Le Italie sono due, fingere il contrario ha un costo
L'opacità della lotta politica, stretta tra l'assedio forcaiolo al governo e il giganteggiare delle faziosità, senza trascurare le conseguenze multiformi della guerra stolta di Libia, si mangia la crescita italiana, unica cura possibile per i livelli abnormi del debito. Riforma è parola generica. Bisogna dire come, dove e quando. Il Mezzogiorno è o non è la grande riserva per la creazione di ricchezza, visto che un nord bavarese oltre certi livelli non lo si può spremere? E' vero quel che dice Giulio Tremonti, quando afferma che potremmo crescere anche più dei tedeschi?
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Dicevamo un po' solitari almeno due cose, prima dei dati Istat sulla crescita economica in Europa resi pubblici venerdì scorso, con la Germania che corre e l'Italia che arranca: primo, bisogna promuovere il commercio, anche durante le feste, e la domenica, perché la liberalizzazione degli orari e dei calendari di attività commerciale non ha più per gli esercenti l'alto costo in rigidità contrattuale che aveva un tempo, prima delle riforme, e il Prodotto interno lordo si fa anche e soprattutto con i consumi; secondo, occorre un regime speciale per il Mezzogiorno, uno stato d'eccezione anche transitorio che porti le condizioni dello sviluppo capitalistico, e le sue belle convenienze, in quel pezzo d'Italia che almeno in parte è stato liberato dall'ipoteca criminale. E siamo sempre lì. Alla frustata o alla scossa, ma chiamatela come volete. Ci sono delle novità, come la flessibilità del lavoro e il ridimensionamento del peso sociale delle mafie, che non si trasformano in occasioni, audacia, tentativi ed errori di un metodo per lo sviluppo che non ha alternative. Con la differenza che adesso è verità accettata, anche dal nostro ministro dell'Economia, l'esistenza di un dualismo perverso nord-sud senza debellare il quale la prospettiva di una lunga stagnazione di tipo giapponese, evocata da Francesco Giavazzi nel Corriere di sabato, diventa una previsione realistica.
L'opacità della lotta politica, stretta tra l'assedio forcaiolo al governo e il giganteggiare delle faziosità, senza trascurare le conseguenze multiformi della guerra stolta di Libia, si mangia la crescita italiana, unica cura possibile per i livelli abnormi del debito. Riforma è parola generica. Bisogna dire come, dove e quando. Il Mezzogiorno è o non è la grande riserva per la creazione di ricchezza, visto che un nord bavarese oltre certi livelli non lo si può spremere? E' vero quel che dice Giulio Tremonti, quando afferma che potremmo crescere anche più dei tedeschi se riuscissimo a liberare in termini di energia e vitalità capitalistica quel che oggi è zavorra assistenziale ed economia malata? Vogliamo dare un'alternativa alla sanità come industria opacamente protetta e incentivata, un sistema sinistro per corrompere la politica e far star male la gente? E allora facciamo in modo che la prima defiscalizzazione decisa consenta al nord e all'Europa e al mondo di investire in Campania, in Puglia e in Sicilia a condizioni radicalmente diverse da quelle del resto del paese. Con questi livelli di disoccupazione giovanile e di flusso migratorio potenziale, garantire il lavoro a un costo contenuto non dovrebbe essere difficile. Perché facciamo finta di essere un paese solo quando siamo due paesi diversi che non sono più in grado di sopportare le stesse regole?
Il costo politico, sociale ed elettorale di una rivoluzione nel commercio, nelle abitudini di vita e di consumo, e di una dualità legale e contrattuale positiva tra il sud e il nord, unica ricetta per curare la dualità negativa, sarebbe notevole. Ma bisogna sapere che è possibile procrastinare l'intervento d'eccezione solo al costo di pagare in futuro un prezzo ancora più alto, e di trascinarci in uno stato di soporosa negazione della realtà. Invece stiamo qui a baloccarci con le spiagge, quando il tentativo è quello di farle rendere e di sottrarle all'incuria e alla conveniente pigrizia subimprenditoriale di sempre. Capisco l'irritazione di Tremonti. Capisco anche le prudenze del governo. E pure l'attendismo di un'opposizione prigioniera della fascinazione berlusconiana. Ma credo di intuire pure il resto: se la fine di legislatura dovesse stabilizzarsi, per una vittoria del Pdl a Milano e a Napoli, con la conferma dello spazio di agibilità della sinistra nelle altre maggiori città in ballo, poi magari non sapremmo che farne, di questa stabilizzazione, e ricominceremmo a fazioseggiare avanti e indietro senza remore. Dovesse cadere la Milano di Moratti e Berlusconi e Bossi, è ovvio che entreremmo in una fase di ulteriore, bestiale guerriglia intorno al nulla. Ma se il circo dell'antiberlusconismo dovesse chiudere i battenti, anche solo provvisoriamente, si potrebbe per cortesia impiegare bene il tempo restante prima del sipario?


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