Costituzionalisti con voluttà di esproprio, ah come vi detesto

Giuliano Ferrara

La voluttà d'esproprio. Il gusto di togliere ciò che è suo alla società. Di rubare diritti agli individui. Gli dai il diritto di morire, quello sì, e di non avere figli indesiderati, e di farsi una cultura fatta di diete, fitness, paure ambientali e principio di precauzione. Gli dai l'apocalisse come sfondo, la colpa invece della responsabilità, l'ideologia gregaria di stato detta “costituzionalismo” invece della libertà di intendere, di volere, di fare. Ma non il semplice potere di votare.

    La voluttà d'esproprio. Il gusto di togliere ciò che è suo alla società. Di rubare diritti agli individui. Gli dai il diritto di morire, quello sì, e di non avere figli indesiderati, e di farsi una cultura fatta di diete, fitness, paure ambientali e principio di precauzione. Gli dai l'apocalisse come sfondo, la colpa invece della responsabilità, l'ideologia gregaria di stato detta “costituzionalismo” invece della libertà di intendere, di volere, di fare. Ma non il semplice potere di votare. Non quello di fare qualcosa per diventare più forti, più protettivi e più ricchi come famiglie, come imprese, come cittadini.

    In una parola Gustavo Zagrebelsky, che dopo il famigerato Palasharp, l'adunata talebana con il tredicenne a comizio contro il Berlusconi galante e seduttore, si è ritrovato con i suoi pari sotto l'alto patrocinio del Quirinale e della Corte costituzionale per dire le solite scemenze moralistiche sulla necessità della tecnocrazia come scudo contro la deriva della democrazia nell'epoca del populismo, a nome delle generazioni future che meritano il nostro doverismo. Che furbetto, questo azionista torinese, che straordinario guru per uno stato capace di requisire il diritto elettorale peggio dei greci, degli irlandesi, degli spagnoli che poi sono gli ultimi arrivati alla democrazia moderna, ma la sanno usare.

    E' un male mortale, la voluttà di esproprio, non c'è cura, è genetico e insieme storico-ambientale. L'Italia ne è affetta, forse incurabilmente. Certo per la mia generazione finalmente morente, e chissà che la prossima se ne liberi. Io sono un vecchio comunista andato a male, lo sapete, a trent'anni mi sono spiaccicato da anticomunista insieme con il comunismo nella sua versione fiacca e tormentata, italiana, crollata poi dieci anni dopo sotto le macerie di un muro. Ma avendo fatto a suo tempo la mia abiura, in un paese di finti don Giovanni che non si pentono mai, ho imparato qualcosina, non tanto ma abbastanza per me, del liberalismo: un metodo fatto di fiducia nel possibile quando la situazione è aperta, e radicale sfiducia nelle situazioni chiuse. Per questo ho combattuto il laicismo come ideologia, perché chiude alla possibilità che abbia ragione il Papa, che il cristianesimo sia rilevante nella vita pubblica, che Nietzsche fosse geniale e matto insieme nel suo terrore della verità, dell'oggettivo essere di ciò che è.

    Il costituzionalismo è tante cose. Sabino Cassese ha saputo scrivere pagine magnifiche di storia dello stato italiano attraverso la storia dello stato fascista, e Calamandrei seppe dirlo che i magistrati devono essere bocca della legge. Ma il costituzionalismo come ideologia di guerra, come “precauzione” contro la volontà politica della nazione iscritta nelle liste elettorali, titolare di un diritto, questo costituzionalismo che oggi fa la legge, e domani vorrebbe fare la storia con l'alibi del populismo, dei cambiamenti climatici e di altre sesquipedali balle, ah, come lo detesto.

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.