Ghiaccio pesante

Andrea Ballarini

Mentre i ghiacci del Polo Nord continuano a ritirarsi a tutta velocità da qualche tempo c'è un tipo di ghiaccio che, fortunatamente, sta invertendo la tendenza.

    Mentre i ghiacci del Polo Nord continuano a ritirarsi a tutta velocità e dalla Groenlandia si stacca un iceberg grande quattro volte Manhattan che se ne va in giro per gli oceani nell'attesa di sommergere le Maldive, da qualche tempo c'è un tipo di ghiaccio che, fortunatamente, sta invertendo la tendenza, tornando a fare la sua comparsa, dopo che per anni lo si era dato per quasi estinto dalle grandi città. Si tratta del ghiaccio aromatizzato dei ghiaccioli.

        Per qualche anno intorno ai bastoncini di legno
    si sono trovati solo gelati o ibridi a metà tra il gelato tout court e il ghiacciolo: del secondo avevano poco più che una reminiscenza formale, del primo il ripieno, spesso di frutta o di varie creme a base di latte. A volte l'ansia di novità dei produttori ha anche dato origine a risultati incresciosi, come un specie di gelato al limone di aspetto vagamente ghiacciolesco con un bastoncino di liquirizia al posto dello stecco; sfortunatamente, se non si voleva impiastrarsi le mani di liquirizia, si era costretti a maneggiarlo con la carta dell'involto stropicciata – che non era un'esperienza esaltante.

    Travolto dalle estetiche opulente degli anni '80 e '90 e sostituito da più elaborate alternative, la  francescana semplicità del ghiacciolo sembrava avviata a una prematura scomparsa. Il tutto è avvenuto più o meno in concomitanza con l'introduzione della moneta comune europea: l'Euro arrivava e il ghiacciolo lasciava il campo. In anni recenti ricordo di aver battuto i bar di  intere vie della capitale senza riuscire a trovarne uno solo che vendesse ancora quei residui di epoche dai gusti più spartani. E più di una volta sono stato irriso dal sopracciglio ironico dei baristi, sollevato di fronte all'anacronismo della mia domanda. Nemmeno avessi chiesto delle carrube, dei lupini o altri generi ludico-alimentari del dopoguerra.

        Da qualche tempo, invece,
    ho notato con  piacere che il ghiacciolo sta riguadagnando il suo posto nei frigoriferi. Milano, che è spesso in prima linea nel determinare le tendenze del Paese, ha ricominciato a vedere i  ghiaccioli sfilare lungo il Naviglio e nelle altre, non tantissime, zone dove la popolazione locale è usa passeggiare. Bene. Non sono un teorico del si stava meglio, quando si stava peggio, ma il ghiacciolo mi sembrava meritevole di essere salvaguardato.

        Certo, quando si riallacciano le storie d'amore, anche se va tutto bene, le cose non sono mai esattamente come prima: una volta i ghiaccioli erano i parenti proletari dei gelati e quindi avevano dei prezzi, come si diceva un tempo, popolari. Ora il costo medio è di un Euro, cioè quasi duemila delle vecchie lire: un aumento da quattro a dieci volte rispetto all'ultimo prezzo corrente prima della momentanea scomparsa. E qualche tempo fa in un bar del centro di Roma mi sono sentito chiedere due Euro. Mi è sembrato immorale. Non tanto per il ladrocinio, quanto perché una tariffa del genere inevitabilmente finisce per cambiare la natura del prodotto: quelli che masticano di marketing parlerebbero di un nuovo positioning.

        Non riesco a immaginare
    di vedere il caro vecchio ghiacciolo subire lo stesso destino di tanti cibi che, un tempo poveri, quando sono tornati di moda lo hanno fatto in veste di sofisticate rivisitazioni connotate ideologicamente e intellettualizzate. Gli esempi potrebbero sprecarsi, ma basti pensare a quello che è capitato alla zuppa di farro o, salendo un po' nella scala sociale dei cibi pop, alla cassoeula. Spariti dalle tavole del quarto stato sono ricomparsi su quelle chic, decuplicati di prezzo e con la puzza sotto il naso. Che tristezza! Forse è un destino inevitabile quello della nostra specie di riuscire ad apprezzare le cose solo quando ci vengono a mancare - tanto per fare un esempio in un altro campo, basta vedere cosa è capitato a Totò, assurto a genio solo ben dopo la sua morte. D'accordo, sarà che siamo stati biologicamente programmati così, però mi sconforta. Dovremmo fare degli sforzi per tenerci quel che di buono abbiamo, quando ce l'abbiamo. La rivalutazione del chinotto è già stata dura, ma sento che tra poco arriverà anche quella della gazzosa che, finalmente, si prenderà la rivincita sulle bolle ipertrofiche della Sprite. Spero solo che non diventi il drink premium price dei giovani cool: non ce la farei.