Ungheria libera (o no?)

Giuliano Ferrara

Trattandosi di Pierluigi Battista, dubbi e sospetti non ce ne sono: è convinto che in Ungheria stia succedendo il peggio, sotto il profilo delle libertà democratiche, e appoggia chi vuole scongiurarlo con ogni mezzo. Battista ha scritto mille volte della farlocca e ideologizzante opposizione al regime berlusconiano negatore di libertà. Non il Foglio ma il governo Orban sostiene il proprio diritto parlamentare a cambiare Costituzione e regime politico con il consenso dei due terzi delle Camere, fa i conti a suo modo con la storia ungherese, risolve in indipendenza alcuni nodi storici e ideologici di quella società.

    Trattandosi di Pierluigi Battista, dubbi e sospetti non ce ne sono: è convinto che in Ungheria stia succedendo il peggio, sotto il profilo delle libertà democratiche, e appoggia chi vuole scongiurarlo con ogni mezzo. Ma nel merito Battista sbaglia, a nostro avviso. Il sospetto di una confusione orchestrata intorno al caso ungherese c’è. E’ legittimo il sospetto che ancora una volta, e ora in forma molto meno blanda di quella adottata verso Berlusconi e i suoi anni folli, certa Europa istituzionale e certi ambienti del Dipartimento di stato americano avanzino una loro interpretazione arbitraria dei liberi sviluppi nazionali di un popolo, sopravvalutando in modo spettacolare l’esistenza di una cattedra universale di democrazia e di virtù civica laica, e una corrispondente dottrina da inculcare con ogni mezzo, aiutando i mercati e gli organi internazionali di mercato. “E’ giusto che un europeo abbia la libertà di eccepire…”, certo.

    Václav Havel è stato un affascinante esperimento di benevolenza storica testimoniata verso le cose buone e giuste. Però non è il modello antropologico unico imponibile a ogni nazione del continente come una tassa per l’Europa. Noi poi viviamo in un paese in cui si è approdati a un governo tecnocratico, che consideriamo senza pregiudizi nella sua opera ma la cui natura originaria è estranea ai fondamenti di una democrazia elettorale compiuta; e ci si è arrivati partendo dai processi sommari a mezzo media, dalle adunate facinorose e di boicottaggio indirizzate alla tirannide di Berlusconi, dalle fanfaluche contro la perdita della libertà di stampa in Italia, dalle aperte irrisioni su un podio di Bruxelles, con la ampia collaborazione fattuale dei mercati e del governo europeo dei mercati (il governo della moneta, non un complotto).

    Battista ha scritto mille volte della farlocca e ideologizzante opposizione al regime berlusconiano negatore di libertà. Non il Foglio ma il governo Orban sostiene il proprio diritto parlamentare a cambiare Costituzione e regime politico con il consenso dei due terzi delle Camere, fa i conti a suo modo con la storia ungherese, risolve in indipendenza alcuni nodi storici e ideologici di quella società. Criticabile, anche aspramente, certo. Ma le nazioni esistono ancora, e così i popoli, e sovrapporre istituzionalmente una uniforme e inesistente carta di valori, frutto di alchimie e di expertises burocratiche, alla loro libertà è parecchio sconveniente. La cultura che orchestra la campagna d’Ungheria non sembra liberal-conservatrice o liberal-progressista, due anime dell’Europa che a noi piacciono, ma giacobina: e questo non va bene. A Strasburgo e all’Onu vogliono anche spiegare coattivamente ai vescovi come la si deve pensare in materia di demografia, matrimonio, famiglia, aborto. Non è un po’ troppo?

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.