Roba nostra

Giuliano Ferrara

La sorte ria dello spericolato comma ad personam, che consente nelle cause civili multimilionarie di sostituire il pagamento immediatamente esecutivo del risarcimento con una cauzione, in attesa della sentenza definitiva, non è rilevante come la sorte patrimoniale di Berlusconi, attaccata dalla magistratura oggi come ieri. Nell'Italia dei suicidi di Gardini e Cagliari, nel 1993, l'anno del Grande Terrore preceduto dall'esproprio della Rizzoli-Corriere della Sera  negli Ottanta da bere e da mangiare, i giochini finanziari della magistratura combattente prevedevano un ultimo e succulento colpo: il fallimento coatto del Cav.

    La sorte ria dello spericolato comma ad personam, che consente nelle cause civili multimilionarie di sostituire il pagamento immediatamente esecutivo del risarcimento con una cauzione, in attesa della sentenza definitiva, non è rilevante come la sorte patrimoniale di Berlusconi, attaccata dalla magistratura oggi come ieri. Nell'Italia dei suicidi di Gardini e Cagliari, nel 1993, l'anno del Grande Terrore preceduto dall'esproprio della Rizzoli-Corriere della Sera  negli Ottanta da bere e da mangiare, i giochini finanziari della magistratura combattente prevedevano un ultimo e succulento colpo: il fallimento coatto del Cav. e della sua tv commerciale gravata allora da ingenti debiti, una punizione esemplare all'homo novus che aveva aiutato il percorso sedizioso di Bettino Craxi, che esprimeva una Milano e un'Italia non conformi alle regole tetre del vecchio establishment dominato dal grande e tremendo Enrico Cuccia, l'uomo che dimenticò di avvertire Giorgio Ambrosoli delle minacce che lo riguardavano. I pochi eroi borghesi dell'epoca erano esposti, come si vide in breve, a una legge dell'omertà finanziaria che spesso i moralisti amano dimenticare. A quelle regole l'imprenditore di prima generazione, che aveva creato immensa ricchezza sociale, oltre che personale, con l'invenzione del vero mercato pubblicitario televisivo, si ribellò. Preferì, e pensate che bizzarria, un'ardua avventura politica al carcere o alla rovina. Fece leva su una popolarità populista nata nella crisi dei partiti, e sbaragliò gli avversari, salvando la roba dalle manacce dei briganti di passo (un patrimonio industriale che fu poi regolarmente quotato in Borsa).

    Da allora quella è roba nostra, parte della nostra storia politica. La libertà di un imprenditore diventò pegno della libertà comune, questo è un fatto. D'altra parte la grottesca somma risarcitoria di cui si parla, e che a giorni dovrebbe diventare sentenza e strategia d'attacco al patrimonio di Berlusconi, deriva da un fatto che ormai solo i più vecchi conoscono. Berlusconi comprò la Mondadori, Repubblica, i giornali locali del gruppo Caracciolo da coloro che detenevano le azioni (Cristina Mondadori, Luca Formenton e Leonardo Mondadori). Carlo De Benedetti sostenne che erano state promesse a lui in modo vincolante e definitivo. Una terna di giudici smentì questa pretesa. Uno solo di quei tre giudici si mise all'asta sul mercato della decisione di giustizia, un'abitudine abbastanza diffusa che ha sempre indotto i potenti a partecipare agli incanti per paura che fossero aggiudicati ad altri. Di conseguenza oggi arriva la megapenale, una seconda condanna del tutto sproporzionata al valore della faccenda, un nuovo tentativo di esproprio per via giudiziaria. La prima condanna era stata la sentenza Andreotti-Craxi-Ciarrapico: Scalfari e Caracciolo avevano venduto il gruppo Espresso, e il primo disse che rinunciava a fare l'editore puro per dare una dote alle figlie, ed ebbero poi il privilegio di scegliersi l'editore giusto, CDB, per via politica. Il patrimonio del Cav. deve avere davvero qualcosa di speciale, è sempre governato dalla politica e dai conflitti di interesse, suoi e dei suoi avversari pro tempore. Appunto, è un patrimonio virtualmente pubblico, è roba nostra.

    Leggi Storia di una megamulta. Come si è arrivati, dopo una lunga storia politica, al grottesco risarcimento pro De Benedetti

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.