
La rivoluzione del Concilio
Niente è più importante del Concilio Ecumenico Vaticano II. Si aprì nell’anno dei Beatles, ma è evento immensamente maggiore della pubblicazione di Love me do. Bisognerebbe dedicargli più attenzione, cinquant’anni dopo la sua inaugurazione (11 ottobre 1962), che non alle primarie del Pd o al dissolvimento della Pdl o alle tasse del governo Monti. Cultura diffusa, civiltà occidentale, costumi, mentalità, profondità dell’anima individuale e comunitaria.
Leggi Papa Ratzinger avvisa i padri sinodali: “Questa non è una costituente” di Paolo Rodari - Leggi Quando la tradizione fu opacizzata di Roberto de Mattei
Niente è più importante del Concilio Ecumenico Vaticano II. Si aprì nell’anno dei Beatles, ma è evento immensamente maggiore della pubblicazione di Love me do. Bisognerebbe dedicargli più attenzione, cinquant’anni dopo la sua inaugurazione (11 ottobre 1962), che non alle primarie del Pd o al dissolvimento della Pdl o alle tasse del governo Monti. Cultura diffusa, civiltà occidentale, costumi, mentalità, profondità dell’anima individuale e comunitaria: il Concilio della chiesa che si fa sposa del tempo moderno non ha rivali come generatore di idee, di fatti, il tutto in 3D, in stereoscopia e in HD o alta definizione (famiglia sesso bioetica adulterio divorzio eppoi preghiera sacramenti sacerdozio e ruolo della donna nel mondo e nella chiesa, bioetica, eutanasia, contraccezione, aborto, medicina riproduttiva eugenetica: tutto è diverso e nuovo visto con gli occhi e nel linguaggio del mondo postconciliare).
Pubblichiamo intanto un articolo, molto chiaro, di parte tradizionalista, scritto dal nostro illustre collaboratore, lo storico Roberto de Mattei, che al Concilio ha dedicato un racconto alternativo ma anche stranamente complementare alla storiona in cinque volumi di Giuseppe Alberigo, il compianto patriarca della scuola di Bologna, progressista tendenza Giacomo Lercaro (compianto cardinale di Bologna) e Giuseppe Dossetti (compianto monaco e politico democristiano, idolo del cattolicesimo democratico), di cui Alberto Melloni è l’erede. E per introdurlo al lettore, cui forniremo nuovi contributi e che sarà informato specialisticamente da Paolo Rodari sul sinodo d’ottobre voluto da Benedetto XVI per una nuova evangelizzazione, ecco una breve nota teo-giornalistica del semplificatore o direttore.
Il Concilio l’hanno “fatto”, con sensibilità diverse e drammi interiori e pubblici diversi, Giovanni XXIII (morto nel giugno del 1963, a un anno dall’inizio) e Paolo VI, l’uno avendolo lanciato e impostato, l’altro avendolo governato con tremendo e oscillante equilibrio insieme all’esercito di vescovi, teologi e osservatori riuniti per tre anni nella Basilica di San Pietro e nelle commissioni. In un certo senso il Concilio è stato “disfatto” da Giovanni Paolo II (1978-2005) e da Benedetto XVI. L’espressione è paradossale, perché la chiesa è una cosa seria e non disfa un concilio, ci mancherebbe. Però Giovanni Paolo II ha cercato di riconquistare il mondo, di evangelizzarlo a modo suo, di sedurlo con un linguaggio cristiano moderno ma privo di cedimenti maggiori alla contemporaneità e ai suoi desiderata; e Benedetto XVI, insigne teologo e custode della fede accanto al predecessore e poi Papa eletto sull’onda di una combattiva crociata contro il relativismo culturale e morale, ha messo adamantini puntini sulle tante “i” dei principi non negoziabili. Risultato: quell’aura di pastoralità, di abbandono senza condanne e dogmatismi al flusso della storia in cui Dio si autocomunica si è dissolta. Al centro di tutto la delicata questione, che non è il sesso degli angeli: fu rottura o no il Concilio rispetto al passato tradizionale della chiesa? Progressisti e conservatori da anni dicono all’unisono che sì, fu rottura (gli uni per lodare il grande evento, gli altri per criticarlo). La chiesa istituzionale, gli uomini del Papa e il Papa stesso (discorso alla Curia romana del 22 dicembre 2005), hanno invece detto più o meno che fu continuità, il Concilio, atto di riforma della chiesa come unico soggetto, senza un prima e un dopo tagliati di netto. Questa posizione oggi incontra notevoli difficoltà, e il cardinale di Milano Angelo Scola sta cercando di guidare una svolta con l’accordo del Papa: il Concilio fu “una sporgenza” rispetto ai testi decisi dall’assemblea, storicamente fu un evento in cui l’elemento della rottura va considerato con coraggio e sapienza. Seguiremo la discussione.
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