Una mostra senza fine: le illuminazioni di Cerith Wyn Evans
In Pirelli HangarBicocca la luce e il suono di un'arte totale
Milano, 30 ott. (askanews) - Un'idea della luce che torna a essere monumentale e impalpabile, esaltando lo spazio espositivo che ospita le sculture al neon. La mostra "...the Illuminating Gas" dell'artista britannico Cerith Wyn Evans che inaugura in Pirelli HangarBicocca a Milano è un'esperienza intensa, toccante, nella quale la relazione tra le opere e il luogo genera una sensazione di completezza che deriva anche dal fatto che si tratta, in fondo, di una mostra circolare. "E' come se non ci fosse una fine - ha spiegato ad askanews una dei curatori, Roberta Tenconi - ma l'opera continuasse ancora. L'idea è non c'è differenza tra entrata e uscita, non c'è una fine, non si tratta proprio di un labirinto, e questa è una delle caratteristiche del lavoro di Evans, che continua a tenere aperto un discorso, continua a rilanciare le molteplici possibilità del linguaggio e della comunicazione di cosa un'opera può dire. Non ci sono mai significati chiusi".
Dalle colonne di 20 metri che aprono la mostra, fino alle sculture sospese che rimandano al teatro giapponese NO, ma anche a Duchamp e a Lucio Fontana, il visitatore si trova immerso in una storia totalizzante, che amplifica la sua stessa idea di arte. E Vicente Todolì, che ha co-curato il progetto, trova anche un riferimento con le mostre precedenti di Hangar. "Se Philippe Parreno aveva definito la sua mostra qui come una drammaturgia - ci ha detto - questa la definirei un'opera lirica".
Eleganza formale, stupore estetico, ricchezza di rimandi e riferimenti, crossdisciplinarietà: il lavoro di Cerith Wyn Evans esplode in una infinità di suggestioni diverse, chiarissime, seppure, in fondo, quasi segrete. "E' come se ci fosse anche una realtà che non necessariamente vediamo a occhio nudo - ha aggiunto Roberta Tenconi - e anche i materiali con cui lavora Cerith spesso riflettono sull'idea di qualcosa che non vediamo o che è materiale nel senso più canonico del termine. E questo è anche il motivo per cui gli elementi con cui lavora sono proprio la luce, la musica, il tempo, che è un aspetto fondamentale per interagire con le sue opere".
Poi, come se non bastasse la meraviglia delle Navate, si arriva al Cubo di HangarBicocca e qui tutto risuona, se possibile, ancora di più. Le lettere al neon che raccontano un'eclisse, gli specchi, gli alberi, le musiche, i lampadari. Si entra in un mondo completo, magnifico, per certi versi definitivo nel suo essere effimero e inafferrabile. Qui la commozione del pubblico potrebbe essere tranquillamente contemplata, lasciatecelo dire, e non succedeva dai tempi di Juan Munoz e del già citato Parreno.
"Quello che fa lui è trasformare le opere in un tutto personale - ha concluso Vicente Todolì - e certamente la simbiosi con lo spazio trasforma la mostra in un'opera lirico-artistica nella quale lo spettatore non se ne sta solo seduto, ma ne fa parte e il suo movimento finalmente completa l'opera".
La mostra in Pirelli HangarBicocca resta aperta al pubblico fino al 23 febbraio 2020.
A cura di Askanews