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Consiglio dei ministri notturno a sorpresa
Preside, eppur decide
Monti avrà ancora molto da penare, perché la crisi europea è una brutta bestia e la politica italiana è bizzosa e inconcludente, ma il Preside sa come si fa. Ieri notte ha stupito tutti. Era in onda la solita arena di Raitre, governo sotto processo, il paese geme, tutti ladri e vai col tango. Un sottosegretario ospite, Gianfranco Polillo, ha fatto una sorpresina: in queste ore – ha detto – Monti e Grilli stanno facendo calare le aliquote Irpef.
Monti avrà ancora molto da penare, perché la crisi europea è una brutta bestia e la politica italiana è bizzosa e inconcludente, ma il Preside sa come si fa. Ieri notte ha stupito tutti. Era in onda la solita arena di Raitre, governo sotto processo, il paese geme, tutti ladri e vai col tango. Un sottosegretario ospite, Gianfranco Polillo, ha fatto una sorpresina: in queste ore – ha detto – Monti e Grilli stanno facendo calare le aliquote Irpef. Tutti, in primo luogo il sindacalista Luigi Angeletti, hanno rimesso in tasca le unghiate solidariste e si sono complimentati. Monti ha saputo della propalazione tv di Polillo a Consiglio dei ministri aperto, si è incazzato bonariamente, e Antonio Catricalà ha smentito Polillo. Tutti addosso al povero e ciarliero sottosegretario sputtanato in tempo reale. Pollaio in studio. I tecnici fanno schifo! Lei è un po’ cialtrone! Il paese non cresce! Il popolo geme! Il sottosegretario ha cercato invano di tenere il punto con dignità. Poi tutti a letto soddisfatti della riprovazione sociale esibita. Particolare gustoso: il taglio dell’Irpef era stato davvero deciso, in studio tante geremiadi per nulla. Capolavoro di understatement e di ironia: il governo non comunica nei talkshow, voi fate il vostro chicchirichì, noi tagliamo le tasse a trenta milioni di italiani, prego.
Dunque. Comunicato chilometrico romanzesco e “notturno fisso”, come direbbe Milani, dal Palazzo. Un punto in più dell’imposta sul valore aggiunto (Iva), ma uno solo dei due decisi dal precedente governo Berlusconi-Tremonti, e un punto di riduzione delle aliquote Irpef per trenta milioni di italiani. Dalle persone alle cose, con moderazione, e inoltre decremento delle aliquote per la prima volta in tanti anni, operazione che perfino Tremonti giudicava impossibile e inutile (“tanto poi la gente si tiene i soldi dei ribassi in tasca”, diceva). Un chip nel segno dell’equità per la crescita dell’economia reale e dei consumi. Secca spiegazione notturna del premier: “La disciplina di bilancio paga”. Procede infatti la riduzione della spesa in modi vari: il buco della sanità si restringe ulteriormente; varata una accorta e coraggiosa limatura dei vantaggi salariali nella pubblica amministrazione; messa sotto terapia l’ossessione per l’illuminazione a giorno, spesso di natura inquinante, e molto altro (la famosa revisione della spesa o spending review diventa elemento strutturale nella legge di stabilità). Poi i benefici: risorse destinate in parte a un certo numero di lavoratori messi in difficoltà dalla riforma delle pensioni (i salvaguardandi salvaguardati), in parte a incrementare la produttività del lavoro detassando contratti di sviluppo meno arcaici della contrattualistica nazionale. Ma non basta. Il tutto è coronato da un’ambiziosa riforma costituzionale per reimporre il grado necessario di centralizzazione e decisione (clausola di supremazia dello stato in certe materie) a un sistema regionale in crisi (riforma – da tutti invocata – del titolo V della Costituzione). Per il circo mediatico, i politicanti senza idee e i radicalismi populisti di destra e di sinistra il governo è in crisi, lo si può attaccare, rottamare. Eppur decide.


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