
Nozze senza fichi secchi
Obama fa il furbo ma la faccenda delle nozze gay ha un prezzo
E’ vero che la storia del matrimonio come diritto universale ha preso piede, che un sacco di gente ha frullata in testa l’idea che non sia tenero, umano, proibire a qualcuno di sposarsi sia pure tra appartenenti allo stesso sesso. Forse però il presidente Obama, che si è infine pronunciato a titolo personale per le nozze omosessuali, e che è ricorso alla furbata di delegare alla legislazione degli stati e delle corti quanto non oserebbe ratificare sul piano del potere federale e costituzionale come diritto civile tra i diritti civili, ha sbagliato i suoi calcoli.
Leggi Soldi, calcoli e rivolte nella rivoluzione gay di Obama
E’ vero che la storia del matrimonio come diritto universale ha preso piede, che un sacco di gente ha frullata in testa l’idea che non sia tenero, umano, proibire a qualcuno di sposarsi sia pure tra appartenenti allo stesso sesso. E’ vero che il matrimonio è consumato dal divorzio, dalla famiglia allargata, dal declino della promessa definitiva e dell’educazione dei figli come esercizio di un dovere patriarcale e matriarcale insieme religioso e laico. E’ vero che le abitudini sociali virano con sempre maggiore regolarità verso una vita commercialmente e stilisticamente promettente, la vita da single, come si dice, che sembra più esposta all’avventura della libertà. Forse però il presidente Obama, che si è infine pronunciato a titolo personale per le nozze omosessuali, e che è ricorso alla furbata di delegare alla legislazione degli stati e delle corti quanto non oserebbe ratificare sul piano del potere federale e costituzionale come diritto civile tra i diritti civili, ha sbagliato i suoi calcoli.
Definitosi come leader cristiano, sia pure formato in una congregazione mattoide di Chicago, Obama ha cercato il dialogo con la forte componente cattolica, o ispano-cattolica, della società americana in trasformazione, e tutto sommato aveva segnato alcuni punti, nonostante il rovesciamento delle scelte strategiche dell’Amministrazione Bush in materia di maltrattamento della vita embrionale. Ma il peso degli argomenti subito tirati in ballo dallo sfidante Romney in materia di matrimonio non deve essere sottovalutato. Tutti i problemi di un fronte conservatore senz’anima e identità, diviso tra pragmatismo estremo del businessman e vocazione pervasiva a una vita rispettosa delle tradizioni sociali più indiscutibili, potrebbero essere risolti in un colpo solo: lui vuole rompere il matrimonio come istituzione conosciuta e sperimentata per secoli, gli altri sono contrari.
E’ anche vero che la rivoluzione di genere è forse l’aspetto più baldanzoso e audace, e anche quello più affascinante (persino per chi non ne condivida le premesse) dell’epoca attuale.
Non è uno scherzo essere passati da un illuministico e laico diritto della persona, che ha radici anche nella migliore interpretazione possibile di un cristianesimo moderno, ai diritti di genere intesi come forzatura del desiderio e del sentimento di minoranze gay che pretendono un riconoscimento distruttivo della logica istituzionale tradizionale. Le ambizioni sono alte, e gli argomenti sono seducenti. Il tintinnio della libertà si sente come pratica e laissez faire, come ideologia libertaria. Ma un conto è la movida spagnola, un conto l’oppiaceo stato della società olandese e nordeuropea, un conto le società inglese o americana. Anche Cameron ha fatto una mezza marcia indietro. Lì si tende a pensare secondo buonsenso e senso comune: tutti i diritti alle persone, ma nessuna violazione del significato del matrimonio come contenitore di un modo di vita e di propagazione dell’esistenza che non è ancora dimostrato sia sostituibile da alcunché di diverso.
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