Gossippari e Formigoni

Giuliano Ferrara

Formigoni dice che vogliono fotterlo. Repubblica vuole fotterlo. La sinistra fa campagna elettorale sulla pelle sua e della funzione pubblica e politica che riveste. Repubblica è un giornale gossipparo. L’attacco a lui è parte di un disegno che ha già infilzato Berlusconi mettendolo all’angolo, trasformandolo da presidente del Consiglio in imputato permanente, in simbolo di comportamenti che inchiodano al disprezzo pubblico l’intera classe politica. Dice che i suoi nemici peccano di gola.

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    Formigoni dice che vogliono fotterlo. Repubblica vuole fotterlo. La sinistra fa campagna elettorale sulla pelle sua e della funzione pubblica e politica che riveste. Repubblica è un giornale gossipparo. L’attacco a lui è parte di un disegno che ha già infilzato Berlusconi mettendolo all’angolo, trasformandolo da presidente del Consiglio in imputato permanente, in simbolo di comportamenti che inchiodano al disprezzo pubblico l’intera classe politica. Dice che i suoi nemici peccano di gola. Che in tanti anni ha fatto cose importanti sulla scuola e la sanità e sul resto, imperdonabili per chi lo combatte slealmente. Che non ci sono reati di cui lui e la sua giunta debbano rispondere. Che è un linciaggio pubblico e privato diverso dal trattamento riservato, per sospetti e indagini sul sistema di potere lombardo della sinistra. Si sente vittima di un’ingiustizia che riguarda lui stesso, personalmente, e le cose che ha fatto. I suoi nemici non lo affrontano e non lo sconfiggono in regolari elezioni, vogliono farlo fuori per via scandalistica, gettandosi a corpo morto nel ricasco di inchieste giudiziarie ancora tutte da verificare o di comportamenti già verificati che però non investono direttamente il governo della Lombardia.

    Nessuno può onestamente negare che la faccenda stia precisamente così. Anche con Berlusconi le cose stavano e stanno così. Il dottor Ostuni della questura di Milano non è mai stato concusso, è l’evidenza delle testimonianze e dei fatti che lo dice. Non c’è stato sesso con una minorenne, lo dice lei stessa in telefonate intercettate in cui esplode di gioia folle per l’avventura che le è capitata con un uomo importante e fatale della storia italiana, in conversazioni piene di vanterie e millanterie e mezze verità. Berlusconi è stato impiccato alla sua vita privata, Formigoni sta salendo le scale dello stesso patibolo. In un paese civilizzato non si fa in questo modo. Infatti i gossippari non sono andati al governo al posto di Berlusconi, e ora sono da un lato con lui nella stessa maggioranza di salvezza nazionale che appoggia il governo tecnico del presidente, in un paese in cui la democrazia è stata sospesa, e dall’altro fremono per una presa rigeneratrice del potere che avrebbe il connotato della vendetta e tratti di restaurazione autoritaria, di sradicamento mediatico-giudiziario delle scelte libere degli italiani, di cancellazione intimidatrice di una metà del paese. E sono virtualmente all’opposizione del governo Monti, troppo poco per loro un tempo di tentati risanamento e rilancio del paese.

    Passiamo alla successiva domanda, quella che alla fine conta. Perché il partito gossipparo vince con Berlusconi e minaccia da vicino il Formigoni? Perché funziona il disegno e il paese si spappola nel brodo giuggiolone dell’antipolitica? La mia risposta è semplice. Perché i due leader hanno fatto e fanno errori politici. A Berlusconi quel che dovevamo dirgli per tempo glielo abbiamo detto e scritto sul Foglio con maggiore o minore eloquenza. Non doveva fare l’imputato. Doveva arrivare all’estate che gli fu fatale con una cavalcata politica in nome dello sviluppo del paese, afferrando la crisi incombente e anticipandola con decisioni che avrebbero salvato Milano dalla società civile incazzata con Pisapia, eliminato gli equivoci del tremontismo, e portato l’Italia alla battaglia europea e di mercato in condizioni decenti. Più tante altre cosine rilevanti, scuse comprese per un eccesso di vita e di estroversione che aveva compromesso la funzione pubblica ricoperta. E oggi gli diciamo che deve sbrigarsi a costruire uno schieramento di responsabilità e convergenza politica riformatrice, facendo sua la proposta del capo del governo per una fase di unità nazionale, riformando con un compromesso la legge elettorale e le istituzioni politiche e bloccando anche la sola idea di un governo Bersani, Vendola, Di Pietro. Chiamasi politica. Formigoni doveva andarsene dalla Lombardia già da tempo, e lo sapeva. Doveva assicurarsi una successione dopo tanti anni. E poi doveva prendere atto del fatto che la sanità privata è una brutta bestia impazzita, che un pezzo dell’eccellenza lombarda, il San Raffaele, è annegato in una sconcertante storiaccia di debiti, di sconcezze culturali e civili e amministrative, di compromissioni con la migliore o peggiore intelligenza nel mito antiumanista e anticristiano dell’immortalità biologica, mentre l’altra parte si è mangiato con Rotelli sia l’annegato sia un pezzo del Corriere della Sera. Troppi soldi, troppo affarismo, troppo di tutto alla fine di un lungo ciclo di governo.

    Sopra tutto, nervi a posto. Non si dice sprezzantemente in tv che le accuse vengono da uno che sta in galera, chiunque egli sia. Non si dà dello sfigato a un giornalista che non fa le vacanze di gruppo esotiche, stupide e costose. Si riconoscono le debolezze personali. Non si dice “parola di Re”. Non si attribuisce a don Verzé, pace all’anima sua, la Minetti, che fino a prova contraria è cittadina e peccatrice come gli altri. Non ci si impegola in storie di fatture perdute. Non si proclama che vecchi amici arrestati li si conosceva a stento o che comunque si vedrà. Non si cade nella trappola. Si alternano difesa leale e contrattacco politico con sapienza e lungimiranza. Si riconoscono i problemi di sostanza, si agisce come governatore per rilanciare la regione Lombardia e si fa un bel mea culpa per lo stato di un sistema di potere e di governo inquinato da troppi traffici, si fa come la Fornero all’Alenia, cioè si parla con la gente, si affronta il dolore politico del governo, ci si scusa per uno stile ipoestetico. Si distingue con cura ma senza fare i furbi quando il nemico gossipparo vuole confondere tutto. Si difendono sempre le persone care, con le quali si è condiviso un pezzo di vita, specie se sono in carcere. Non è reato fare l’uomo d’affari. I reati penali sono ipotesi ancora indimostrate, le indagini devono essere severe ma giuste. La parola dell’accusa contro la parola della difesa. E niente materassi su cui distendersi in pubblico per valorizzare l’industria del mobile italiano. Non è il momento.

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    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.