Cucina l'art. 18 in salsa demenziale

Giuliano Ferrara

La zona grigia dell’ipocrisia travolge come sempre la stampa ex borghese e la formazione dell’opinione pubblica (i borghesi seri sono al governo, ma i giornali sono i giornali, cioè poco seri). Si erano segnalati per il silenzio su Sergio Marchionne e la sua battaglia intorno alle relazioni industriali, e gli facemmo all’epoca uno dei nostri marameo denunciando l’ignavia. Ora si segnalano per alcune cosette mica male.

Leggi Monti e Fornero, la cosa giusta di Eugenio Scalfari

    La zona grigia dell’ipocrisia travolge come sempre la stampa ex borghese e la formazione dell’opinione pubblica (i borghesi seri sono al governo, ma i giornali sono i giornali, cioè poco seri). Si erano segnalati per il silenzio su Sergio Marchionne e la sua battaglia intorno alle relazioni industriali, e gli facemmo all’epoca uno dei nostri marameo denunciando l’ignavia. Ora si segnalano, dopo la decisione politica dei borghesi tecnocratici in favore della facoltà di licenziare i dipendenti per ragioni economiche, con adeguate garanzie che non siano il reintegro ope legis deciso da un magistrato, per alcune cosette mica male. La Stampa di Mario Deaglio non commenta, non s’impegna sulla norma Monti-Fornero, ma in compenso derubrica a “demenziale” la T-shirt in cui compare la ilare rima “Fornero-cimitero”. La lingua è una spia. Se la T-shirt è demenziale, l’omicidio Biagi è forse pop, quello D’Antona è postmoderno, e l’esecuzione di un Tarantelli fu rock estremo. Una specie di Monty Python. Ma anche gli altri giornali sono in zona grigia ipocrisia, dicono e non dicono, minimizzano, eguagliano le ragioni della Fornero disgustata e dell’ex ministro offeso. A nessuno viene in mente, come è successo a noi, che la lingua cimiteriale (Camerata basco nero eccetera) è un segnacolo, un retaggio malato anni Settanta che ci portiamo appresso in modo indecente e che la dice lunga, purtroppo, sullo spirito con cui l’Italia si prepara a sedici ore di sciopero generale Cgil e a una battaglia cavilloso-parlamentare intorno alla riforma di una norma di legge di mezzo secolo fa, inventata per un altro mondo e per un altro mercato del lavoro.

    Con toni un po’ da bullo, simpatico ma improbabile, Bersani lancia l’alternativa tra modello tedesco e modello americano. In Germania c’è il vaglio di un magistrato. Ma c’è una socialdemocrazia che ha portato con le riforme di struttura alla piena occupazione e allo sviluppo dell’economia, e c’è la cogestione industriale da decenni. Altro clima, altra realtà del modello sociale. La lotta di classe intesa nel senso tribunizio e barricadero, conservatore e corporativo, non è di casa in Westfalia e nel Palatinato. Poi dice da Vespa, il bullo di Piacenza, che gli imprenditori sono pescecani pronti a licenziarti perché sei gay o ebreo, e che l’ondata di licenziamenti ingiusti sarà coperta dalle ragioni economiche. Chi ci crede? Abituati come siamo all’idea del “posto fisso”, abbiamo paura che la tutela riguardi i lavoratori e non il “posto”, per quanto improduttivo. Ma la Repubblica è fondata sul lavoro, non sul “posto”. Anche il lavoro da incrementare, e in forme non precarie, secondo gli intenti dichiarati e la lettera della riforma Fornero. Questi coraggiosi, che rivendicano le lenzuolate, hanno paura di fare un discorso serio agli italiani. Incapaci nel tempo di trovare soluzioni, anche alternative alla destra cattiva, il discorso serio e responsabile glielo fa il governo tecnocratico. Ma allora non giocano più.
    In Confindustria, altro organo della zona grigia dell’ipocrisia, la partita sarà giocata da Giorgio Squinzi, che ha vinto ai punti. Sarà un’ottima persona, ma non siamo stupiti che abbia vinto su una piattaforma di coesione sociale contro un candidato che sull’articolo 18 non la pensa come Carlo De Benedetti (quella dell’articolo 18 è questione inutile e dannosa, dice l’ex ad di Olivetti). Arriva, dopo la Marcegaglia, un altro sensale del sottopelle coesivo e consociativo? Un altro che vivrà di ipocrisia? Vedremo.

    Perfino Scalfari il Fondatore, di cui pubblichiamo con compiacimento un testo di buona caratura politica, con un chiaro assenso a una riforma storica cui va il dissenso del suo direttore del suo giornale e del suo editore, esita nel dire la verità sul significato della norma: facoltà di licenziare, punto. E si dilunga. La verità in questo paese non è amica del consenso, ma resta verità contro l’ipocrisia.

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.