Letizia guida le donne che sanno governare

Giuliano Ferrara

Non tutte le donne vengono per nuo­cere. La Letizia Moratti, per esempio, corre verso il se­condo mandato e inten­de guadagnarselo con la solita grinta e con la solita tranquillità, se i milanesi ci staranno. Il lavoro ben fatto, da quando ha as­sunto incarichi pubblici, è una sua prerogativa. Non gridata, non sban­dierata, considerata qua­si ovvia. E' che la signora è fatta così. Se presiede la Rai, forma uno staff di prim'ordine, completa il suo mandato temperan­do le polemiche, speciali­tà aziendale, e restituisce all'azionista pubblico, concluso il mandato, una televisione molto dignito­sa.

    Pubblichiamo l'editoriale di Giuliano Ferrara apparso sul Giornale di domenica 8 maggio 2011.

    Non tutte le donne vengono per nuo­cere. La Letizia Moratti, per esempio, corre verso il se­condo mandato e inten­de guadagnarselo con la solita grinta e con la solita tranquillità, se i milanesi ci staranno. Il lavoro ben fatto, da quando ha as­sunto incarichi pubblici, è una sua prerogativa. Non gridata, non sban­dierata, considerata qua­si ovvia. E' che la signora è fatta così. Se presiede la Rai, forma uno staff di prim'ordine, completa il suo mandato temperan­do le polemiche, speciali­tà aziendale, e restituisce all'azionista pubblico, concluso il mandato, una televisione molto dignito­sa. Se guida il ministero dell'Istruzione, fronteg­gia le solite rivolte di stu­denti e professori, specia­lità ministeriale e stagio­nale, con calma e savoir faire . Introduce nella scuola italiana il princi­pio di competizione, per­ché sa che l'ozio è il padre dei vizi e il monopolio bu­r­ocratico è differente dal­l'obiettivo primato del pubblico nell'educazio­ne statale. Se diventa sin­daco di Milano fa pochi scontenti, quelli ci sono sempre, ma tiene in pu­gno una grande città eu­ropea ricca di conflitti, la proietta sulla scena del mondo con il progetto dell'Expo, non si cura del chiacchiericcio, realizza quel che ha promesso, commette qualche inevi­tabile sbaglio, guarda e passa. Presidente della tv di Stato, ministro o borgo­mastro, la Moratti è un ti­po di lead­ership femmini­le che persuade senza ne­cessariamente voler in­cantare, e per questo è og­getto di attenzioni spec­ia­li da parte del mondo ide­ologico che odia le perso­ne capaci, gli imprendito­ri in politica, la ricchezza familiare.

    Detesta in spe­cie chi mette soldi nella vi­ta pubblica invece di pre­tenderne, soprattutto se finanzia generosamente la comunicazione eletto­rale della sua campagna per Milano, uno scanda­lo per Beppe Grillo, il gran buffone simpatico e imbroglioncello che ve­de la vita privata come un albergo a cinque stelle, il suo simbolo elettorale, ma si comporta in modo molto austero nella vita pubblica. (Caro rispar­mioso Grilletto, per finan­ziare la mia campagna contro l'aborto ci ho mes­so duecentocinquanta­mila euro, mi dicono che tu ne hai messi a stento due o tremila, per riempi­re le piazze di un pubbli­co che al momento buo­n­o ti verrà a trovare al bot­teghino, infatti non cono­sci il precetto americano: put your money where your mouth is, metti il tuo denaro a garanzia delle tue parole, insomma cre­dici).

    La Moratti è parte di una generosa filiera
    di donne politiche capaci di pensare il proprio lavoro, e di farlo in mezzo ai pic­coli e grandi linciaggi del­l'epoca dell'indignazio­ne, cioè dell'ipocrisia del­la menzogna. Penso alla Mariastella Gelmini, che è arrivata a Roma dalla Lombardia per met­ter­e a posto le baronie univer­sitarie, almeno in parte. Alla Mara Carfagna, che è stata ag­gredita in modo volgare per­ché è "die schönste Ministe­rin der Welt", la più bella mi­nistro del mondo secondo la stampa tedesca, e ha rispo­sto, delizioso paradosso, va­rando la benedetta legge che sanziona le molestie alle per­sone, lo stalking , e illustran­dosi per la sua sincera batta­glia contro l'omofobia in un governo con un presidente fin troppo macho. Alla Stefa­nia Prestigiacomo, così radi­calmente diversa per pragma­tismo dall'ideologo dei rifiu­ti, il Pecoraro Scanio di buo­na memoria, il ministro che diceva sempre di no quando si trattava di buttar via la spaz­zatura. Non sopporto le reto­riche al femminile, ma la don­na in politica mi piace, quan­do è così. Di Rosa Jervolino Russo o Russo Jervolino (non si è mai capita la successione onoma­stica) so poco. So quanto ba­sta. Come sindaco di Napoli, lei che è una brava persona in politica da un'era geologica, una professionista che meri­tava la pensione dieci anni fa, ha clamorosamente fallito. Ora detta interviste lagnose alla Repubblica , se la prende con Berlusconi che la odia perché non è "comprabile", e anche per soprammercato con il suo partito, il Pd, che l'ha sottoposta a uno "stillici­dio" di critiche aspre e di menzogne selvagge, lascian­dola sola davanti ai poteri for­ti.

    Napoli è un disastro, rico­nosce, uno sfasciume civile incorniciato dal più bel mare del mondo, ma la colpa non è sua e non ci si può fare nien­te, nemmeno criticare è leci­to. Ecco un modello di leader­s­hip femminile che per fortu­na è al tramonto. Infine c'è la Emma, la Mar­cegaglia. Ha riunito ieri gli in­dustriali della sua associazio­ne, la Confindustria. Diceva­no che la riunione è "a porte chiuse", non ci volevo crede­re. In realtà sono invitati solo politici in stand by , ancora non provati dal consenso (co­me l'elegante golden boy Lu­ca Cordero di Montezemolo, uno che farebbe bella figura alla Farnesina e pessima nel­la cucina della politica) per­ché quelli che il consenso lo hanno chiesto e ottenuto han­no altro da fare. Porte chiuse. Sfogatoio. Rinuncia. Della Marcegaglia, che è personal­mente una donna operosa e mite, capacissima nel picco­lo punto associativo, si ricor­deranno frasi storiche come "ognuno faccia la sua parte" o "ci sentiamo tanto soli", non proprio stile Churchill. Un po' grigia la performance come editore. Ma per il resto una missione onesta, firmati i contratti giusti, anche senza la superba Cgil, e qualche spintarella da comizio in favo­re della crescita, di tanto in tanto, è perfino arrivata. Il ri­sultato in generale è che in Confindustria non c'è più la Fiat, una cosina così, e gli al­tri ci stanno con un po' di no­ia da routine. In compenso c'è l'impresa «in rete», come se fosse un pesce. Ma non tut­te le donne vengono per nuo­cere.

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.