La verità sul Popolo della libertà

Giuliano Ferrara

A Berlusconi i partiti non piacciono. La discussione, i padrinati di corrente, lo scambio tra idee e posti, il negoziato, la mediazione, il programma definito per benino: non è il suo genere. Il vecchio modello di partito non piace nemmeno a noi. Ci piace solo il partito all'americana, quello degli eletti che fanno la loro strada e attraverso elezioni primarie si costituiscono, alla testa dei municipi, delle regioni, delle istituzioni parlamentari, del governo o dell'opposizione, come veicoli di formazione di maggioranze chiare, di leadership presidenziali definite, nella massima libertà della società civile.

    A Berlusconi i partiti non piacciono. La discussione, i padrinati di corrente, lo scambio tra idee e posti, il negoziato, la mediazione, il programma definito per benino: non è il suo genere. Il vecchio modello di partito non piace nemmeno a noi. Ci piace solo il partito all'americana, quello degli eletti che fanno la loro strada e attraverso elezioni primarie si costituiscono, alla testa dei municipi, delle regioni, delle istituzioni parlamentari, del governo o dell'opposizione, come veicoli di formazione di maggioranze chiare, di leadership presidenziali definite, nella massima libertà della società civile organizzata di influenzare il processo democratico con ogni mezzo legale, facendo degli apparati solo ed esclusivamente strumenti di finanziamento regolare della politica, il fund raising. Però nel tempo, nonostante un accento e un comando fortemente personali, legati al carisma di un'avventura e alla grande potenza di fuoco del Cav., intorno al presidente del Consiglio si è consolidato in certa misura anche un partito di vecchio tipo. Con la differenza che fino a ieri questo partito soffriva di un pressoché totale mutismo, era portatore di riti magniloquenti e vuoti e di un certo culto della personalità, che è altra cosa dal riconoscimento di un primato fondativo. Ora non è più così.

    Non è questione di liti tra ministri o parlamentari o amministratori, che poi sono il sale di una sintesi di governo se condotte con un minimo di decenza pubblica. Nemmeno di radicamenti clientelari locali, che ci sono anche nel Pdl ma in misura tutto sommato contenuta, e comunque cominciano a delinearsi come strumenti di politica e non come negazioni della politica in nome della pura gestione e degli affari che fiancheggiano da che mondo è mondo la politica stessa. Personalità di primo piano di quella che si presenta come una lunga stagione di governo amministrativo locale, di governo nazionale, e anche lunghi anni di opposizione, si esprimono liberamente, dissentono da un protocollo di untuoso rispetto a priori delle proposte o delle idee del capo, fanno emergere pluralità di culture, di linguaggi, di schemi e di ipotesi sul futuro del paese, e anche sul suo presente. Non è tutto oro quel che luccica, ci mancherebbe, e questo giornale non ha aspettato a mettere l'allarme sulle manovre e manovrette di palazzo che tendono a premiare una logica di piccola ambizione personale e di gruppo, in una evidente rincorsa di opportunismi alla luce delle zone opache in cui si è instradata negli ultimi tempi la stella di Berlusconi. Ma l'autocrazia sta diventando democrazia. Le opinioni adesso saltano su e contano. La disponibilità a rischiare e a battersi diventa elemento di costruzione di una classe dirigente. A questa novità ha contribuito la situazione generale, ma non poco anche la decisione di Berlusconi di istituire con Angelino Alfano una segreteria politica, e di dichiarare aperte le procedure per una ordinata successione alla testa del partito e del governo. Al capo dell'uno e dell'altro si richiede adesso di corrispondere fino in fondo al processo aperto, e di saper stare nell'arena con idee forti, atteggiamenti sempre più politici e capaci di un trascinamento non più scontato, facendo della decisione la sua bussola.

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.