Money League / 31

Non chiamateli All Blacks

Francesco Caremani

Eden Park, ad Auckland, è il tempio della palla ovale e del cricket neozelandese dagli albori del secolo scorso. Qui il Signore degli Anelli ha le sembianze di Colin Slade, trequarti degli All Blacks, che hanno raccolto intorno a se l'intera nazione per rivincere il titolo iridato. Il settimo Campionato del Mondo di rugby è un evento capace di produrre cifre sontuose, ma il calcio kiwi sta crescendo, eccome.

    Eden Park, ad Auckland, è il tempio della palla ovale e del cricket neozelandese dagli albori del secolo scorso. Qui il Signore degli Anelli ha le sembianze di Colin Slade, trequarti degli All Blacks, che hanno raccolto intorno a se l'intera nazione per rivincere il titolo iridato. Il settimo Campionato del Mondo di rugby è un evento capace di produrre cifre sontuose: 95.000 tifosi stranieri che secondo la Reserve Bank of New Zealand spenderanno 400 milioni di euro, più di quanto investito (320 milioni) per ristrutturare gli stadi, terremoto compreso. Solo questo movimento, in tempi di crisi, equivale al +1,4 per cento del Pil trimestrale.

    Uno studio del Centre for the International Business of Sport della Coventry University certifica che le attività economiche legate all'evento potrebbero fruttare all'economia neozelandese 11,7 miliardi di dollari da qui alla fine del decennio; i consumi del mercato sportivo 1 miliardo; 1,35 milioni di dollari il volume d'affari dei biglietti per un ricavo di 224,5 milioni. Cifre che fanno letteralmente scomparire quelle legate alla Nazionale di calcio neozelandese, gli All Whites, eliminata senza sconfitte ai Mondiali sudafricani. Secondo futebolfinance.com il valore di mercato dei giocatori neozelandesi era di 15 milioni di euro, contro i 400 degli italiani, i 565 degli spagnoli e i 515 dei brasiliani. Alla fine il rimborso della Fifa per l'utilizzo dei calciatori è stato di 412.638 euro, da suddividere tra i vari club d'appartenenza.

    Il soccer kiwi ha messo il naso fuori dal continente, per la prima volta, nel 1982, con la storica qualificazione ai Mondiali. Tre partite e tre sconfitte in un girone di ferro con Brasile, Scozia e Urss, ma su quell'esperienza si poteva e si doveva costruire un futuro migliore, squagliatosi al sole livido dell'incompetenza della federazione che dilapidò il tesoretto lasciando il calcio nostrano in una situazione di semidilettantismo, più o meno come oggi.
    Ivan Vuksich, presidente dell'Auckland City FC, ce l'ha con il “sistema socialista” del football locale che “ridistribuisce agli altri club i soldi delle nostre vittorie”: tre Champions League dell'Oceania e relative partecipazioni ai Mondiali per Club, il prossimo a dicembre in Giappone. Merito anche dell'Australia che dal 2006 ha scelto la confederazione asiatica, permettendo all'intero movimento kiwi di crescere.

    Movimento che vive anche il fenomeno dei Wellington Phoenix FC, squadra fondata ad hoc per partecipare alla A-League, la serie A australiana, grazie all'investimento di un milione di dollari dell'uomo d'affari Terry Serepisos, e che vanta il Westpac Stadium (35.000 spettatori), costato 130 milioni di dollari neozelandesi. Un paragone? L'Auckland City FC gioca nel Kiwitea Street, davanti a 4.000 spettatori quando c'è il big match contro il Waitakere United, con cui si sono spartiti le ultime sette ASB Premiership, dove ASB sta per la banca che sponsorizza il campionato.

    Difficile per gli All Whites strapparsi di dosso l'ombra nella quale gli All Blacks li hanno relegati in tutti questi decenni. Il gap è, attualmente, irrecuperabile e secondo Michael Brown (giornalista del New Zealand Herald) Internet e il satellite stanno definitivamente spostando l'attenzione dei giovani verso il calcio europeo. Ricki Herbert, però, ha scommesso sulla vera forza della Nuova Zelanda: “Gli abitanti credono fermamente di appartenere a una nazione sportiva”.

    Il Ct del "miracolo" sudafricano ha rifiutato offerte da parte di club inglesi, sudafricani, mediorientali e, seppur convinto che il campionato neozelandese equivalga alla serie D italiana, lavora per il sogno: Brasile 2014. Le qualificazioni saranno lunghe e difficili, ma se vince il girone oceanico affrontare la quarta della Concacaf non dovrebbe essere proibitivo. Più difficile recuperare popolarità rispetto al rugby a 15, a 13, al cricket e al netball (sport di squadra simile alla pallacanestro), in un Paese di quattro milioni di abitanti. Ma chi crede veramente nel soccer pensa alla Nuova Zelanda come all'Uruguay del Pacifico: “Ka mate? Ka mate? Ka Ora! Ka Ora!”.