
Tutti per l'Italia (meno uno)
La proposta referendaria è suggestiva, ma impraticabile a norma di Costituzione. Invece la nostra idea di un superamento del Pdl o della Pdl, che non ha funzionato, e della sua sostituzione con un cartello elettorale moderato denominato “Tutti per l’Italia”, dunque aperto a una coalizione di unità programmatica nazionale per l’anno 2013, ha uno scopo realistico.
Al direttore – Quando lo scontro politico si riduce ad un duello a distanza tra le paure del palazzo ed il disprezzo della strada, vuol dire che il Paese è già con un piede nell’avventura. Il palazzo studia come perpetuare il potere compromesso e invoca un sempre più soffocante vincolo estero. La strada, rassegnata e senza forza, conta i giorni che la separano dalla fine e si domanda se vale ancora la pena di difendere il Paese. I guardiani del palazzo vogliono fermare il tempo e chiedono che il governo Monti si eternizzi. Gli irregolari della strada si dedicano al tiro al poliziotto nella illusione che possa divampare la fiamma della soluzione finale. Bisogna scomporre questo gioco perverso che è sul punto di travolgere tutto e tutti.
Il Presidente della Repubblica, che con coraggio e lucidità ha assunto la responsabilità di coprire con la sua personale ed istituzionale autorevolezza un governo anomalo e atipico, dovrà spiegare a tutti cosa il palazzo non può fare e ciò che la strada deve imparare a fare. Deve dire al Paese (non ci interessa se con un messaggio formale al Parlamento, o con un discorso alla Tv) se l’Italia è un Paese normale, autonomo e sovrano così come egli stesso lo disegnò il 5 luglio del 1994 dopo la vittoria elettorale di Berlusconi quando affrontò l’inedito tema: “Quale opposizione e quale governo nel maggioritario”.
Allora seppe trovare le parole giuste. “La opposizione dovrebbe avere tre tratti essenziali: primo consentire al governo di governare, anzi, obbligare il governo a governare senza alibi per ogni sorta di inazione; secondo, assumere un forte profilo propositivo e contropropositivo; terzo, porre con grande fermezza e concretezza il problema delle regole… Forse si deve impedire al governo di governare, se non si comporta bene? Si deve scivolare su tattiche dilatorie se non ostruzionistiche? Io credo che questo sia veramente un modo scorretto e fuorviante di impostare la questione. Credo che imperniandola su quei tre aspetti essenziali si configura invece una opposizione seria e capace di dare filo da torcere al governo. Il governo presenti le sue leggi, le sostenga con la sua maggioranza. L’opposizione le contrasterà più o meno energicamente a seconda del loro contenuto. Presenterà sue controproposte, ma non mirando fondamentalmente a correttivi per via emendativa. L’essenza dello forzo deve essere altrove, nel contrapporre una linea alternativa, una politica alternativa, dal momento che poi in Parlamento si discute di leggi, ma anche di politiche tout court attraverso dibattiti d’indirizzo”.
Il Presidente della Repubblica oggi deve trovare le parole giuste per dirci che dopo 18 anni la cosiddetta Seconda Repubblica è scivolata perché ha disatteso i suoi suggerimenti del 1994. Oggi gli chiediamo con il rispetto e la stima antica di dirci cosa devono fare le forze politiche nella nuova condizione storica. In breve, come si può vivere in democrazia dell’alternativa dopo aver distrutto proporzionale e maggioritario e dopo aver giocato con leggi elettorali contorte e mal confezionate.
Tra sei mesi entriamo nel semestre bianco. Tra un anno scade il mandato del Presidente della Repubblica. Chi potrà coprire una situazione istituzionale e democratica non risolta? Tra un anno dovremo aggiungere a tutti i motivi di crisi incancreniti, anche una elezione al buio del Presidente della Repubblica? Chi ci aiuterà? La politica è impopolare per gli intrighi di palazzo e per il malessere di strada, mentre il ruolino di marcia della vita nazionale segue i comandi cadenzati fissati dal Trattato di Bruxelles del “Fiscal compact”. Tra un anno non ci troveremo intorno a un “tutti insieme” ma ci fronteggeremo con un “tutti contro tutti”. Non basterà congelare il Presidente della Repubblica e il Presidente del Consiglio, come suggerisce Scalfari. Si dovrà innanzitutto chiedere agli italiani se vogliono stare in Europa e, se sì, come stare in Europa. Con un referendum subito!
Fraterni saluti, Rino Formica.
La proposta referendaria è suggestiva, ma come lei sa benissimo impraticabile a norma di Costituzione. Invece la nostra idea di un superamento del Pdl o della Pdl, che non ha funzionato, e della sua sostituzione con un cartello elettorale moderato denominato “Tutti per l’Italia”, dunque aperto a una coalizione di unità programmatica nazionale per l’anno 2013, ha uno scopo realistico: dotare il Parlamento e il paese, se il cartello da Casini a Berlusconi (Ppe) avesse successo, di una maggioranza esplicitamente disponibile a fare un tratto di strada riformatrice in collaborazione con un cartello progressista che lavori, anch’esso esplicitamente, nella stessa direzione, sotto il segno dell’esperienza Monti e nel solco di altre esperienze europee come la Grosse Koalition tedesca (può succedere l’inverso, la vittoria del cartello progressista, ma è sostanzialmente la stessa cosa). Il bipolarismo conflittuale e ideologico è morto con il conflitto di interessi e il ritiro di Berlusconi. Qualcosa di sensato dovrà pure sostituirlo. Insensato il riproporsi di uno schema a cui non crede più nessuno: fronti contrapposti, con un Terzo polo redditizio ma impotente, e poi botte da orbi come al solito. Sul nulla. Anche a me piacerebbe un’Italia emancipata, capace di decidere con il palazzo e con la strada perfino del suo destino in Europa. Ma non la vedo. Paghiamo un prezzo, quello da lei indicato dell’ingovernabilità e della mancanza di alternative. Stavolta non riusciremo a ottenere dilazioni o sconti.


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