
I coglioni anonimi dello spread, una piccola storia sinistra
Vorrei prima di ogni altra cosa, quanto a buoni proponimenti per l’anno incipiente, che coloro i quali hanno detto sonoramente “caduto Berlusconi, spread in ribasso” ammettessero di essere stati un po’ coglioni. Tutti siamo stati, chi più chi meno, chi prima chi poi, un po’ coglioni. E quelli che lo sanno, lo ammettono, lo hanno riconosciuto in circostanze varie, meritano il rispetto degli altri. Quelli che se ne fottono non meritano alcun rispetto. Anzi, sarebbe bello se i grandissimi cazzoni che si sono illustrati in questa acrobazia si associassero in una specie di alcolisti anonimi, coglioni anonimi.
Vorrei prima di ogni altra cosa, quanto a buoni proponimenti per l’anno incipiente, che coloro i quali hanno detto sonoramente “caduto Berlusconi, spread in ribasso” ammettessero di essere stati un po’ coglioni. Tutti siamo stati, chi più chi meno, chi prima chi poi, un po’ coglioni. E quelli che lo sanno, lo ammettono, lo hanno riconosciuto in circostanze varie, meritano il rispetto degli altri. Quelli che se ne fottono, che si preparano ad ammannire altre verità preconfezionate, propagandistiche, faziose e farlocche, e senza avere minimamente risposto in pubblico e responsabilmente della loro sciocca presunzione, della loro boria di verità, della loro estrema partigianeria, non meritano alcun rispetto. Banchieri, giornalisti, esperti, leader politici: la lista è interminabile, e qui non si fanno inutilmente i nomi, non si proscrive nessuno. Anzi, in funzione politicamente pedagogica, sarebbe bello se i grandissimi cazzoni che si sono illustrati in questa acrobazia si associassero in una specie di alcolisti anonimi, coglioni anonimi, e si godessero la vita ma sapendo, nel loro intimo, che hanno politicamente, socialmente, umanamente, culturalmente prosperato in ragione di una ingenerosa cazzata.
Berlusconi ne ha sbagliate parecchie. Io ne ho sbagliate anche di più. Tu che leggi qualcosina l’avrai sbagliata anche tu. Ma quelli dello spread sono nella situazione peggiore, perché hanno esposto il loro retto giudizio, e la loro onestà, su un fronte tossico per il paese, e hanno sputtanato gravemente anche le buone ragioni della legittima opposizione a Berlusconi. Michele Serra faccia dunque meno lo spiritoso, lui che è così sensibile alle buone ragioni in generale, e la smetta di dire che quella sullo spread incambiato dopo la caduta di Berlusconi è una solfa contropropagandistica indegna di una civile pubblicistica. Tra le tribune che hanno reso possibile quella turlupinatura, molte sono di sua stretta pertinenza, a stampa e televisiva.
Alla luce della fatale e grottesca affermazione, naufragata in modo tanto clamoroso dopo una verifica ormai duratura e insindacabile, andrebbe rivista tutta la storia politica dell’attacco ossessivo, compulsivo, disordinato e fanatico, a Berlusconi e al suo governo. In quel grido bugiardo, verificatosi come segnacolo in vessillo del perfetto sprovveduto, stava la verità psicologica sinistra di un’opposizione cieca, senza alternative, determinata solo e soltanto a distruggere per distruggere, incurante dell’interesse all’equilibrio e alla razionalità che, specie in epoca di crisi, dovrebbe guidare le scelte civili. Lo spread ci ha accompagnato intonso con una manovra dura e recessiva, contro la quale nessun berluscones ha levato una mano demagogica in Parlamento, e non ci vuole assolutamente lasciare, nemmeno adesso che Monti, il successore di Berlusconi che non fa della discontinuità la sua bandiera, viaggia per l’Europa e per le tv con lo scopo di spiegare almeno in parte la verità delle cose: la crisi finanziaria dipende dal malgoverno dell’euro, altro che Berlusconi. E Lady Spread sta lì con la sua brutta faccia da malvissuta anche adesso che un Bersani si è messo a dire parole di fuoco sul direttorio franco-tedesco, finalmente.
Non è stata una gaffe, è stata la bandiera di frastornante stupidità di un esercito di mestatori che ha inquinato la legittima battaglia contro Berlusconi. Non ne deriva, dal ristabilimento della realtà dei fatti, che noi avevamo ragione; ma che loro avevano torto, questo sì.


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