Ci liberò dal comunismo. Beati noi per quel Papa

Giuliano Ferrara

La chiesa di sinistra, pauperista, spiritualista, parla e sparla di Papa Wojtyla, oggi beato, come di uno che «faceva politica». I set tori più tradizionali si preoccupano di ricordare che aveva una vena misti­ca profonda, e che la sua devozione mariana testimonia la profondità del la sua fede orante. Quante sciocchez ze e ipocrisie in una giornata così bel la e importante per la chiesa universa le e per il mondo. 

    Pubblichiamo l'editoriale di Giuliano Ferrara apparso domenica 1 maggio sul Giornale.

    La chiesa di sinistra, pauperista, spiritualista, parla e sparla di Pa­pa Wojtyla, oggi beato, come di uno che «faceva politica». I set­tori più tradizionali si preoccupano di ricordare che aveva una vena misti­ca profonda, e che la sua devozione mariana testimonia la profondità del­la sua fede orante. Quante sciocchez­ze e ipocrisie in una giornata così bel­la e importante per la chiesa universa­le e per il mondo. Giovanni Paolo II fu un capo nazio­nale polacco, venuto da quel Paese cattolico stretto nella storia tra gli or­todossi a oriente e i protestanti a occi­dente, e da sempre in lotta per la liber­tà e l'autodeterminazione.

    Fu scelto come successore di Paolo VI, nell'an­no dei tre papi con l'interregno di Al­bino Luciani, perché veniva dall'est europeo, perché era pastore e ideolo­go e filosofo naturalmente schierato dalla parte della libertà di culto, della libertà civile, di un impulso a una nuova evangelizzazione dell' Europa. Era inestirpabile la sua radice nazionale, e fu un grande fattore di desti­no o di provvidenza la sua universalità. Nel No­vecento il nazionalismo si era sposato con il totalitari­smo, il Papa venuto da Craco­via rovesciò questa funesta sim­metria e trasformò il nazionalismo cattolico polacco, con la sua devozio­ne mariana, con la sua beata e corag­giosa semplicità popolare, in un po­tente fattore di liberazione dell'Euro­pa dalla cappa di­piombo del comuni­smo internazionalista guidato da Mo­sca e dal Partito comunista dell'Unio­ne Sovietica di Lenin, di Stalin e dei loro successori.
    Provo molta pena per lo scarso sen­so della realtà e del ridic­olo che anco­ra oggi induce tanti osservatori e com­mentatori, laici ed ecclesiastici, a rifi­larci per mera compunzione balle in­verosimili sull'attentato di cui fu auto­re il lupo grigio turco Mehmet Ali Agca, a tre anni dalla elezione di Wojtyla al soglio di Pietro e immedia­tame­nte dopo i suoi fatali pellegrinag­gi polacchi; Agca cercò di ammazzar­lo, quel pontefice gloriosamente mi­naccioso, su ordine conforme del Kgb, trasmesso attraverso il partito fratello bulgaro.

    S'inventano di tutto, dal traffico di stupefacenti all'islami­smo ad altre storie buffe o tragicomi­che, pur di negare l'evidenza. Il che era giustificabile in tempi di guerra fredda e di equilibrio nucleare, quan­do alla diplomazia internazionale e allo stesso Vaticano, entità responsa­bile, facevano paura le rivelazioni ir­recusabili sui rapporti del sicario tur­co con le autorità spionistiche bulga­re di Roma, compresa la perfetta de­scrizione dell'appartamento del ca­poscalo della Balkan Air, il commit­tente o cooperante di un progetto lu­cidamente nato a Mosca, nel Cremli­no di Yuri Andropov.

    Quella era gente che la sapeva lun­ga, che aveva intuito quel che tutti sappiamo con il senno del poi: fosse andato a segno, l'attentato avrebbe cambiato i tempi e i modi della storia europea. Un Papa polacco in crocia­ta per le libertà era intollerabile per i vecchi equilibri imperiali garantiti dalla oculata ma ormai intenibile Ostpolitik, l'appeasement struttura­le con il comunismo ateo e materiali­sta governato con saggezza e spirito conservatore da Agostino Casaroli e da Achille Silvestrini, quelli sì attori eminentemente politici sulla scena del mondo. Alla base di questa nebbioli­na che grava sulla splendi­da beatificazione, alla ba­se di questa impura me­scolanza di profetismo (la Madonna di Fatima e i suoi segreti) e di riserbo politico, sta un grave equi­voco teologico, figlio della cul­tura diffusa dopo il Vaticano II.
    La chiesa deve tornare alle origini, si di­ce, e abiurare il patto costantiniano ovvero il suo matrimonio fatale con l'impero romano, che garantì una pie­na universalizzazione del cristianesi­mo dopo la conversione di Costanti­no il Grande, presidente del Concilio di Nicea al quale dobbiamo il credo o simbolo apostolico tuttora in vigore. Ma tutti sanno che se la chiesa dei cri­stiani non avesse fatto quella grande politica, assumendo la dignità di reli­gione dell'impero, oggi i cristiani sa­rebbero una setta di minoranza tra le altre. Molti, fuori e dentro la chiesa, sarebbero contenti di questa circo­stanza, perché le mode postconcilia­ri­vogliono un cristianesimo disincar­nato, con la testa evangelica di Cristo Gesù ma senza il suo corpo, che è la chiesa stessa.

    Facciano pure, ma esi­stono laici non disponibili alle mode. Paolo VI disse che la politica, fratel­lanza e governo della condizione umana, è la forma più alta della cari­tà, dell'amore cristiano. Liberandoci dal comunismo in Europa, il beato Papa polacco lo dimostrò.

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.