
Monti-Fornero-Bce-Napolitano non tradiscono la Costituzione
Prima dello Statuto dei lavoratori (1970) la facoltà di licenziare per ragioni economiche c’era. La Costituzione era in vigore. La “giusta causa” fu una conquista sociale ratificata nel diritto, in un mondo economico radicalmente diverso da quello attuale, a frontiere chiuse.
Al direttore - Un socialista che non appartenga agli spiriti animali ma che sia figlio dello spirito razionale dell’eguaglianza, non piange sulla fine della concertazione, del consociativismo parlamentare e consiliare e sulla caduta dell’ideologia del corporativismo sociale. Un socialista, però, sa che tutta questa roba, di cui si annuncia la fine, è nei fondamentali ideologici della Carta costituzionale. Stabilità, governabilità e vincolo estero non sono bestemmie. Sono contenitori di materiale politico e sociale. La Costituzione italiana è fondata sul lavoro, inteso come principio fondamentale (da art. 1 ad art. 12). La Costituzione europea è fondata sulla tutela delle regole del mercato. Le due Costituzioni sono in rotta di collisione.
E’ in corso la costituzionalizzazione del principio della prevalenza assoluta sulla legislazione nazionale dell’ordinamento giuridico europeo attuale e futuro. Questa decisione, senza verifica referendaria popolare, annuncia la fine della Costituzione italiana fondata sul lavoro. Le decisioni del governo Monti in materia di stato sociale, sono coerenti con la lettera Trichet-Draghi, ma non sono in armonia con la nostra Carta costituzionale. Tutto ciò è in regola nel centrodestra, motore degli spiriti animali. Ma come la mettiamo con la sinistra che nacque in Europa e in Italia per tutelare gli spiriti umani? La legittimazione democratica di un governo di tecnici può essere sanata da un voto del Parlamento. Ma la legittimazione democratica di un mutamento costituzionale richiede un voto popolare. Se i provvedimenti del governo Monti, assunti con l’inizio della primavera dell’anno 2012, dovessero aprire la strada a un sussulto di vitalità della sinistra europea e italiana di tradizione socialista, cristiana e libertaria, sarà vera primavera. Altrimenti l’inverno sociale arriverà prima del cambio di stagione. Fraternamente
Rino Formica
Mio carissimo Rino, prima dello Statuto dei lavoratori (1970) la facoltà di licenziare per ragioni economiche c’era. La Costituzione era in vigore. La “giusta causa” fu una conquista sociale ratificata nel diritto, in un mondo economico radicalmente diverso da quello attuale, a frontiere chiuse. L’idea che la lotta popolare dovesse liberare la Resistenza e la Costituzione dall’ombra del tradimento di classe ha prodotto un’ideologia eroica, da un lato, e molti lutti e loschi equivoci d’odio, dall’altro. Non lo devo dire a te che fosti compagno di Ezio Tarantelli, ucciso per la scala mobile, che come la giusta causa era una conquista, non un diritto da difendere dagli oppressori. Né devo dirlo ai postcomunisti e aspiranti socialdemocratici, compagni di Massimo D’Antona. Né ai riformisti moderni sia di destra sia di sinistra, compagni di Marco Biagi. Tu fai un ragionamento politico, con indicazione referendaria, che riguarda in generale il governo tecnocratico e il suo ovvio programma di economia sociale di mercato alla tedesca. Ma è secondo me sbagliato appoggiarsi ai residui ideologici della “democrazia progressiva” protetta dalla Costituzione. Stanno per arrivare giorni duri. Siamo un paese malato, da questo punto di vista. Le persone sane devono accettare senza cupo moralismo, e senza cedimenti al vecchio e turpe vizio del massimalismo, il cambiamento di una norma che non ha più altro senso se non quello di bloccare l’economia e l’occupazione, e offrire falsa protezione al “posto di lavoro”. La norma Monti-Fornero-Bce-Napolitano è una vittoria del lavoro, non il tradimento della Costituzione.


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