Moda Michelle
Impazzano le principesse nere ma gli afroamericani protestano
Se l'America ha la sua prima first lady nera, le conseguenze non possono limitarsi al fatto che tutte noi iniziamo a rifare il nostro guardaroba online sui siti dei marchi low cost come piace tanto a Michelle. Ci si mettono anche le principesse dei castoni animati: nere pure loro.
Se l'America ha la sua prima first lady nera, le conseguenze non possono limitarsi al fatto che tutte noi iniziamo a rifare il nostro guardaroba online sui siti dei marchi low cost come piace tanto a Michelle o che Oprah Winfrey si è guadagnata la copertina di Vogue. Per la sua prossima favola di Natale – con la quale spera disperatamente di recuperare un crollo del 97 per cento dei profitti registrato nel primo trimestre di quest'anno – la Disney ha puntato tutto sulla carta razziale. Ma cammina suo malgrado su un terreno minato.
La più bella del reame di “The princess and the frog”, nelle sale americane a dicembre, ha la pelle indiscutibilmente color ebano. Si chiama Tiana, fa la cameriera nella New Orleans degli anni Venti e sogna di avere un giorno un ristorante tutto suo. All'inizio pare dovesse chiamarsi Maddie (diminutivo di Madeleine), ma suonava troppo come la Mamy di “Via col Vento”. Idem per la professione: nella prima bozza avrebbe dovuto lavorare come cameriera di una donna bianca. Troppo scivoloso. Era già sufficiente la location, una delle città americane che maggiormente risveglia i ricordi rabbiosi della segregazione. Ma una principessa nera – che per di più trova un gran bel principe – non basta: parte della comunità afroamericana è convinta che questo film rafforzi soltanto gli stereotipi.
Tiana è povera, graziosa e di belle speranze, troppo simile al prototipo delle ragazze nere di quegli anni. E poi, dopo aver baciato il principe-ranocchio, si trasforma lei stessa in un anfibio saltellante. Ma come? Per una volta che una principessa non ha la pelle bianca come la neve la fate diventare quasi subito un animale? La disputa razziale si allarga anche alla dolce metà: il principe, un muscolosissimo adone abbronzato con la voce di un attore brasiliano, non è nero abbastanza. I capelli scuri sono troppo poco ricci, il naso troppo affilato. Per il sito Black Voices la Disney dovrebbe addirittura vergognarsi di non considerare un afro-americano degno di fare il principe. Sul carro sono saltati anche i sudisti dell'ultim'ora, secondo i quali la lucciola Ray, che accompagna la principessa-ranocchia nel suo peregrinare alla ricerca di un controincantesimo, farebbe il verso allo stereotipo dell'americano grezzo che viene dagli stati del sud.
A difendere a oltranza l'orgoglio nero resta soltanto la principessa Michelle, che nei giorni scorsi a Londra è uscita da Westminster Abbey con addosso una mise più simile a un pasticcino alla frutta che a un abito da cerimonia. La (coraggiosa, parecchio coraggiosa) casacca appoggiata sui fianchi aveva tutti i colori dell'arcobaleno, in un tripudio di fasce, strati e fiori a rilievo. E non si è fermata qui, Mrs Obama, già prima del suo arrivo alla Casa Bianca definita una wannabe di Jaqueline Kennedy: il tocco finale era una cintura plasticosa stretta in vita. Di lei la comunità afroamericana non si lamenta affatto e il resto del mondo pare sotto effetto di un incantesimo davanti al quale il bacio magico impallidisce.
Nuovamente si è ripetuta la manfrina che le si scatena intorno a ogni cambio d'abito, con la stampa impazzita per la fantasia dimostrata (molta, molta fantasia, degna di Barbie Festa di Compleanno) e il pubblico plaudente. La critica del Times Alice Olins le ha dato di “torta nuziale” in pendant con i fiori cuciti sull'abito da sposa e ha definito la mise “indifendibile”. Che coraggio, però, questa firstlady, ha commentato poi la Olins, tanto intelligente da aver voluto dare l'impressione di essersi buttata addosso la prima cosa che le è capitata. Il dramma (femminile e al di sopra di ogni razza) è che molto probabilmente la meringata è stata pure studiata con cura.
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