PATACCHE SOTTO INDAGINE
Al livello massimo del Comitato di presidenza, rinviando alla 1° commissione sulla responsabilità dei magistrati e ai poteri disciplinari del procuratore generale della Cassazione, il Consiglio superiore della magistratura, di cui è presidente il capo dello stato e vicepresidente Michele Vietti, ordina un'inchiesta sul caso Ciancimino Jr. Notizia grassa, nel giorno in cui il riflesso corporativo tendeva a chiudere la faccenda con un “volemose bene” tra pm in conflitto, stabilito in fretta e furia negli uffici del procuratore Pietro Grasso.
Al livello massimo del Comitato di presidenza, rinviando alla 1° commissione sulla responsabilità dei magistrati e ai poteri disciplinari del procuratore generale della Cassazione, il Consiglio superiore della magistratura, di cui è presidente il capo dello stato e vicepresidente Michele Vietti, ordina un'inchiesta sul caso Ciancimino Jr. Notizia grassa, nel giorno in cui il riflesso corporativo tendeva a chiudere la faccenda con un “volemose bene” tra pm in conflitto, stabilito in fretta e furia negli uffici del procuratore Pietro Grasso. La tattica elusiva era chiara. Esplosivo caccia esplosivo. Tutti a parlare della strage di San Benedetto Val di Sambro e dei poveri 15 morti del 1984. Si tratta di una strage mafiosa di 27 anni or sono, per la quale è stato condannato in via definitiva il boss Pippo Calò. Ma altro esplosivo, più recente, è stato trovato, su sua indicazione, dopo l'arresto e nella paura di una perquisizione finalmente un po' accurata, sepolto nel giardino della casa di Massimo Ciancimino. Ciancimino Jr. è il celebre e celebrato testimone d'accusa nelle mani della procura di Palermo e del circo mediatico giudiziario; per quasi tre anni, fino al giorno fatale in cui i suoi gestori togati sono stati obbligati ad arrestarlo di gran carriera, per calunnia e truffa aggravata ai danni del prefetto Gianni De Gennaro, ha sfregiato Berlusconi, Dell'Utri, Nicola Mancino, Virginio Rognoni, Giovanni Conso, Giuseppe Pignatone (che arrestò Provenzano), Sergio Lari, Pietro Grasso e altri politici, magistrati, uomini delle istituzioni di questo paese. La carta vincente del dichiarante è l'evocazione spiritica delle parole e di documenti, contraffatti, del padre don Vito, ex sindaco di Palermo e boss corleonese. Ora si indaga anche su questo esplosivo, nell'ipotesi che servisse a una messinscena. I magistrati interessati si riuniscono a Roma nella giornata di ieri e fanno in fretta una strana pace, di cui diamo conto nei particolari ma che commenteremo domani.
Il silenzio intanto circonda il dettaglio esplosivo. Sembra infatti un dettaglio, questo eventuale aggiungere alla calunnia verso i poteri dello stato, al romanzo criminale della famosa trattativa con la mafia, all'insinuazione che il giudice Borsellino sia stato ucciso il 19 luglio del 1992 perché si opponeva al patto impuro, l'ipotesi di un autoattentato dalle conseguenze infernali, che tingerebbe di paranoia, oltre che di goffaggine truffaldina, l'intera storia, celebrata in ogni piazza dai professionisti dell'antimafia, del figliolo di don Vito.
Intanto Massimo Ciancimino dovrà testimoniare il 10 maggio nella prossima udienza del processo intentato contro il generale dei carabinieri Mario Mori, un eroe della lotta alla mafia già mascariato ovvero sfregiato da un assurdo processo, finito con l'assoluzione, per la “mancata perquisizione del covo di Riina”, che Mori arrestò con il capitano Ultimo, Sergio De Caprio, il 15 gennaio del 1993. Mori ora è costretto a difendersi in un altro dibattimento in cui gli si imputa, senza l'ombra di una seria prova documentale o testimoniale, sulla base di una propalazione che è stata da lui e da altri ufficiali dell'Arma trattata come una calunnia, la mancata cattura del boss mafioso Bernardo Provenzano, nel 1995, nella fattoria di Mezzojuso. Anche in questo processo la conclusione più probabile, come per il covo di Riina, è l'assoluzione, chiesta in quel caso dai pm Antonio Ingroia e altri gestori della temeraria accusa, che non hanno nemmeno interposto appello. Ma i processi, si sa, sono essi stessi la pena, e sono la politica e la carriera. Anche un'assoluzione va bene, se però si possa poi, e si può, usare a piacere le motivazioni, che impiccano l'assolto a giudizi in libertà sul suo comportamento. Eppoi certi palcoscenici servono, appunto, a far parlare tipi e tipacci come Ciancimino Jr.
Gli italiani, sempre sollecitati da pm e circo investigativo-giornalistico a chiedere che si vada fino in fondo nella ricerca di verità “scomode” per il potere, devono bersi adesso questa testimonianza processuale così trasparente: la verità di Massimo Ciancimino, pataccaro e forse paranoide detentore di esplosivi autodetonanti destinati alla costruzione di un'immagine di vittima predestinata, ma solo allo scopo di rendere più autorevole una ulteriore campagna di calunnia.
La giustizia italiana è come si vede in buone mani. L'associazione sindacale dei magistrati si muove, ma per dare addosso ai pochi giornalisti che vogliono la verità sulla intollerabile tragicommedia della malagiustizia a fini di lotta politica e di riscrittura della storia patria. La novità positiva è l'inchiesta del Csm.
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