McQueen, che ricopriva le donne di armature

Valentina Fizzotti

Alexander McQueen, nato Lee – e così lo chiamano affettuosamente le penne più importanti del giornalismo di moda in atteggiamento adorante – aveva 40 anni e  ancora si portava appiccicata addosso l'etichetta di enfant prodige, di hooligan della moda britannica, di trasgressivo e provocatore a tutti i costi.

    Più che spogliarle a lui le donne piaceva ricoprirle di armature, farle sfilare con la faccia impiastricciata di rossetto e torturarle con scarpe importabili. Ai defilée di settembre le normalmente professionalissime modelle avevano persino minacciato sciopero davanti alle sue mostruose Armadillo, una scultura da calzare alta 30 centimetri. Alexander McQueen, nato Lee – e così lo chiamano affettuosamente le penne più importanti del giornalismo di moda in atteggiamento adorante – aveva 40 anni e  ancora si portava appiccicata addosso l'etichetta di enfant prodige, di hooligan della moda britannica, di trasgressivo e provocatore a tutti i costi. Appena è girata la voce che la polizia londinese lo aveva trovato morto nella sua casa nel West End, fan e media si sono dati al saccheggio (un po' impietoso, invero) della sua pagina twitter per scoprire perché mai un genio assoluto abbia deciso di uccidersi.

    C'è chi scrive che non ha sopportato la morte della madre, avvenuta soltanto pochi giorni fa, chi che non ha mai superato quella della cara amica, nonché prima mecenate, Isabella Blow, morta nel 2007. Qualcuno ancora punta sulla carta della teatrale trasgressione del fu figlio di un tassista divenuto una star. Fisico massiccio (gli diedero di Cicciobello), capelli rasati e Doc Martens ai piedi, quando fu assunto dallo storico marchio Givenchy per sostituire il connazionale John Galliano (altra testina calda) giudicò la sua prima collezione “un vero schifo” e se ne andò anni dopo – in direzione Gucci - dicendo che quella maison “limitava la sua creatività”.

    Mandò in passerella una modella senza gambe e macchine che spruzzavano gli abiti di vernice, per creare usò piume (con reprimende degli animalisti) e capelli (con l'ammirato disgusto di tutti gli altri). Di sé stesso diceva di essere “la pecora rosa della sua famiglia”, si era sposato a Ibiza con George e con Kate Moss come damigella d'onore. Ma soprattutto era colui che aveva guidato, alla fine degli anni Novanta, la rinascita modaiola della Cool Britannia, partita con lui dalla Saint Martins School e arrivata sulle passerelle di tutta Europa fino a conquistare i vertici dei maggiori marchi. Lascia un impero miliardario senza sovrano e una sfilza di star dello spettacolo che uscivano in pubblico soltanto con le sue creazioni addosso. Oltre a un presunto fidanzato impietosamente paparazzato mentre oltrepassava la barriera della polizia di Mayfair.