Che magnifico spettacolo a Londra

Giuliano Ferrara

La commedia della democrazia talvolta è ben scritta. I caratteri risultano forti e significativi. Le questioni in discussione appaiono rilevanti e ben poste. Le domande non sono lazzi, le risposte non sono tiritere. Elusività, astuzia, faziosità sono regole del gioco sempre, ma il gioco è duro eppure corretto, si chiama fair play.

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    La commedia della democrazia talvolta è ben scritta. I caratteri risultano forti e significativi. Le questioni in discussione appaiono rilevanti e ben poste. Le domande non sono lazzi, le risposte non sono tiritere. Elusività, astuzia, faziosità sono regole del gioco sempre, ma il gioco è duro eppure corretto, si chiama fair play. L'immagine è quella di una classe dirigente eletta che sa di che cosa parla, fatta di uomini e donne piccoli, spesso sgraziati, ma sempre mordaci, sicuri del loro vero potere, che nasce dalle constituencies, dai collegi elettorali che sorvegliano la vita pubblica, e soprattutto dalla tradizione politica, dalla vitalità storica e inattaccabile dei vecchi partiti e delle loro culture di riferimento. Parliamo delle audizioni di Londra sul caso Murdoch, il tycoon globale con vaste ambizioni editoriali, commerciali e politiche sotto inchiesta parlamentare a seguito dello scandalo di polizia riguardante le intercettazioni illegali di telefonate ed e-mail, insomma quella violazione della privacy personale che in Italia è scritta in Costituzione come un atto contrario allo stato di diritto ma è praticata nel quotidiano abuso mediatico-giudiziario come costituzione materiale della Repubblica. La commissione interni e quella sui media della House of Commons hanno dato un'immagine rispettabile di sé e dei loro interlocutori: poliziotti di alto rango, funzionari dello stato, manager di NewsCorp. E i fantastici Rupert e James Murdoch, l'uno con la sua voce patriarcale e il suo tono ironico e veritativo, dall'alto dei suoi soldi e della sua età veneranda e del suo stigma duro di australiano figlio della “riva fatale”, l'altro con il piglio americano della sua formazione e molte responsabili banalità circostanziali.

    Del notevole spettacolo avranno modo di parlare e riparlare Paola Peduzzi e altri del Foglio che hanno seguito con meticolosa passione l'intera trama di questo drammone. Il commento politico da un punto di vista per così dire italiano è semplice.

    Primo. A Londra si processa la violazione della segretezza delle comunicazioni, considerata un grave delitto penale e uno scandalo etico, mentre in Italia la violazione della segretezza delle comunicazioni è la base di processi in cui reati e peccati non si distinguono più, e l'unica sentenza possibile è la gogna o lo sputtanamento a scopi politici. C'è una certa ipocrisia nel procedere britannico, perché da decenni l'intrusione del giornalismo tabloid nelle vite degli altri è la pratica corrente, e gloriosamente premiata dai lettori, di parte della stampa. Si ricordano addirittura le innocenti e goffe e comiche conversazioni di alcova e di corteggiamento fra membri della famiglia reale, fra eredi al trono. Ma da noi non esiste virtualmente alcuna seria distinzione tra giornalismo d'informazione e tabloid, il metodo di News of the World ha contagiato quasi tutti i giornali e quasi tutte le trasmissioni di approfondimento che vanno in onda in prime time televisivo.

    Secondo. Si è scoperto che Rupert Murdoch “passava da dietro”, per dirla con la vergognosa campagna contro Antonio Fazio che suggeriva a un suo ospite, ovviamente intercettato, di prendere la “back door”, la porta del retro allo scopo di tutelare la riservatezza dei contatti. Murdoch passava da dietro, come ha ricordato con un sorriso da vero squalo, quando incontrava al 10 di Downing Street David Cameron, attuale primo ministro, ma anche quando incontrava l'ex capo laburista del governo di Sua Maestà Gordon Brown, e probabilmente anche ai tempi di Tony Blair e di Margaret Thatcher. Contatti discreti e conflitti di interesse ognuno se li governa come può: a Londra con la riservatezza del lobbyng politico dei grandi della stampa, da noi è tutto in chiaro e la porta d'ingresso della nostra felice anomalia è Palazzo Chigi, con i Lancieri di Montebello a festeggiare il tycoon in politica, eletto dai cittadini.

    Terzo elemento di paragone. Le intercettazioni non sono un mezzo ordinario di ricerca della prova. Murdoch e suo figlio non sono stati intercettati. Al loro posto, un Berlusconi sarebbe stato sotto origliamento dalla mattina alla sera e imputato di vari reati senza tante storie, perché da noi la responsabilità penale non è personale. Il deputato che vuole sapere quale sia il tenore delle conversazioni tra il magnate dell'editoria e i suoi direttori di testata deve cercare teatralmente, come avvenuto ieri sotto gli occhi delle telecamere, di ricostruire con l'immaginazione il tenore della chiacchiera potenzialmente incriminante, gli manca la bobina. Infine, nel paese felice in cui il Parlamento fa il suo mestiere e gli scandali sono altisonanti ma non degenerano in presunzioni di colpevolezza anticipate, nel paese dove la gente responsabile si dimette e nel fare giustizia è sempre implicato un canone etico superiore alla farragine abusiva di una nozione isterica della legalità, accade che il “non poteva non sapere”, la “willful blindness” rimproverata con stile ai Murdoch padre e figlio, è materia per due battute consapevoli e ironiche, non per epopee manettare da repubbliche delle banane.

    Insomma, uno spettacolo magnifico e rispettoso delle persone e della dignità della politica, con quei fantastici e battaglieri MP della Camera dei Comuni che erano le statuine animate dell'opera democratica dei pupi, convincenti e brillanti nei loro accenti impossibili, perfino con il condimento della protesta cazzara e di un pizzico di casino vendicato dalla meravigliosa manata di Wendy Deng abbattutasi sul portatore anarchico di schiuma da barba.

    Ecco il video dell'aggressione a Murdoch

     

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    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.