Una grande vittoria dietro le spalle
Non siamo vedovi né orfani di niente. La marea tripartita sale, confonde tutto, ci obbliga a studiare meglio i problemi concreti e a limitare il nostro amore per le idee, le tendenze, le avventure dello spirito politico, tramontato in favore dei minimalismi tecnocratici e degli smignottamenti parlamentari che prefigurano forse un nuovo sistema di partiti, speriamo non banalmente restaurativo e proporzionalistico e demo-cristiano-centrista.
Non siamo vedovi né orfani di niente. La marea tripartita sale, confonde tutto, ci obbliga a studiare meglio i problemi concreti e a limitare il nostro amore per le idee, le tendenze, le avventure dello spirito politico, tramontato in favore dei minimalismi tecnocratici e degli smignottamenti parlamentari che prefigurano forse un nuovo sistema di partiti, speriamo non banalmente restaurativo e proporzionalistico e demo-cristiano-centrista. Il Cav. si è sfracellato dal quinto piano, è fuggito di fronte alle sue responsabilità, ha pagato le sue colpe politiche, ha ceduto il passo a una classe tecnica alla quale bisogna concedere forse un qualche rigore, una qualche capacità di mettere ordine, ma dalla quale non ci si aspetta che sappia volare. La consolazione però c'è. Berlusconi ha una grande vittoria dietro le spalle. La rovina finale non toglie dalla vista il paese riformato e scombussolato che felicemente la sua anomalia ora normalizzata ci lascia, basti pensare alla facilità con cui prima di lui i prelievi forzosi inutili si facevano alla chetichella e alla diffidenza popolare attuale verso le mosse di ingegneria fiscale che si stanno apprestando. Il paese è più maturo, meno credulone, più libero e sorridente nonostante le amarezze da debito e da sovranità limitata.
Soprattutto, è più libero. La risposta data da Fedele Confalonieri, capo Mediaset e vecchio compagno d'armi del Cav., a Massimo Mucchetti, severo censore di establishment bazoliano dell'economia e delle sue avventure politiche, fu straordinaria ieri, nel senso di rivelatrice. Domenica scorsa Mucchetti aveva detto: ora che un genio della concorrenza come Monti è al potere, è ora di dare un colpo a Mediaset, potentato televisivo che non conosce la concorrenza per via del conflitto di interessi, e questo vuol dire farle pagare le frequenze digitali e privatizzare la parte commerciale della Rai e bloccare nomine che non siano particolarmente sgradite al duopolista dell'etere nelle agenzie indipendenti antitrust e per le comunicazioni. Mucchetti è molto più prudente quando parla di Finmeccanica, ciò che ha fatto ieri augurandosi una cura alla Bernabè, il manager che risanò l'Eni post inchieste milanesi fra molte virtù e qualche vecchio vizio giustizialista allora in voga, e invocando una protezione strategica dal mercato predatorio. C'è azienda e azienda, e la valutazione spassionata non sfugge al principio della fisica di Werner Heisenberg, secondo cui il punto di vista dell'osservatore sperimentale condiziona la parabola dell'esperimento stesso (banalizzazione utile a spiegarsi). Confalonieri lo mette a posto, e lo induce a una imbarazzata retromarcia, ricordandogli i dati dell'Italia del conflitto ventennale di interessi: Mediaset ha affrontato la concorrenza, ha rotto il monopolio, e nel ventennio infame il nostro sistema, dalla legge Mammì alla legge Gasparri, malfamate solo tra i gentiluomini che esprimono gli interessi finanziari battuti nel mercato dall'irruzione della tv commerciale, si è creata una multipolarità, con Murdoch al 29 per cento, la tv di Telecom come terzo polo generalista forte di un colosso finanziario e di fatturato alle spalle, e un'evoluzione tecnologica digitale che cambia tutti i riferimenti delle vecchie dispute sull'oligopolismo (anche secondo Mucchetti). Se a questa apertura commerciale aggiungiamo il pluralismo politico delle fonti di informazione televisiva, a cui si aggiunge anche l'esperimento Santoro, si vede quanto la promessa di liberare il paese sia stata mantenuta. E lo si vede proprio in tv.


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