Presidente Napolitano, tutte le indecenze valgono l'esternazione

Giuliano Ferrara

Gentile presidente della Repubblica, lei ha una solida formazione politica e sa che il linguaggio istituzionale è fatto di dosaggi attenti e di equilibri molto delicati. Nella sua eminente funzione di custode della Costituzione e di garante del regolare funzionamento del sistema repubblicano, e dello stato di diritto, lei fa sforzi encomiabili per non cedere alla partigianeria, per non dare illegittima soddisfazione a quanti le chiedono brutalità politica e spirito di fazione.

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    Gentile presidente della Repubblica, lei ha una solida formazione politica e sa che il linguaggio istituzionale è fatto di dosaggi attenti e di equilibri molto delicati. Nella sua eminente funzione di custode della Costituzione e di garante del regolare funzionamento del sistema repubblicano, e dello stato di diritto, lei fa sforzi encomiabili per non cedere alla partigianeria, per non dare illegittima soddisfazione a quanti le chiedono brutalità politica e spirito di fazione. Però nelle ultime settimane noi abbiamo ascoltato la sua parola, forte e autorevole, nel solo caso del manifesto milanese in cui le procure vengono equiparate alle Brigate rosse, un esempio di insensibilità politica che ha per risvolto simbolico, come abbiamo scritto subito, una “vera indecenza”. Un atto autolesionista, ma che ferisce la memoria delle vittime in toga del terrorismo brigatista, e che non è giustificabile nemmeno da parte di chi sia stato vittima della malagiustizia. Alle parole di deprecazione lei ha deciso di dare intensità e durata riparatoria con una giornata in cui l'onore restituito alla memoria dei giudici assassinati, dovuto, sarà purtroppo sovrastato da una feroce strumentalità politica a sfondo elettorale. Pazienza. Ciò che tuttavia è criticabile, con il rispetto dovuto alla sua persona e alla sua funzione, è il sorvolare su altri eventi di inaudita gravità che si sono succeduti nel tempo recente.
    Un magistrato in servizio, impegnato in inchieste delicate che riguardano l'uso dei pentiti di mafia o dei mezzi pentiti rateali, uno scandalo per lo stato di diritto, ha tenuto un comizio in piazza contro un disegno di legge di riforma costituzionale all'esame del Parlamento. Un altro magistrato ai vertici dell'Associazione di categoria dei togati ha parlato di una maggioranza parlamentare moralmente delegittimata a legiferare. Si moltiplicano gli attacchi alla divisione dei poteri, e con essi la violazione di un principio, mal codificato anche come illecito disciplinare, qual è quello della riservatezza e dell'equilibrio nella funzione dell'indagare e del giudicare. Non posso dire che lei non abbia mai censurato con autorevolezza questi atteggiamenti gladiatori di magistrati, anzi lo ha fatto in occasioni solenni, ma nel dosaggio lei ha scelto di calcare la mano su un'opinione gravemente censurabile mentre, pur non avendo diretti poteri di intervento disciplinare, ha lasciato correre, nel suo ruolo di persuasione morale, su un attacco altrettanto se non più insidioso alla pace civile e al regolare funzionamento delle istituzioni in questo paese: la rumorosa rivolta dei magistrati contro il potere legislativo espressione della sovranità popolare. Lei, gentile presidente, è a capo del Consiglio superiore della magistratura, e non è accettabile anche solo il sospetto di una sua sottovalutazione del problema che cerco di rappresentarle e che la riguarda direttamente.

    Lo stesso può dirsi della affermazione, da parte di un esponente molto noto della nomenclatura politica e intellettuale della sinistra, l'ex parlamentare Alberto Asor Rosa, di una tesi mostruosa, di cui l'autore adesso si vergogna “accantonandola”, tesi avanzata e discussa come un elemento di normale amministrazione nel panorama scassato del discorso politico pubblico: la necessità di una “azione di forza dall'alto, coadiuvata da polizia e carabinieri, per congelare le Camere” e attuare quello che tecnicamente può e deve definirsi come un colpo di stato contro la Costituzione e le leggi della Repubblica. Anche questo è un tema che la riguarda direttamente, sul quale ha ritenuto di osservare un rigoroso silenzio. Accolga, presidente, queste mie critiche come un invito all'equilibrio, non come un tentativo di scaricare opportunisticamente le responsabilità di chi ha concepito o avallato con imprudenti dichiarazioni, come ha fatto il presidente del Consiglio, il manifesto di rabbia incontrollata apparso sui muri di Milano. Siamo tutti in un precario equilibrio, e per questo la campagna di delegittimazione della politica e delle istituzioni va stroncata dovunque si affacci, anche quando rivesta una patina di cultura salottiera o si copra dietro la funzione giudiziaria. Con osservanza.

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    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.