Bravo Cav., grande uscita di scena

Giuliano Ferrara

Ha giocato con la sua incertezza, tormento di una vita da decisionista, poi ha scelto ed è stato serio, responsabile, politicamente intelligente. Ha proclamato con poche parole la fine di un’epoca, quella del carisma personale, delle emozioni, dei grandi progetti sognatori, del fuoco nella pancia, e ha stabilito e promosso un rinnovamento radicale da affidare ad altri.

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    Ha giocato con la sua incertezza, tormento di una vita da decisionista, poi ha scelto ed è stato serio, responsabile, politicamente intelligente. Ha proclamato con poche parole la fine di un’epoca, quella del carisma personale, delle emozioni, dei grandi progetti sognatori, del fuoco nella pancia, e ha stabilito e promosso un rinnovamento radicale da affidare ad altri, un cambio anche di generazione, per fare del suo movimento uno degli attori possibili della convergenza di una certa Italia verso politiche di riforma liberali e pro mercato, in reazione al ritorno nella crisi di una cultura vetero-laburista, pianificatrice, collettivista secondo i canoni peggiori del Novecento.

    Nella sua dichiarazione solenne del 24 ottobre, Berlusconi ha detto qualcosa di inaudito per chi ne ha fatto la caricatura fino a oggi: ha detto che Monti si è sempre sottratto alla caccia alle streghe e ha fatto quel che ha potuto, cioè molto, per assicurare una continuità delle idee riformatrici e liberali con cui tutta l’avventura berlusconiana era partita. Una affermazione impegnativa e importante, un contributo di giudizio e di memoria di quelli tanto indispensabili ai giovani quando i vecchi si ritirano.
    Alfano, nel confronto con i candidati che competeranno con lui per la nuova leadership e in un nuovo assetto democratico e collegiale del movimento berlusconiano, dovrà poi preoccuparsi di alleanze e interlocutori, che per adesso latitano. Ma l’importante è questa liberazione emozionale e razionale del Popolo della libertà, cioè di quella metà dell’Italia che ha vissuto come un’umiliazione l’aggressione al privato di Berlusconi, il suo indecente scuoiamento mediatico e processuale, infine la sua delegittimazione interna e internazionale, fino all’esproprio – ed è stata la terza volta in diciotto anni, per quanto coronata da una procedura consensuale e da una fase di stabilizzazione utile al paese – del diritto a governare di chi aveva vinto le elezioni politiche alla grande.

    Noi siamo solo alla quarta puntata di un romanzo del berlusconismo politico, dal 1994 a ieri, ma tutto il Foglio, nato nel 1996, si è sempre dichiarato senza finzioni e opacità un giornale pilota, o mosca cocchiera, del berlusconismo. Quello che esprimeva significati e orizzonti politici, s’intende, quello che piaceva a noi e a tanti italiani. Siamo stati anche altro, di più e di meno, ma quel tratto screanzato, liberatorio e gagliardo, in mezzo a una serietà analitica perfino pedante, non ci ha mai abbandonato. E non ci abbandonerà nemmeno adesso che Berlusconi promette di accompagnare la nuova fase democratica e razionale, postcarismatica, della sua storia personale con un’offerta di memoria, qualche consiglio e giudizio non intrusivi. Al Cav. diciamo con simpatia umana e ammirazione che non poteva entrare meglio in politica e non poteva lasciarla meglio. Su quel che è successo in mezzo si pronunceranno gli storici, con un nostro aiutino correttivo se faranno gli storiograficamente corretti.

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    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.