Moralismo e reticenza: così la Bce sta dimostrando la propria finta indipendenza dagli stati

Giovanni Tria

Mentre Stati Uniti e Gran Bretagna hanno Banche centrali nel pieno delle loro funzioni perché hanno dietro uno stato, la Banca centrale europea è falsamente indipendente

La tesi di Paul Krugman è chiara e condivisibile, anzi condivisa poiché l’ho sostenuta da tempo su questo giornale. Mentre Stati Uniti e Gran Bretagna hanno Banche centrali nel pieno delle loro funzioni perché hanno dietro uno stato, la Banca centrale europea è falsamente indipendente, perché lo è nei limiti del suo statuto e del suo mandato ristretto (stabilità dei prezzi), mandato che non può estendere quando necessario, proprio perché non ha dietro di sé uno stato che la possa autorizzare. Quando trasgredisce, lo fa di nascosto e cerca giustificazioni. Ha ragione Krugman a dire che non ha senso acquistare bond italiani e spagnoli per salvare il sistema bancario europeo e l’euro, e poi vergognarsene facendo capire che avverrà per poco e chiedendo in cambio politiche deflazionistiche. Non ha senso perché, ponendo limiti all’intervento, se ne dichiara in partenza l’inefficacia, e perché, con politiche che rallentano la crescita, aumenta la paura dei mercati sulla tenuta dell’euro. Quando Ben Bernanke dichiarò, di fronte alla crisi finanziaria del 2008, che avrebbe combattuto la deflazione, affermò anche con forza che i suoi mezzi erano illimitati ed era pronto a monetizzare per qualunque ammontare il debito americano, e per tutto il tempo necessario.

    

Quando si usa uno strumento si fa in modo credibile. D’altra parte, il viaggio verso la nuova recessione nasce dall’incapacità di un coordinamento mondiale delle politiche pro crescita dopo la crisi del 2008. Mentre la Fed ha continuato a stampare dollari per finanziare gli stimoli fiscali e la stessa strategia era seguita dalla Banca d’Inghilterra, limitando il ricorso al debito, la Germania di fronte a deficit molto più bassi imponeva la sua filosofia deflattiva in Europa e la Bce dava un tono restrittivo alla sua politica monetaria. Senza ragione, perché era errata la valutazione del ciclo, ma soprattutto perché, pur nella previsione che l’enorme ammontare di liquidità creato nel mondo si sarebbe scaricato prima o poi in inflazione, all’Europa conveniva seguire l’onda della politica monetaria espansiva piuttosto che rischiare di importare inflazione, avere un euro forte e per di più operare una violenta stretta fiscale, una ricetta autolesionista che sta mettendo in ginocchio i paesi europei. Non dimentichiamo che all’esplosione del debito italiano dette una mano importante, negli anni Ottanta, proprio l’interruzione della monetizzazione del debito, con il divorzio, prima di aver corretto i meccanismi di spesa, tra Tesoro e Banca d’Italia.


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