Cosa manca all'impeccabile Preside

Giuliano Ferrara

Il preside è stato impeccabile. Direi che non ha sbagliato una mossa. Ha parlato per ore come una macchina sputa-informazioni, rispondendo a domande precise ed esponendo la logica e l'agenda delle cose fatte e da fare da parte del governo dei tecnocrati, il consiglio di facoltà bocconiano che ci guida per scelta d'emergenza del capo dello stato e per la resa senza molte condizioni della politica e dei partiti.

Guarda la puntata di Qui Radio Londra sul Preside tra le nuvole - Leggi Le mosse (in sordina) di Monti per pesare in Europa - Leggi Le direttive del Preside con pochi annunci, tanta ironia e molto rigore - Leggi Monti risolve (a metà) l'eurogiallo sui debiti statali

    Il preside è stato impeccabile. Direi che non ha sbagliato una mossa. Ha parlato per ore come una macchina sputa-informazioni, rispondendo a domande precise ed esponendo la logica e l'agenda delle cose fatte e da fare da parte del governo dei tecnocrati, il consiglio di facoltà bocconiano che ci guida per scelta d'emergenza del capo dello stato e per la resa senza molte condizioni della politica e dei partiti. Essendo un tecnico, avrebbe dovuto annunciare decreti e proposte concrete; invece ha esposto il filo di una politica ovvero di un pacchetto di nuove misure ancora da definire in capitoli complementari alla grande manovra d'esordio, contestata e molto controversa. Lo spin ha funzionato: Monti è stato portavoce efficace di sé stesso, dopo il consiglio del giorno prima, culminato nel silenzio e nella propalazione ferreamente controllata di poche cose scelte di cui giornali e tv si limitarono a prendere atto (la legge Monti, il fuoco su mercato, concorrenza, altre riforme giuslavoriste, il trasferimento dei grandi problemi del debito alla battaglia per le risorse in Europa, con Merkel e Sarkozy, e un occhio a Cameron).

    Il preside non portava grandi risultati, sebbene l'annientamento dell'anzianità previdenziale sia un record penoso da citare per le sue conseguenze sociali ma sicuro certificato di potenza decisionale, e non è stato guascone: ha detto che è abbastanza soddisfatto per i Bot al tre e rotti per cento, non troppo deluso per i Btp un pochino sotto i precedenti esosi tassi di interesse, e ha spiegato che la blandamente calante Lady Spread è meno aggressiva di quanto sembri, visti i minori acquisti della Banca centrale di Francoforte rispetto a quando la signora faceva i suoi picchi di novembre scorso, ma ancora non ci si può fidare.
    Monti gioca la carta del fair play, cita Berlusconi e le acquisizioni del governo che lo ha preceduto sine ira ac studio, si colloca in continuità repubblicana con il paese di cui è alla guida e con i suoi interessi e impegni internazionali, menziona i partiti di destra e di sinistra e il loro possibile rapporto con le scelte del governo su liberalizzazioni e mercato del lavoro con sapienza, cercando di sollecitare quel che è al centro del suo potere reale di decidere: un Parlamento che non deve tanto parlare quanto negoziare in limiti assai ristretti con la cupola tecnica insediata al governo, senza alternativa alcuna, e poi soprattutto votare, compattamente, e rendere possibile il completamento del programma istituzionale, sempre sotto la dittatura condizionale del rapporto tra Italia ed Europa merkozyana, tra Italia e mercati finanziari mondiali, tra partiti e opinione pubblica impaurita e radicalizzata ma diffidente oggi di un governo politico fuori della realtà (“dovremmo essere a zero nei sondaggi, che valuto ancor meno dello spread”, ha detto con ironia flautata e un po' callida Monti, “eppure siamo molto sopra lo zero”).

    Monti rassicura. Mette ordine senza intimidire. Cerca in tutto una via media non demagogica, l'innovazione che realizza è di stile, niente larghi sorrisi fatali, niente vernacolo bolognese, niente spirito gradasso, ma un linguaggio ironizzante e crudo, calcolato per convincere freddamente e per essere inattaccabile, che sembra fatto apposta per curare le conseguenze di un'epoca di sogni e di incubi, l'epoca segnata dal maggioritario, dalla politica personalizzata, dallo schema Berlusconi-contro-gli-anti-Berlusconi. Se davvero nei prossimi mesi gli riuscisse di raffreddare i mercati spuntandone l'aggressività con risorse commisurate alla loro avidità messe a disposizione dall'Europa tedesca, impegnando al tempo stesso il paese in un stagione di vere riforme, da quella fiscale a quelle del mercato e della concorrenza, diventerebbe il demiurgo di una svolta non solo italiana, ma internazionale, e come tale sarebbe celebrato. Ma che ce la si possa fare con mezzi compunti e compatibili, senza il fuoco nella pancia, senza l'impatto di un governo politico che difende la sovranità e la libertà di indirizzo di un paese in nome della maggioranza che lo ha legittimato, questo è un altro discorso. La triade rigore equità e crescita è una trovata retorica per parare i colpi, ma il contrasto alla recessione con l'austerità è almeno in parte un ossimoro, e una cura del debito fondata sullo sviluppo, che si realizzi con l'incremento della ricchezza prodotta e consumata ed esportata, ecco una formula che richiede squilibrio sociale e territoriale, che esige trascinamento e un ottimismo non di maniera. Cose che a Monti mancano. Almeno per adesso.  

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    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.