Ballottaggi, urne aperte fino alle 15

O Berlusconi cambia tutto o tutti cambiano Berlusconi

Giuliano Ferrara

Se arrivasse la sorpresa, da Milano, bisognerebbe cambiare tutto lo stesso. Perché il guasto evidente non sta nel risultato di un ballottaggio, sempre in certa misura aleatorio e dipendente da troppe variabili, ma nel modo grottesco che si è scelto per arrivarci.

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    Se arrivasse la sorpresa, da Milano, bisognerebbe cambiare tutto lo stesso. Perché il guasto evidente non sta nel risultato di un ballottaggio, sempre in certa misura aleatorio e dipendente da troppe variabili, ma nel modo grottesco che si è scelto per arrivarci. La sostanza poi è semplice: o Berlusconi cambia tutto o tutti si metteranno a cambiare Berlusconi. Non c'è alternativa.

    Tre anni fa ci fu un plebiscito nazionale, Roma compresa. Veltroni difese bene a sinistra la sconfitta prevista dell'Unione, un fantasma oggi senza babbo né mamma. Berlusconi e Bossi fecero bingo. Casini era stato eliminato, e al suo tramestio furono imputate tutte le debolezze della destra di governo nelle occasioni precedenti, anche esagerando. Fini fu isolato nel Pdl ed emeritato con la Presidenza della Camera, che i superstiziosi hanno sempre considerato con diffidenza (e quando poi fu malaccortamente cacciato su due piedi, anche in omaggio a una faida inspiegabile, fu lui a divenire il recipiente dei mali). Il voto del 2008 ebbe però il carattere di un vento del Nord che incontrava un forte scirocco meridionale, e le vele gonfiate erano miracolosamente e taumaturgicamente sempre quelle, Berlusconi e Bossi. Come è successo quel che è successo dopo?

    Non è la storia di una dilapidazione gratuita,
    sebbene nella vicenda ci siano elementi surreali di autolesionismo politico. E' la storia di un assedio ben condotto e di colpi ben assestati da media e magistrati, con la gente di denari come sempre in prima fila a godersi lo spettacolo. Ora può essere che le mura della fortezza di centrodestra crollino come quelle di Gerico, un tonfo biblico. Ma può anche essere che l'istinto di conservazione suggerisca ai Milanesi un ripensamento nell'urna o agli sconfitti del voto, a ripensamento non avvenuto, un serrate i ranghi e una ripartenza credibili. Tutto sarà misurato dalle prime parole. Dal loro peso, dal loro accento di verità, dalla loro credibilità. Direi che Berlusconi e il suo governo, come la sua maggioranza, hanno soltanto quel problema lì, o almeno quel problema è superiore a ogni altro di gran lunga: la credibilità.

    Dovrebbero riuscire a stupire, i berluscones e i bossiani, laddove fino ad ora hanno meravigliato per la performance di una destrezza inaudita nel farsi male. Tutti si aspettano silenzi immusoniti, poi un fiume di parole che dicono aspra inimicizia interna, che esprimono i rancori, le paure e le fobie delle basi dei partiti, degli apparati, dei ceti politici in pericolo. Tutti si aspettano una specie di 25 luglio strisciante, mal condotto, politicamente inarticolato, sotto la pioggia battente di una sconfitta non padroneggiata. Oppure, in caso di un rovesciamento del pronostico milanese, si aspettano un nuovo lungo ozio di Capua, un ridanciano e liberatorio nuovo inizio nella logica dell'errore e della sciatteria. Pochi si aspettano giudizi veri e responsabili, contegno, protocollo, disciplina, robustezza di analisi, sicurezza senza strafottenza. Ma è quello che serve, solo quello.

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    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.