Tutto il potere alla Bce. E poi?

Giuliano Ferrara

Al direttore - Il rinvio della discussione sulla debolezza costituzionale (e, quindi, politica) dell'Europa segue l'antica logica dei due tempi: prima viene l'emergenza e dopo le riforme. Su questo terreno sono sempre state sconfitte le forze del cambiamento. Il manifesto dei cento leader europei “Un nuovo patto per l'Eurozona” ispirato da quello stinco di santo del noto benefattore Soros, segue la linea delle priorità dell'emergenza.

Leggi L'appello dei sorosiani per un'Europa più interventista

    Al direttore - Il rinvio della discussione sulla debolezza costituzionale (e, quindi, politica) dell'Europa segue l'antica logica dei due tempi: prima viene l'emergenza e dopo le riforme. Su questo terreno sono sempre state sconfitte le forze del cambiamento. Il manifesto dei cento leader europei “Un nuovo patto per l'Eurozona” ispirato da quello stinco di santo del noto benefattore Soros, segue la linea delle priorità dell'emergenza. 1. Tesoreria unica europea. 2. Sistema centralizzato di tutela dei depositi. 3. Sviluppo di una strategia della convergenza economica per la crescita. Le proposte sono ragionevoli. Ma quale è l'operatore che elaborerà le iniziative e che coordinerà le soluzioni? Un organo politico rappresentativo dei popoli europei? No!

    La proposta è secca e perentoria: “In attesa di un negoziato e della ratifica di un  accordo giuridicamente valido (la Carta costituzionale europea) i governi dell'Europa dovranno delegare la Bce ed il Fesf (Fondo europeo per la stabilità finanziaria) a cooperare per portare sotto controllo la crisi”. Compito immediato  delle due istituzioni è quello di ricapitalizzare le banche e di rifinanziare il debito dei singoli paesi entro limiti prestabiliti (da chi?).

    Al Manifesto manca solo l'ultimo punto: i governi nazionali e i Parlamenti nazionali vanno aboliti. Tra i firmatari del Manifesto vi è Massimo D'Alema. Da Togliatti a Soros e da “tutto il potere ai Soviet” a “Tutto il potere alla Bce”. Così la democrazia europea si incamminerà verso il tramonto. Fraterni saluti

    di Rino Formica

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    Prima di tutto un saluto affettuoso al nostro principe corrispondente, un nume limpido della prima che è già arrivato alla quarta o quinta Repubblica, prima di tutti noi, con argomenti irritanti e assai spinosi ma sempre lucidi. Poche cose e pochi comportamenti hanno riscattato gli anni del Craxi migliore, le sue lettere dissidenti ne sono un esempio preclaro.

    Dopodiché le dico, caro Formica, che stavolta una povera anima tardo e pseudoliberista come la mia, in nome del bolscevismo che ci divide e di un socialismo liberale che ci unisce, consente. Intendiamoci, gli indignados coordinati dai sorosiani di tutto il mondo che vanno a fare a cazzotti in Bankitalia non mi piacciono. Ma ho provato un languore del cuore quando hanno preso Moody's come simbolo di una stortura grave del sistema, anche se il mandante psico-politico (psico-politico?) non mi garba. Breve: lei dice saggiamente che sono rimedi accettabili, inaccettabile è il potere di comminarceli completamente svincolato dalla sovranità politica. Lo dice in modo non lamentoso e triste, a quello ci pensano i Vendola del momento. Lo dice da europeista socialista e riformista, e ha perfettamente ragione. Un compromesso con le esigenze urgenti di mettere una toppa a questo euro che non ha una banca pagatrice, scandalo istituzionale senza precedenti denunciato anche dai keynesiani, andrà accettato anche da noi impazienti e intransigenti. Ma niente di più. L'Italia dovrebbe andare oltre la polemica d'occasione sul direttorio franco-tedesco. Bisogna mettersi bene in testa che l'europeismo di ferro dei trattati e del direttorio è una tigre di carta. Senza questo paese l'Europa dell'euro non va da nessuna parte, e sebbene l'autarchia non sia più di moda, l'indipendenza e l'orgoglio nazionale sì. Quanto a D'Alema e altri, la loro vogliosa e fervorosa firma non c'è sul Financial Times originale, c'è solo nel giornale della Confindustria. Segno che i sorosiani hanno un'idea precisa della gerarchia tra chi conta e chi vorrebbe contare.

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    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.