
Se sull'articolo 18 vince la Fornero cambia qualcosa, se no, no
La mia impressione è che se sull’articolo 18 vince la Fornero, con il suo bagaglio di competenze, i suoi amici professori amici di un welfare liberalizzato e aperto, i suoi legami con l’establishment della Torino borghese, si fa qualche progresso. Se vincono la Camusso e la Marcegaglia, con il condizionamento decisivo di due apparati associativi conservatori, con la rispettabile ma opacizzata tradizione delle vecchie relazioni sindacali e della vecchia concertazione politica, non ci si muove di un passo.
La mia impressione è che se sull’articolo 18 vince la Fornero, con il suo bagaglio di competenze, i suoi amici professori amici di un welfare liberalizzato e aperto, i suoi legami con l’establishment della Torino borghese, si fa qualche progresso. Se vincono la Camusso e la Marcegaglia, con il condizionamento decisivo di due apparati associativi conservatori, con la rispettabile ma opacizzata tradizione delle vecchie relazioni sindacali e della vecchia concertazione politica, non ci si muove di un passo. Alla fine forse si troverà un compromesso, forse il compromesso effettivo sarà mascherato da un diritto al mugugno e alla protesta molle e corta, forse salterà ogni accordo e ci sarà una inutile turbolenza contro un governo corazzato dalla propria legittimazione emergenziale, un esecutivo che non deve letteralmente mettere ai voti le riforme sociali. Di sicuro c’è che la battaglia è contro l’immobilismo, e purtroppo i due maggiori fattori di immobilismo sono i sindacati massimalisti e corporativi e il padronato furbo, pigro e incapace di alcuna visione del futuro possibile.
Il demoniaco fascino della concertazione o coesione sociale o codecisione astratta fra potenze politico-sociali estranee alle vere regole della contrattazione d’impresa e del lavoro già ristrutturato dall’evoluzione della società capitalistica, alla vera vita di aziende che investono poco, fanno poca ricerca, s’impigliano nella sovvenzione a pioggia, è noto da decenni. Produce un sistema di diritti inesigibili, produce disoccupazione, in particolare giovanile, produce disperazione al sud, produce la stasi dell’investimento dall’estero, produce quella particolare e inaudita convergenza su bassi salari, su un egualitarismo di principio smentito dalla condizione reale della gente che lavora e che non lavora o che lavora in modo precario. Questo paese è tormentato dall’appello ideologico piagnone, dalla convergenza d’intenti mai pragmatica, con la testa sempre rivolta al passato, a documenti scritti da Giacomo Brodolini, grande socialista riformista, in un tempo in cui chi scrive era un bambino e la struttura del lavoro, e del capitale, era radicalmente diversa da quella di adesso, in Italia, in Europa, nel mondo. Anche i giacimenti di carbone dei minatori di Scargill erano una posta in gioco poco più che simbolica, come l’articolo 18, ma la battaglia della Thatcher fu decisiva.
I liberisti sono marxisti rovesciati. Sanno, perché la loro è una sociologia seria, che il lavoro si difende attaccando il rapporto di sfruttamento, nello scontro tra profitto e salario, che è un conflitto tra consanguinei, tra classi che producono un ordine, non il caos impazzito a cui si assiste quando ci si rivolta contro le regole ovvie della globalizzazione dei mercati o contro il funzionamento della fabbrica capitalistica o del regime dei servizi in cui consiste il grosso della produzione e dell’incremento della ricchezza oggi. E’ la infausta teoria pansindacalista degli anni Sessanta che ha trasformato i lavoratori da sfruttati, cioè soggetti di un rapporto sociale che si chiama capitalismo, a oppressi ovvero sudditi di una società che nega diritti. L’estensione dei diritti astratti a scudo sociale unico è il grande inganno ideologico in un regime di produzione e lavoro in cui il vero potere degli sfruttati (uso questo temine per una ragione non solo stilistica) è il livello dei loro salari e la continua creazione di nuova base occupazionale: un forte potere d’acquisto dei lavoratori e un mercato generoso di occasioni sono la condizione di base per l’esercizio di un responsabile ed efficace potere sindacale, basta guardare all’America. In Italia la missione delle Camusso e delle Marcegaglia è sempre stata, con ottimi risultati, quella di trascurare la condizione salariale delle aziende e di partecipare alla riduzione della base di lavoro disponibile, fino al necessario rigonfiamento del paralavoro selvaggiamente flessibilizzato ai margini delle protezioni simbolicamente riassunte nell’articolo 18. Se vincono loro, continua così: bassa crescita, bassi salari, poco lavoro. Se vince la Fornero, forse qualcosa può cambiare.


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