Vediamo come va a finire questa storia della Bbc e della Banca d'Italia

Giuliano Ferrara

Parlo della Rai, l’editore che manda in onda Radio Londra e con il quale ho un contratto fino al termine della prossima stagione. Avverto il lettore, affinché coltivi il sospetto di un conflitto di interessi. Forse è una premura eccessiva, visto che c’è chi ha o ha avuto o avrà contratti notevoli, rapporti di lavoro coordinato e continuativo, funzioni dirigenti perfino, e fa un po’ come cazzo gli pare.

Leggi Perché Monti ha voluto due alieni alla Rai

    Parlo della Rai, l’editore che manda in onda Radio Londra e con il quale ho un contratto fino al termine della prossima stagione. Avverto il lettore, affinché coltivi il sospetto di un conflitto di interessi. Forse è una premura eccessiva, visto che c’è chi ha o ha avuto o avrà contratti notevoli, rapporti di lavoro coordinato e continuativo, funzioni dirigenti perfino, e fa un po’ come cazzo gli pare, un giorno telefona a Libero i suoi giudizi sull’editore, l’altro manda un curriculum, spara a zero da un canale indipendente, tratta, ritratta, prende buonuscite significative, fa il martire eccetera. Ma questi sono giornalisti o, come dicono loro, uomini Rai: io appartengo alla prima categoria per ragioni strettamente mutualistiche, e alla seconda non sarei mai degno di essere iscritto. Essendo invece un po’ uno stronzo, com’è universalmente noto, quando ero nel primo governo Berlusconi come ministro mi adoperai, fin quasi al successo (ma nel quasi è la quadratura del cerchio dell’insuccesso) per fare della Rai un’azienda di servizio pubblico gestita con le cautele del privato, della società per azioni. Mi feci aiutare dal valente professor Giuseppe Guarino, ché i tecnici sono sempre serviti a qualcosa, perfino nel primo governo populista della storia italiana, e concordammo il testo di un codicillo legislativo che ebbe fama breve secondo il quale la Rai doveva diventare, non più del Tesoro, ma dell’Iri (esisteva ancora l’Iri).

    Insomma, non dico la Banca d’Italia, ma almeno l’Eni o l’Enel, una società per azioni, magari quotata in borsa, che per sua natura (servizio pubblico) ha un rapporto di potere evidente con il potere pubblico (anche la Bbc lo ha, e ha ragione Luca Sofri quando twitta che quelli che parlano della Bbc mostrano di non vederla da quarant’anni), ma si governa come un’azienda privata illuminata (?) dal suo scopo sociale. Il progetto sparì subito, mentre si involavano i “professori” una punta faziosi della prima ondata e arrivava Lady Moratti, perché  – populismo o no – tutti i partiti, con il Cav. consenziente e assenziente e felice, decisero che non si poteva sottrarre al Parlamento il potere di decidere, con le nomine congiunte dei presidenti delle Camere (come era avvenuto allora con Giorgio Napolitano e Nicola Mancino), come si debba condurre la tv pubblica. Poi la legge Gasparri perfezionò il meccanismo, che fu trasferito dalle presidenze assembleari alla commissione di vigilanza, e nel bene e nel male i partiti hanno continuato a far sentire il loro peso, attraverso un Parlamento eletto, nelle storie di Rai, informazione, intrattenimento, cultura e tutto il resto. Personalmente ne so qualcosa, perché sono sempre stato ingaggiato, per la bisogna televisiva, da editori che qualche rapporto con la politica l’avevano (è successo anche a Grillo, Santoro, Freccero e altri divi, ma non lo riconoscerebbero mai come faccio modestamete io).

    Chissà se di quegli ingaggi ho fatto un uso civilmente decente, professione immaginaria a parte, e politicamente significativo, e informativamente interessante, oppure servile e vigliacco: deciderà Travaglio, che può chiedere consiglio a John Hooper del Guardian, convinto che Radio Londra non potrebbe andare in onda nemmeno nello stato non tanto libero di Bielorussia (Belarus). Questo pippone per dire che il governo tecnico della Rai, posto che si possa varare un governo tecnico infrangendo una legge e limitando il potere di designazione in prima istanza del Parlamento, non mi entusiasma ma non mi scandalizza. Tra le molte riforme non fatte in questi vent’anni, in un idem sentire della destra berlusconiana liberal e della sinistra antiberlusconiana progressista, c’è appunto questo: la privatizzazione della Rai oppure, se questo faccia scandalo, la sua emancipazione dal controllo diretto o indiretto dei partiti politici e della rappresentanza parlamentare che fa loro capo. Io ci avevo provato da ministro, a sostituire il primo governo tecnico con una formula privatistica che salvava anche il servizio pubblico (la proprietà Iri era sempre statale, ma la forma di governo dell’ente diventava non parlamentare, dunque non politica). Non ci sono riuscito. Non mi faccio ulteriori illusioni. Vediamo come va a finire questa storia della Bbc e della Banca d’Italia, vediamo. Canticchio con Gianni Boncompagni un adagio diventato famoso: no, non è la Bbc, questa è la Rai, la Rai tivvvvvvù.

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    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.