Ammazzare un paese

Giuliano Ferrara

Cresce la consapevolezza, scarseggia la volontà politica di guardare in faccia le cose. Il leader ulivista ed economista Romano Prodi rinfaccia a Francia e Germania, con due diversi livelli di critica, l'incapacità di assumersi responsabilità di governo della crisi da debito della zona euro (il Messaggero di domenica scorsa).

    Cresce la consapevolezza, scarseggia la volontà politica di guardare in faccia le cose. Il leader ulivista ed economista Romano Prodi rinfaccia a Francia e Germania, con due diversi livelli di critica, l'incapacità di assumersi responsabilità di governo della crisi da debito della zona euro (il Messaggero di domenica scorsa). Il giurista e politico e analista di rango Guido Rossi sposa la tesi anglosassone e fogliante, ormai diffusa e molto anche in Italia, della Banca centrale europea come prestatore di ultima istanza, garante dei titoli espressi nella moneta comune (giornale della Confindustria, domenica). Intanto la crisi si fa cronica, e si allarga dolorosamente alla Francia e (anche) per conseguenza alle Borse di tutto il mondo. Gli “incredibili europei” censurati da Paul Krugman cominciano a ragionare su un pasticcio che, vedi la Spagna, non c'entra né con la tecnocrazia (che non è la soluzione) né con il voto popolare (che almeno salva la forma politica dell'autogoverno), perché è un disastro di mercato finanziario reso possibile dall'esplosione del debito privato nella grande crisi del 2008, e attivato nei termini che sappiamo (lo spread, il downgrade ora minacciato di Parigi) da un'Europa che ancora oggi ha un motore irresponsabile incapace di accettare una Banca centrale della sua moneta che faccia il proprio mestiere e perfino gli eurobond, una forma elementare di condivisione limitata e controllabile del rischio tra paesi che appartengono alla stessa area di rischio.

    Ma la consapevolezza culturale, civile, e politica, è altra cosa da una volontà di governo. Berlusconi è caduto anche perché ha fatto proprio per tutta l'estate, dopo aver rinunciato alla battaglia della crescita economica, proclamata in tempo e subito affossata con il rigoroso contributo del suo ministro dell'Economia, il modo di vedere le cose di questo pazzo governo europeo della moneta e del debito. E sembra di capire che quel che resta del suo esercito, in Parlamento, non sia in grado, come la ex opposizione non alternativa ora in maggioranza tecnica, di prendere l'iniziativa. Il professor Monti si divide tra mostre di pittura e tour europei, ma all'insegna del minimalismo tecnocratico. Non parla dell'unica cosa che conta, la crisi dell'euro e le soluzioni per cui battersi da subito. Parla di imposizioni indirette da incrementare, chissà con che sollievo di chi agisce e commercia nel mercato, di chi aspetta la crescita dei consumi, e di imposizioni sulla casa proiettate sulla proprietà e sul suo standard fiscale anomalo come una strisciante patrimoniale. Intanto il petrolio va giù e il prezzo del carburante va ancora più su. E il rischio di ammazzare l'Italia, nel senso di distruggere ogni residua fiducia nelle proprie forze degli attori presunti di una politica di sviluppo, è sempre più incombente. Sergio Marchionne ha messo in opera un pezzo ancora della sua riforma aziendale del mercato del lavoro, sottraendosi alle vecchie forme di contrattazione ed estendendo il modello aziendale ravvicinato, che la Fiom chissà perché chiama corporativo, a tutto il gruppo, verso un contratto dell'auto fuori (se Dio vuole) dalle beghe e intese consociative di Confindustria. La Fiat conferma il piano di investimenti, ma a prezzo di costruire un paese straniero in patria, e in mezzo a difficoltà di modelli competitivi e di Borsa gigantesche. Con questi dati generali, e con questa scarsa volontà politica di affrontarli, quel che resta della politica è impegnato nella famosa e pomiciniana scomposizione e ricomposizione delle forze politiche, un nuovo sistema che sia simile a quello vecchio, superato vent'anni fa. Fiducia?

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.