Metti un preservativo a Manhattan
Hanno messo un gigantesco preservativo a Manhattan e ora vogliono cavarsela con una polemicuzza sull'eccesso di allarmismo, ma non è così semplice.
Leggi Si poteva tornare a casa e raccontarla, e invece che palla il diario da New York di Andrea Marcenaro - Leggi Meglio prevenire che curare? Quando il principio di precauzione ci fa vivere peggio di come potremmo
Hanno messo un gigantesco preservativo a Manhattan e ora vogliono cavarsela con una polemicuzza sull'eccesso di allarmismo, ma non è così semplice. Applicando il principio di precauzione all'uragano Irene, nella forma massima del politicamente, ideologicamente e civicamente corretto, la Prevenzione, divinità del nostro tempo, ai piani alti del potere americano si è fatta politica politicante su scala planetaria, gli occhi del mondo fissi sulla brezza tesa al largo della east coast e su due gocce di pioggia a New York. Metti the Big Apple sotto la cappa intrusiva della tua idea del mondo, blocca a scopo esemplare la città delle meraviglie, sgomenta gli sgomentabili, che sono sempre maggioranze comprensibilmente non eroiche, apparecchia la tavola per quella massa di esperti che truccano le carte del global warming, e il gioco è fatto. I due massimi liberal della politica americana, il repubblicano bipartisan Mike Bloomberg, sindaco e miliardario mediatico al riparo dalle frescure moralizzanti sul conflitto d'interessi, e il presidente profetico Barack Hussein Obama, le cui abusive retoriche apocalittiche sono state raccontate con maestria da Mattia Ferraresi e Martino Cervo in un libro veggente, hanno giocato con un azzardo visibilmente perduto la carta del cinismo, dello pseudoscientismo pensoso del creato, della green stupidity, dell'imbambolamento dei sudditi a scopo di bene (il peggiore degli imbambolamenti).
Le autorità devono provvedere di fronte ai pericoli, ed esserne consapevoli in anticipo entro i limiti del possibile, ci mancherebbe, ma evacuare mezzo milione di persone, terrorizzare con parole temerarie decine di milioni di cittadini, bloccare i trasporti, i teatri e il commercio nella città più vitale dell'occidente, e per due o tre giorni, non significa gestire un programma laico di protezione civile, è bensì un altro capitolo dell'imposizione di una religione immanentista terra terra, senza aperture sul cielo né vero amore per il creato e la creatura: la religione della salute privata e pubblica, costi quel che costi.
Il preservativo, l'aborto e la diagnosi prenatale come mezzo di selezione eugenetica servono l'idolo della Prevenzione (delle nascite indesiderate), e lo servono egregiamente facendo strame di ogni pietà e di ogni carità, oltre che dell'eros procreativo, variante del comportamento civilizzato piuttosto antica e utile all'umanità (sebbene contemperabile con svolazzi e libertinaggi, ma up to a point). La dieta, altro idolo socialmente imposto contro la colpa dell'obesità o anche solo della pancetta, è un capitolo onnipervasivo dell'estetica e dell'etica della salute intesa come rinuncia a vivere e intrusione della società e dello stato nella capacità individuale di far da sé. La guerra di Libia, malsana ma truccata da esercizio umanitario a prevenire la salute dei civili, ci parla con la sua tortuosa crudeltà e stupidità dei danni preventivi inflitti dall'ideologia rive gauche a interi popoli. L'atroce medicalizzazione dell'esistenza umana, distinta dai progressi della medicina nella cura delle malattie e nel trattamento caritatevole della morte, si sposa bene con il testamento biologico e il suicidio assistito o l'eutanasia nella soppressione virtuale del desiderio di vivere liberi e responsabili verso se stessi e verso gli altri. Ma sono mille gli esempi di questa infame predicazione senza Dio e senza patria culturale nella quotidianità, dall'istruzione pubblica massificata e inerte ma sempre asettica e salvifica all'educazione stradale minacciosa, fino al divieto crociato contro il fumo nei parchi (vero mr. Bloomberg?). Un'ondata di puritanesimo ateo molto più alta delle più alte onde dell'uragano Irene, buonanima.
Un vero Dio, se ci fosse, benedirebbe il surfista che si è rotto le palle e ha dato la caccia all'ondata uscendone soccombente, pace misericordiosa al suo ricordo e monito a essere prudenti come i surfisti non sono mai. E benedirebbe i proprietari del locale che ha festeggiato l'uragano, e tutti quegli abitanti di New York che hanno espresso con i piedi il loro scetticismo salutare, staying put, stando ben fermi e guardinghi nel rifiuto degli ordini strambi di evacuazione generale di un sindaco preoccupato alla follia per aver pulito con tre giorni di ritardo, a Natale scorso, le strade di Brooklyn, e di un presidente che ha cercato di incassare in anticipo la popolarità persa da Bush per la gestione, ordinaria e in certo senso impeccabile, delle responsabilità federali nel caso di Katrina. Un uso limitato del potere, una delega sussidiaria alla comunità, un cavarsela senza teorizzare l'eliminazione del rischio, missione impossibile, questo è quello che cittadini adulti dovrebbero chiedere alle autorità. Ma nel mondo del welfare bulimico, della carità pelosa, dell'educazione alla sottomissione, nel mondo che esclude la speranza e processa gli scienziati che non prevedono i terremoti, trionfa la protezione civile come arma ideologica non convenzionale, salvo il caso italiano in cui non la si è abolita come vorrebbe fare il libertario pazzo Ron Paul negli Stati Uniti, ma la si è smantellata a colpi di ridicole inchieste purificatrici.
Non era difficile prevedere sabato mattina, quando Irene è stata declassata alla categoria 1 della scala Saffir-Simpson, che tutto si sarebbe risolto in un letterale buco nell'acqua. E' a quel punto che un presidente e un sindaco coraggiosi, che avevano scatenato la campagna dell'allarmismo al cinquanta per cento per scopi di dominio dell'opinione e al cinquanta per cento in buona fede, avrebbero dovuto lanciare un graduale controallarme, prendere alcuni provvedimenti limitativi del blocco, invitare la comunità a guardarsi intorno e a valutare con intelligenza e senso del reale la situazione che aveva sotto gli occhi, e invece hanno perseverato diabolicamente fino alla fine, cercando di gonfiare i danni e scatenando altre ansie preventive per il futuro. Perseverare diabolicamente: è una religione caduta come l'angelo, no?
Leggi Si poteva tornare a casa e raccontarla, e invece che palla il diario da New York di Andrea Marcenaro - Leggi Meglio prevenire che curare? Quando il principio di precauzione ci fa vivere peggio di come potremmo


Il Foglio sportivo - in corpore sano
Fare esercizio fisico va bene, ma non allenatevi troppo
