Tremonti e la politica

Giuliano Ferrara

Lunedì 31 gennaio 2011 è il giorno in cui il Corriere della Sera pubblica una lettera di Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio. C'è scritto che occorre subito agire per il rilancio della crescita economica.

    Lunedì 31 gennaio 2011 è il giorno in cui il Corriere della Sera pubblica una lettera di Silvio Berlusconi presidente del Consiglio. C'è scritto che occorre subito agire per il rilancio della crescita economica, che bisogna frustare il cavallo per farlo correre, che è urgente intervenire sul fisco, aggredire il divario tra un'Italia del Nord che va a ritmi tedeschi e un'Italia del Sud praticamente ferma nonostante sia stata almeno parzialmente liberata dall'ipoteca della criminalità organizzata. Solo così è possibile curare il debito pubblico, che è una percentuale sul prodotto interno lordo,  e dare una vera sicurezza ai mercati. E' indicato un orizzonte ambizioso, un piano triennale per l'incremento del pil al 4-5 per cento. Sono individuati alcuni strumenti possibili, in sintesi: liberalizzazioni radicali, defiscalizzazioni e altri incentivi all'investimento in una spinta decisa pro mercato e pro concorrenza, il tutto sul modello della Germania che corre grazie alle politiche pubbliche dell'ex cancelliere socialdemocratico Gerhard Schröder e alla loro espansione sotto i governi guidati da Angela Merkel, prima nella formula dell'unità nazionale e poi nell'alleanza della Cdu-Csu con i liberali. E' rilanciata una proposta di Giulio Tremonti per la riforma dell'articolo 41 della Costituzione. C'è un invito all'opposizione affinché discuta un insieme di proposte in Parlamento. E la indizione entro marzo degli Stati generali dell'economia italiana con le forze politiche e sociali decisive in questo paese.

    Da mesi, prima di quella lettera al Corriere, Berlusconi agiva da indagato e poi da imputato, da persona privata braccata da una magistratura fanatizzata che aveva con successo trasformato le sue abitudini festaiole e i suoi regali alla corte di Arcore in reati infamanti da punire prima con una campagna mediatica senza precedenti e poi con un processo a rito immediato: prostituzione, e prostituzione minorile, coperta da un'attività di concussione di pubblici ufficiali derivante da una telefonata personale del premier a un funzionario della questura di Milano (“attacco militare”, dice la dottoressa Boccassini). Quell'articolo fu il primo serio e responsabile atto politico di Berlusconi, che aveva evitato nel dicembre 2010 la caduta del governo (per tre voti) rimettendo insieme una qualche maggioranza alla Camera, dopo la sciagurata guerra con Gianfranco Fini e la perdita dell'unità della coalizione uscita vincitrice dalle urne due anni e mezzo prima con una specie di plebiscito nazionale all'indomani dello sfortunato governo biennale dell'Unione prodiana. Purtroppo quello fu anche l'ultimo atto politico di Berlusconi fino alla attuale crisi di delegittimazione della sua leadership determinata dai disastri elettorali di Milano e dei referendum, circostanze tutte affrontate con le armi spuntate di una cattiva propaganda. Berlusconi aveva aperto la legislatura con un discorso alle Camere di svolta, presentandosi come un rassembleur, cercando motivi di unità del paese contro la crisi, promettendo ed esigendo un nuovo linguaggio politico e comportamenti conseguenti. E fino al discorso di Onna per il 25 aprile 2009 il Cav. era stato coerente con quella linea. Poi fu incalzato e paralizzato dalla campagna pornopolitica di Repubblica e cominciò a venire giù tutto con la bocciatura del lodo Alfano da parte della Corte costituzionale, nell'ottobre di quello stesso anno.

    Può essere che al gennaio del 2011 tutto si fosse già consumato. Che fosse troppo tardi e che la reazione politica del presidente del Consiglio non avesse più la credibilità necessaria. Fatto sta che il ministro dell'Economia scelto e politicamente promosso da Berlusconi, Giulio Tremonti, ebbe un moto di stizza per la forma e il contenuto di quel manifesto politico di legislatura, e umiliò pubblicamente il capo del suo governo e il progetto di riprendere a fare politica in modo significativo e con un orizzonte politico responsabile, vanificando i comportamenti conseguenti. Se le elezioni di Milano fossero venute dopo gli Stati generali dell'economia di fine marzo o di aprile, e soprattutto dopo un pacchetto di misure di riforma fiscale accompagnate da garanzie di tagli non lineari alle spese improduttive e di recupero dell'evasione allo scopo di rassicurare i mercati e le tendenze speculative di tipo greco, probabilmente le cose sarebbero andate diversamente.

    Ora Tremonti sembra tornare all'idea che ci si possa muovere, che ci si debba muovere in quella direzione, e che lo si debba fare unificando intorno a una riforma fiscale un blocco sociale in grado di garantire un effettivo cambiamento nel tasso di sviluppo del paese. Il quotidiano Repubblica, in parte ispirato da lui, in parte macinando dal suo sacco, lo incorona come autore di un programma di governo credibile, se solo si levasse dalle palle Berlusconi. Polemizzando con Tremonti per la sua abulia virtuosa, in un tempo in cui non era di moda, e civilmente, sostenni che non era credibile un suo pensierino di restare da solo in piedi in mezzo alle macerie. Ne sono ancora convinto, perché ne stimo l'intelligenza. Ma ora sta a lui dimostrare che non è un tecnico alla guida dell'Economia, un super-ragioniere generale dello stato incapace di vedere che il debito e la politica si curano insieme, e con la sola arma del rilancio dello sviluppo mediante riforme liberali a impatto acuto e forte sul quadro generale.

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.