Franceschini ci spiega la doppia strategia del Partito democratico
Il giorno dopo aver aperto la riunione della nuova direzione del Pd, Dario Franceschini riflette con il Foglio su alcuni temi piuttosto interessanti come la riforma elettorale, il dialogo con la Lega e il sistema giudiziario. Il vicesegretario del Pd ragiona anche sulla questione dei recenti scandali sulla sanità.
Il giorno dopo aver aperto la riunione della nuova direzione del Pd, Dario Franceschini riflette con il Foglio su alcuni temi piuttosto interessanti come la riforma elettorale, il dialogo con la Lega e il sistema giudiziario. Il vicesegretario del Pd ragiona anche sulla questione dei recenti scandali sulla sanità (“La gestione della sanità andrebbe portata lontana mille miglia dalla gestione dei partiti”) e poi comincia così: “Non vedo alcun logoramento nel Pd e non vedo nessun dirigente che abbia messo in luce una linea programmatica diversa da quella del segretario. Certo, se ci fosse uno scontro tra due linee politiche l'unico modo per chiarirsi sarebbe quello di convocare un congresso per discutere del gruppo dirigente. In questi giorni, però, mi sembra che il clima sia davvero molto migliorato”.
Tre giorni fa, Franceschini ha partecipato a un incontro organizzato da alcune fondazioni per discutere di modelli elettorali. Sull'argomento, il vice W. la mette così. “La legge elettorale europea va fatta subito e credo sia possibile raggiungere un'intesa con la maggioranza prima della fine dell'anno. La legge elettorale nazionale, invece, va affrontata prima del referendum. C'è però un ragionamento da fare. La nascita del Pd e del Pdl ha reso molto meno da fine del mondo questo dibattito, perché fino a pochi mesi fa un sistema o un altro potevano bloccare la transizione. Oggi è diverso. Per quanto ci riguarda – come ammesso nel documento firmato dalle fondazioni – il sistema che preferiamo è quello a doppio turno francese. Ma è evidente che al momento c'è un consenso più largo – anche se non sufficiente – su quello tedesco. Noi aspettiamo che arrivi una proposta dalla maggioranza. Ma posso dire che ripartire da un modello tedesco corretto, come era la bozza Bianco, è un'ipotesi percorribile”.
Franceschini, che dunque non rifiuta il modello da tempo sponsorizzato da Massimo D'Alema, parla anche del rapporto tra Lega e Pd. “Noi siamo disposti a discutere di federalismo, anche a settembre, ma non con l'idea di federalismo che ha in mente la Lega. Il Pd vuole un federalismo solidale e su questo noto che non esiste convergenza con la maggioranza. Non possiamo accettare un federalismo sciagurato che uccida il mezzogiorno. Ma se si dovesse aprire un confronto, in un clima diverso, noi siamo aperti e disponibili”. Sempre a proposito di maggioranza, Franceschini critica il governo. “La nostra opposizione sarà durissima, perché quando arrivi a toccare l'essenza del sistema parlamentare l'intransigenza deve essere assoluta. In questo momento lo scontro è molto forte e temo che saremo costretti a farlo diventare ancora più duro. Ma quando si tratta di scrivere le regole del gioco cosa dovremmo dire? Che siccome ci stiamo scontrando sull'azione di governo fatevele da soli? Sarebbe autolesionista. Noi dobbiamo pretendere che le regole della convivenza democratica si possano cambiare solo con accordi tra maggioranza e opposizione. Non daremo alibi perché le riforme costituzionali le faccia la maggioranza da sola”.
Franceschini fa una precisazione sulle polemiche con il presidente della Camera, Gianfranco Fini. “Sono stato accusato di aver insultato Fini. Ho fatto una considerazione. I presidenti delle Camere sono stati sempre interpretati come ruoli di garanzia. Io non faccio accuse specifiche, ma mi pare incontestabile che in particolare alla Camera le scelte della presidenza sull'ammissibilità di qualsiasi emendamento della maggioranza e sulla creazione di un calendario come è successo con il lodo Alfano creino un Parlamento a due velocità, con le leggi normali per cui servono mesi e quelle che premono al governo per cui servono tre giorni. Per questo, il ruolo dei due presidenti tende a essere non più di garanzia ma finalizzato a far funzionare le camere secondo la volontà politica della maggioranza”. A proposito di giustizia e di Antonio Di Pietro, Franceschini trova “deprimente” che di fronte a quello che sta facendo il governo “ci sia una specie di gara a chi sia più duro a fare l'opposizione e ci sia un'azione tesa a galvanizzare i propri elettori”.
Ma per quanto riguarda due temi che potrebbero essere affrontati dopo l'estate dall'esecutivo – obbligatorietà dell'azione penale e separazione delle carriere – il pensiero del vice W. è questo: “In un clima diverso si può ragionare e si può discutere su entrambi gli argomenti”. Riprendendo un tema riproposto ieri da questo giornale, Franceschini dice di essere favorevole a “una totale trasparenza dei finanziamenti dei partiti e a un possibile miglioramento delle modalità di finanziamento pubblico”. “La legalizzazione dei rapporti di lobbying”, invece, è una cosa che a Franceschini “non piace”. E le fondazioni culturali? “Questo non deve essere un tema brutalizzato. E' l'esempio di come il Pd sia un partito che si ispira al modello americano. Le fondazioni sono una risorsa per il Pd. Altra cosa invece sono le correnti personalizzate, che per un partito come questo sarebbero un fenomeno distorsivo”. E se a Franceschini chiedessero di prendere la tessera della fondazione dalemiana ItalianiEuropei? “Mi chiederei per far cosa”, risponde con un sorriso il vice W.
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