Cosa manca all'impeccabile Preside
Il preside è stato impeccabile. Direi che non ha sbagliato una mossa. Ha parlato per ore come una macchina sputa-informazioni, rispondendo a domande precise ed esponendo la logica e l'agenda delle cose fatte e da fare da parte del governo dei tecnocrati, il consiglio di facoltà bocconiano che ci guida per scelta d'emergenza del capo dello stato e per la resa senza molte condizioni della politica e dei partiti.
Guarda la puntata di Qui Radio Londra sul Preside tra le nuvole - Leggi Le mosse (in sordina) di Monti per pesare in Europa - Leggi Le direttive del Preside con pochi annunci, tanta ironia e molto rigore - Leggi Monti risolve (a metà) l'eurogiallo sui debiti statali
Il preside è stato impeccabile. Direi che non ha sbagliato una mossa. Ha parlato per ore come una macchina sputa-informazioni, rispondendo a domande precise ed esponendo la logica e l'agenda delle cose fatte e da fare da parte del governo dei tecnocrati, il consiglio di facoltà bocconiano che ci guida per scelta d'emergenza del capo dello stato e per la resa senza molte condizioni della politica e dei partiti. Essendo un tecnico, avrebbe dovuto annunciare decreti e proposte concrete; invece ha esposto il filo di una politica ovvero di un pacchetto di nuove misure ancora da definire in capitoli complementari alla grande manovra d'esordio, contestata e molto controversa. Lo spin ha funzionato: Monti è stato portavoce efficace di sé stesso, dopo il consiglio del giorno prima, culminato nel silenzio e nella propalazione ferreamente controllata di poche cose scelte di cui giornali e tv si limitarono a prendere atto (la legge Monti, il fuoco su mercato, concorrenza, altre riforme giuslavoriste, il trasferimento dei grandi problemi del debito alla battaglia per le risorse in Europa, con Merkel e Sarkozy, e un occhio a Cameron).
Il preside non portava grandi risultati, sebbene l'annientamento dell'anzianità previdenziale sia un record penoso da citare per le sue conseguenze sociali ma sicuro certificato di potenza decisionale, e non è stato guascone: ha detto che è abbastanza soddisfatto per i Bot al tre e rotti per cento, non troppo deluso per i Btp un pochino sotto i precedenti esosi tassi di interesse, e ha spiegato che la blandamente calante Lady Spread è meno aggressiva di quanto sembri, visti i minori acquisti della Banca centrale di Francoforte rispetto a quando la signora faceva i suoi picchi di novembre scorso, ma ancora non ci si può fidare.
Monti gioca la carta del fair play, cita Berlusconi e le acquisizioni del governo che lo ha preceduto sine ira ac studio, si colloca in continuità repubblicana con il paese di cui è alla guida e con i suoi interessi e impegni internazionali, menziona i partiti di destra e di sinistra e il loro possibile rapporto con le scelte del governo su liberalizzazioni e mercato del lavoro con sapienza, cercando di sollecitare quel che è al centro del suo potere reale di decidere: un Parlamento che non deve tanto parlare quanto negoziare in limiti assai ristretti con la cupola tecnica insediata al governo, senza alternativa alcuna, e poi soprattutto votare, compattamente, e rendere possibile il completamento del programma istituzionale, sempre sotto la dittatura condizionale del rapporto tra Italia ed Europa merkozyana, tra Italia e mercati finanziari mondiali, tra partiti e opinione pubblica impaurita e radicalizzata ma diffidente oggi di un governo politico fuori della realtà (“dovremmo essere a zero nei sondaggi, che valuto ancor meno dello spread”, ha detto con ironia flautata e un po' callida Monti, “eppure siamo molto sopra lo zero”).
Monti rassicura. Mette ordine senza intimidire. Cerca in tutto una via media non demagogica, l'innovazione che realizza è di stile, niente larghi sorrisi fatali, niente vernacolo bolognese, niente spirito gradasso, ma un linguaggio ironizzante e crudo, calcolato per convincere freddamente e per essere inattaccabile, che sembra fatto apposta per curare le conseguenze di un'epoca di sogni e di incubi, l'epoca segnata dal maggioritario, dalla politica personalizzata, dallo schema Berlusconi-contro-gli-anti-Berlusconi. Se davvero nei prossimi mesi gli riuscisse di raffreddare i mercati spuntandone l'aggressività con risorse commisurate alla loro avidità messe a disposizione dall'Europa tedesca, impegnando al tempo stesso il paese in un stagione di vere riforme, da quella fiscale a quelle del mercato e della concorrenza, diventerebbe il demiurgo di una svolta non solo italiana, ma internazionale, e come tale sarebbe celebrato. Ma che ce la si possa fare con mezzi compunti e compatibili, senza il fuoco nella pancia, senza l'impatto di un governo politico che difende la sovranità e la libertà di indirizzo di un paese in nome della maggioranza che lo ha legittimato, questo è un altro discorso. La triade rigore equità e crescita è una trovata retorica per parare i colpi, ma il contrasto alla recessione con l'austerità è almeno in parte un ossimoro, e una cura del debito fondata sullo sviluppo, che si realizzi con l'incremento della ricchezza prodotta e consumata ed esportata, ecco una formula che richiede squilibrio sociale e territoriale, che esige trascinamento e un ottimismo non di maniera. Cose che a Monti mancano. Almeno per adesso.
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