L'inquietante già visto e metabolizzato

Che palle i soliti tic da banal grande giornalese su Le Pen e dintorni

Giuliano Ferrara

Leggete i giornali e trovate sbalorditi quanto è inquietante il già visto, il metabolizzato da anni, l’identico che torna. La figliola di Le Pen, che si è rifatta le idee, è abortista e mezza femminista ma sempre figliola del parà rimane, ha preso un paio di punti in più di quelli presi dal padre qualche anno fa. La sinistra rivoluzionaria dei comunisti e di Mélenchon è ferma appena al di sopra del dieci per cento.

Leggi In Francia le estreme contano ma non governano (frattaglie a parte) di Lanfranco Pace

    Leggete i giornali e trovate sbalorditi quanto è inquietante il già visto, il metabolizzato da anni, l’identico che torna. La figliola di Le Pen, che si è rifatta le idee, è abortista e mezza femminista ma sempre figliola del parà rimane, ha preso un paio di punti in più di quelli presi dal padre qualche anno fa. La sinistra rivoluzionaria dei comunisti e di Mélenchon è ferma appena al di sopra del dieci per cento. Insieme fanno il solito terzo elettorale che al primo turno in Francia manda a quel paese i presidenziabili di sinistra e di destra, poi si dispone per l’uno o per l’altro o per l’astensione secondo l’umore e il risultato della gara a chi fa meno sbagli. Questo sarebbe un uragano di collera, il trionfo di Marine, niente è più come prima secondo il banal grande, l’ignorante twitteriano Saviano ma anche molti commentatori in ghingheri e perfino di esperienza. Al già visto si risponde con il già scritto e il già letto, ma che tre palle. Le notizie organizzate pigramente ci hanno veramente corrotto la testa, vogliono imporci definitivamente la prevalenza del cretino.

    Nelle elezioni del 2002 era successo qualcosa di importante. Il Partito socialista era affondato con Lionel Jospin, battuto dal papà di Marine, e la scelta elettorale era stata virtualmente annullata dalla bastonatura mediatica del fascista torturatore cosiddetto e dall’adunanza repubblicana intorno a Chirac. Il matraquage, modi bruschi, retorica insopportabile, e ne venne fuori una presidenza di merda. Anche cinque anni fa una cosa significativa avvenne, ma eravamo in pochi ad accorgercene: la candidatura Sarkozy profumava di aromi outsider, i suoi discorsi scritti da Henri Guaino erano bellissimi, la laicità da rivedere, il modello americano e liberale da riconsiderare, il lavoro da produrre e premiare, le aule scolastiche in cui ci si doveva alzare in piedi quando entrava l’insegnante, i riti degli anni Sessanta in esaurimento, il vecchio polveroso gaullismo rimesso a nuovo con la rivoluzione dei cento cantieri di riforma aperti tutti insieme, e il grande parricidio ai danni dell’antiamericano e del suo pupillo De Villepin. Tifammo Sarkozy contro la allora moglie di Hollande, che era una donna di scarse attitudini, ma presentimmo e scrivemmo prima del voto: vedrete che ci deluderà. Puntuale, Sarkozy ha deluso. Qualcosa ha fatto di buono, ma una stupida e sanguinaria guerra neocoloniale decisa al Café de Flore, una vita da fighetta in cerca di piacionismo e sopra tutto l’asse Merkozy, oltre che la fine nell’equivoco della bella idea dell’ouverture à gauche, hanno fatto dell’outsider che il presidente voleva essere il burino inefficace e dannoso che era, purtroppo. Non è che perché uno è stato l’avvocato di Berlusconi può pretendere di rinnovare i fastigi dell’antico cliente. Magari ridendone.

    La novità delle elezioni francesi è una sola. Una personalità troppo nevrotica e insicura, che si atteggia alla forza e all’arroganza, è giudicata male dagli elettori, che premiano di qualche incollatura, cosa mai vista prima, uno sfidante del tutto privo di personalità, ma che accampa insieme a molte scemenze demagogiche un’intuizione giusta, che non è come pensa Tremonti la sua grottesca guerra al fascismo finanziario, ma la rinegoziazione dei termini di un accordo con Berlino che premia le esportazioni tedesche con una gestione folle della crisi del debito pubblico espresso in euro, a danno di Italia, Spagna e Francia. Viva Hollande, dunque, ma in senso politico realista, non per stare a fare i trasformisti. Se poi Sarkozy ce la dovesse fare comunque, in un paese di destra profonda, terrà conto dello schiaffo del primo turno, dell’umiliazione e della grande paura. Tutto da guadagnare, tenendo presente una classe dirigente che non fa faville, ma in un sistema a doppio turno e semipresidenziale che non pone ai francesi lo stesso problema di ineffettualità ridicola tipico del sistema italiano, il bipolarismo senza poteri.

    Resta lo sbalordito e avvilente panorama di piccole bugie, di sonore platitudes e di tic noiosi rappresentato dalla recezione automatica, giornalese, dei fatti di Francia sulla stampa italiana. Ma si può essere tanto scemi?

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    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.