, ma corretta, niente di predatorio e di umiliante per le donne e per il loro retoricamente sbandierato «corpo», perfettamente e gioiosamente violabile se in regime di adulti consenzienti e invece inviolabile alle propalazioni bacchettone di una magistratura in fregola di politica & etica al servizio di oscuri pregiudizi, con qualche abbondante e indecente aiutino mediatico. La concussione fa ridere tutto il mondo del diritto, perfino i persecutori. Una condanna in simile processo sarebbe il timbro finale di una persecuzione che solo la cecità faziosa dell’inimicizia politica consente di non vedere e giudicare in tutto il suo orrore civile. Simbolo e gogna da aggiungere al simbolismo inutile, per suffragarlo e rafforzarlo, della sentenza del giudice D’Avossa. Insomma, giustizia sommaria.

    Poi c’è la parte politica, civile. Berlusconi è stato potentissimo, ora merita la polvere. Buffonata. Tutti conoscono i limiti bestiali in cui opera un presidente del Consiglio italiano (basta guardare al trattamento elettoralistico che stanno facendo a Mario Monti, già mezzo paralizzato e sfregiato da campagne incivili, o alle cattive figure rimediate da Romano Prodi o da Massimo D’Alema). La forza elettorale è stata ben controbilanciata dalle fughe parlamentari ricorrenti e dal ribaltonismo, malattie senili delle Repubbliche malate. Berlusconi ha fallito, dicono. Ma che vuol dire? Ci ha dato un paesaggio di parole e cose di legno totalmente trasformato in emozioni e spontaneità vivente, ha incarnato il maggioritario, ha dato potere al popolo che sceglie chi governa, ha tenuto a freno per anni la rapacità dello Stato, non ha smantellato il welfare ma ha fatto le grandi riforme delle pensioni e del lavoro prima della Fornero, e insomma, se di fallimento dell’economia e della finanza vogliamo parlare, parliamone: ma vedrete che è pieno di cause, di fattori di spinta, di remore e pigrizie, e di imputati potenziali che vengono nella lista quasi tutti prima di Berlusconi. Poi dire che il suo progetto ha declinato, questo è vero e Berlusconi è il primo a saperlo. Il tempo si prende cura di ridimensionare sogni e progetti, ma questo non autorizza i nani a decretare la damnatio memoriae, sotto la coltre censoria di un segmento di storia che si spera di consegnare prigioniero ai presunti vincitori, ovvero la cancellazione legale della robustezza e anche della grandezza di un’esperienza politica unica al mondo. E ricordiamoci che abbiamo scelto Israele e gli Stati Uniti nel fuoco della battaglia, che Berlusconi è stato dalla parte giusta nei momenti cruciali delle grandi sfide occidentali, e che ancora oggi l’Italia non è una sentina della secolarizzazione giacobina, una ridicola Repubblica ideologicamente corretta, anche per merito suo. Chapeau e buon lavoro.

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.