
Cav. senza buco
Quando quelli di Repubblica e delle procure guardavano nel buco della serratura di Casoria, di Arcore, di Palazzo Grazioli vedevano un presidente del Consiglio dei ministri e un simbolo politico intimidente, un Caimano pronto a mangiarsi l’Italia in un sol boccone.
Quando quelli di Repubblica e delle procure guardavano nel buco della serratura di Casoria, di Arcore, di Palazzo Grazioli vedevano un presidente del Consiglio dei ministri e un simbolo politico intimidente, un Caimano pronto a mangiarsi l’Italia in un sol boccone. Contro le sue abitudini private si potevano scatenare l’adunata neopuritana del Palasharp, il ragazzino tredicenne intento a erigere il patibolo in nome dell’innocenza, una quantità di accuse di stato in molte salse. Berlusconi era un concussore, un utilizzatore finale, un sexual addict, un ricattatore, anzi no, un ricattato, e i suoi regali, le sue sonatine con Apicella, i video con Bush, il Sanbittèr, il suo tempestoso divorzio, le amicizie borderline, mille altre mezze verità o propalazioni morbose avevano un qualche senso, almeno in un paese che si nutriva di una cultura di regime o antiregime e di una ridicola fobia antitirannica.
Ma ora? Ora Berlusconi o il Cav. si rivela l’ennesima ciambella moralistico giudiziaria uscita senza il buco. Non è più il Drago delle furiose esternazioni di Veronica, il simbolo del male per gli arcinemici che si impossessarono di una rottura matrimoniale; non è più l’oggetto di una battaglia di arresto di tipo politico contro un capo del governo indegno, infatti non è più il capo del governo, è un ex presidente che ha dato il via all’esperimento tecnocratico di salvezza nazionale e lo sostiene con poco mugugno e molta lealtà, e infiniti silenzi di là da quella, con un senso dello stato e dell’emergenza riconosciuto con mille ringraziamenti al venerato predecessore dall’uomo più sobrio d’Italia, d’Europa, e forse del mondo (e seguito nella scia dalla pasionaria Santanchè pronta a dirsi sorella, tra i fiori freschi di Michel Martone, di Elsa Fornero e Anna Maria Cancellieri). Così il processo Ruby si rivela per quel che è sempre stato per noi uomini e donne di mondo: una canea giudiziaria che lacera vite private e “corpi delle donne”, un’Inquisizione spagnola a Milano contro un uomo che seduce, che sparge intorno a sé elisir d’amore, che non è toccato da alcuna delle accuse così frequenti di violenza predatrice destinate a maschi italiani e internazionali, anche molto di sinistra, anche molto perbene quando vestiti della grazia dello stato e della cultura mainstream.
Non sono più in primo piano terribili leggi ad personam, maggioranze parlamentari asservite, ricatti di palazzo, libertà dei giudici di fronte alla Gorgona del potere smisurato di un capo dell’esecutivo, alibi da Corte costituzionale e da conflitto di attribuzione come la nipote di Mubarak, gaffe e cortocircuiti mediatici del bunga bunga. Tutto finito. Tutto in pensione con nonno Silvio e nonno Mario. Tutto è ridotto alle sue vere dimensioni; divertissement privati di un uomo privato, di un imprenditore e impresario di tv che ha sempre amato le belle giovani donne, che ha sempre tempestato di regali, di privilegi cortigiani da lui stesso pagati i suoi amici di bisboccia, gran pasticcioni. L’effetto è surreale, ma triste. La violenza contro il simulacro del potere, unica giustificazione eticheggiante dei republicones e delle Boccassini, cede il passo alla violenza contro le persone, le donne trasformate in puttane e lo scherzoso cherubino di piacere trasformato in immondo puttaniere. Dopo la sua pacifica, benevolente uscita di scena, che ha battezzato la grande epoca dell’austerity, la persecuzione in giudizio per sporcaccioneria del Cav. e delle olgettine perde anche il velo che la separava da una fosca, ipocrita persecuzione puritana. All’italiana.


Il Foglio sportivo - in corpore sano
Fare esercizio fisico va bene, ma non allenatevi troppo
