L'articolo del direttore apparso sul Giornale di ieri

Caso Napolitano, l'intrigo si complica

Giuliano Ferrara

Il direttore di Repubblica dovrebbe riflettere: il suo, il loro è un giornali­smo morto. Opulento, professiona­le, ricco di notizie e opinioni, ma com­posto nella bara dell’uniformità confor­mista. Avevano appena dato un segno di vita, richiamando una tradizione di pluralismo delle opinioni e di conflitto civile con lo scontro tra Scalfari e Zagre­belsky su Napolitano e la procura di Pa­lermo, avevano fatto saltare la copertu­ra della bara per un istante, ecco che si richiude.

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    ll direttore di Repubblica dovrebbe riflettere: il suo, il loro è un giornali­smo morto. Opulento, professiona­le, ricco di notizie e opinioni, ma com­posto nella bara dell’uniformità confor­mista. Avevano appena dato un segno di vita, richiamando una tradizione di pluralismo delle opinioni e di conflitto civile con lo scontro tra Scalfari e Zagre­belsky su Napolitano e la procura di Pa­lermo, avevano fatto saltare la copertu­ra della bara per un istante, ecco che si richiude. È un peccato, perché nessu­no si augura un’Italia in cui scompaia nell’irrilevanza la loro voce,opacizzata e infine spenta dall’incapacità di farla sentire se non in un corale tremenda­mente parrocchiale, senza offesa per le parrocchie sede di ben altri e sani con­flitti di dottrina e spirito.

    Voglio dire una cosa assai semplice, diretta e non equivoca. Se i ragazzacci del Fatto, il cui capo non sa rispondere alle più ele­mentari domande sullo Stato e la mafia in tv, va in vacanza con il dot­tor Ingroia e dice di lavorare solo per il lettore, si mettono per una qualche ragione fuori linea, allora il commissario politico del giorna­le, il suo direttore, emette un ana­tema: sono di destra, sono la nuo­va destra. Vogliono mangiarsi la destra in insalata, i gianburrasca delle manette, chiedono il sangue di Berlusconi e si atteggiano a solo­ni dell’antipopulismo, fingono perfino un interesse loro estraneo per gli operai e i sindacati, sono im­bevuti di piccolo trotzkismo alla Flores d’Arcais, ma sono di de­stra. Solo il mio amico Stalin, fac­cio per dire, definiva di destra, con­trorivoluzionari, quelli che non la pensavano come lui, anche e so­pra tutto se erano a sinistra del par­tito.

    Altro caso, Panorama. Giovan­ni Fasanella, un cronista di forma­zione comunista e perfino berlin­gueriana, propone al direttore del settimanale di Mondadori un ser­vizio che farà chiasso: mettiamo insieme le propalazioni di vario genere sulle frasi dette presuntiva­mente da Giorgio Napolitano al te­lefono con Nicola Mancino, fac­ciamoci giustamente una coperti­na che richiami il ricatto dei vari Pm palermitani al presidente, e vai con lo scoop di approfondi­mento in seguito al quale forse il Quirinale si risentirà, e si capisce, ma tutto sarà più chiaro. Anatema di bel nuovo, la destra è all’attac­co. Ma questo, lo vedono tutti, non è un modo di ragionare, non è un atteggiamento liberal o di sini­stra, è un modo di sragionare e get­tare sabbia sugli occhi del lettore bambino come fa il Sandman del­le f­avole e delle canzonette ameri­cane.

    Lo stato di confusione men­tale e culturale non è di sinistra, è uno stato di confusione di cui i pri­mi­ a preoccuparsi dovrebbero es­sere editori e lettori del giornalo­ne di Largo Fochetti in Roma. Il web della sottocultura di Repubblica non è da meno, fa i suoi rilanci. Camillo Langone scrive ogni giorno una preghierina tradi­zionalista su un quotidiano, sem­bra scritta in latino da quanto è bella. Certo, ha le sue idee e le sue sensibilità e una sua dottrina che sembrano fatte apposta per pro­vocare al pensiero critico chi si vanta di possederlo e non ne sa al­cunché, gli illetterati novisti e mo­dernisti che non sanno leggere. Nel caso in specie, Langone ha scritto dell’assassinio di«una don­na nigeriana, che di mestiere fa la puttana», ha aggiunto che «le ne­gre sono bellissime» e «i transes­suali dopo il tramonto» sono bel­lissimi pure loro. Ha concluso con una morale perfettamente ge­suitica: va’ a letto, o maschio put­taniere, con persone che puoi pre­sentare in società e alla mamma senza scandalo. Be’, una volta l’ambasciatore di Spagna in Italia mi inviò un gentile cartoncino in cui ero invitato a cena con «il part­ner » e non più con mia moglie, perché Zapatero aveva deciso, a norma del codice civile, che ma­schi e femmine, marito e moglie, padre e madre, non esistono più. Volevo rispondergli alla Lango­ne: vengo con un negro altro due metri rimediato alla stazione do­ve si trovano un sacco di partner, rigorosamente senza scarpe, che rutta, le va bene o pensa che ci pos­san­o essere problemi con il princi­pe delle Asturie? A pensarci bene, anche peggio di Langone. Ho so­prasseduto signorilmente alla ri­sposta e alla cena in quella bella e accogliente casa del politicamen­te corretto.

    Fatto sta che il web minaccia e insulta Langone per quella pre­ghierina gesuitica, perché i trans devono essere belli anche di pri­ma mattina, e i giornali celebrano la morte del cardinal Martini, su­blime gesuita, all’insegna, un’in­segna non troppo originale, della scomparsa dell’uomo del dialo­go. Ma di quale dialogo state par­lando? Mi piacerebbe che France­sco Merlo o Michele Serra o altri stimabili opinionisti di Repubblica, non dico insorgessero (verbo caro ai cronisti di quel giornale), ma almeno facessero capolino per dire: ragazzi, il mondo libero è stato inventato perché gli anate­mi contro la destra o la sinistra scomparissero dalla scena, voglia­mo fare del giornalismo non si di­ca sbarazzino, probabilmente non ne siamo capaci nella nostra torvaggine, ma almeno formal­mente rispettoso della libertà?

    Attendo serenamente e aspetto pur sempre amandovi la prova (come disse un grande Papa agli uomini delle Brigate rosse) che ne siete capaci.

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    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.